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DOTTRINA

Latina, la doppia narrazione e la legittima difesa

A Latina, un avvocato sventa un furto nella casa dei suoi genitori e uccide uno dei tre ladri. E la narrazione dei fatti, così come l'opinione pubblica, si divide. La magistratura lo indaga a piede libero per omicidio volontario. L'avvocato invoca a sua discolpa la legittima difesa. Cosa dice la Dottrina?

Editoriali 19_10_2017
Latina, polizia scientifica in azione

Latina, domenica pomeriggio. L’avvocato civilista Francesco Palumbo, 47 anni, riceve un sms sul suo cellulare. E’ l’allarme di casa dei suoi genitori: l’anziano avvocato Bernardino Palumbo e la madre stanno subendo un’incursione in casa. Non erano presenti, al momento dell’allarme. Il figlio, comunque, si precipita verso l’abitazione dei suoi, in via Palermo 60. E’ armato di pistola, 13 colpi nel caricatore. Poco dopo ne avrà scaricati 12 e uno dei tre ladri, Domenico Bardi, 41 anni, di Napoli, colpito mentre era su una scala appoggiata alla finestra dell’appartamento, stramazzerà a terra, centrato da “almeno” tre proiettili, tutti nella schiena. E’ l’inizio di uno dei casi di legittima difesa più controversi di sempre, destinato a spaccare l’opinione pubblica.

I telegiornali nazionali, così come la stampa locale, hanno dato ampio risalto al caso e soprattutto hanno dato voce al fratello del ladro ucciso (il “fratello della vittima” come lo chiamano significativamente tutti i media, da Il Giornale a Rai 3). “Non è giusto quello che è accaduto - dice Ludovico Bardi, questo il suo nome - mio fratello non me lo riporterà in vita nessuno, chiediamo che venga fatta giustizia”. “Non posso giudicare ma non credo che sia stata una fatalità – dice al Tg1 - aveva un caricatore e una pistola, se li voleva spaventare avrebbe sparato un paio di colpi in aria, magari, non così”. “Era una persona buona – spiega ancora Ludovico Bardi, riferendosi a suo fratello - ha sbagliato ma l'ha pagata troppo cara. Quell'uomo poteva chiamare la polizia invece di sparare. Per me assurdo tutto ciò. L'unica cosa che posso sperare è che lo Stato italiano punisca quella persona perché quella persona ha punito mio fratello. Io non posso dire cosa è successo, però credo che alla quattro del pomeriggio sparare a una persona così... Mio fratello non aveva alcun precedente penale, non credo proprio, lo avrei saputo. È stato scambiato per qualcun altro”. Invece, stando a Il Giornale, “Il casellario giudiziale di Domenico Bardi, invece, registra diversi precedenti”. Stando al Corriere della Sera, Bardi era semplicemente “già noto alle forze dell'ordine”.

Stando così, la narrazione ha già individuato un colpevole omicida: l’avvocato Francesco Palumbo. E una vittima: Domenico Bardi. Questa narrazione è già corroborata anche dalla magistratura. La procura di Latina ha infatti aperto un’indagine nei confronti di Palumbo, non per eccesso di legittima difesa, bensì per omicidio volontario. La massima ipotesi di reato che si possa pensare, insomma.

Eppure esiste anche l’altra campana. Il legale di Latina ha spiegato agli investigatori, anche per voce del suo difensore Leone Zeppieri, di non essere riuscito ad avvertire la polizia e di aver sparato in aria senza intenzione di uccidere e solo perché si sentiva in pericolo. Al suo arrivo nel cortile dell'abitazione, si era ritrovato davanti uno dei tre uomini, un palo, che gli avrebbe intimato con fare minaccioso di allontanarsi. Poco dopo un secondo uomo, sceso dalla scala, gli si era parato davanti mentre il primo - sempre secondo il racconto dell'avvocato - avrebbe estratto un'arma che aveva in tasca e senza puntarla, l'avrebbe tenuta vicina ad una gamba. Francesco Palumbo, che non ha precedenti penali (ed esercita la professione di avvocato), non ha una fama da “giustiziere della notte” e che ha usato una pistola regolarmente detenuta e denunciata, ha sparato nel cortile della proprietà dei suoi genitori, sulla facciata della loro casa, non certo in casa di Domenico Bardi. I tre ladri non erano lì a caso, non sono stati scambiati per qualcun altro, sono stati colti in flagrante. Stavano tentando di scassinare la cassaforte in casa dei due anziani genitori. Lo scenario cambia radicalmente: la vittima diventa carnefice.

Quale giudizio morale? In attesa di saperne ancora di più, vediamo almeno cosa afferma la Dottrina in merito a omicidio e legittima difesa. Quanto all’omicidio volontario, non ci sono dubbi: “La Scrittura precisa la proibizione del quinto comandamento: «Non far morire l'innocente e il giusto» (Es 23,7). L'uccisione volontaria di un innocente è gravemente contraria alla dignità dell'essere umano, alla «regola d'oro» e alla santità del Creatore. La legge che vieta questo omicidio ha una validità universale: obbliga tutti e ciascuno, sempre e dappertutto” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2261). Ma Domenico Bardi era un innocente? E’ almeno probabile (possibile, in attesa di sentenza), che quella di Francesco Palumbo sia stata legittima difesa. E’ la tesi del suo avvocato difensore.

In tal caso, il Catechismo stabilisce un equilibrio fra un diritto alla propria difesa e la modalità del suo esercizio, regolata attraverso il principio di proporzionalità: “L’amore verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità. È quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio anche se è costretto a infliggere al suo aggressore un colpo mortale: «Se uno nel difendere la propria vita usa maggior violenza del necessario, il suo atto è illecito. Se invece reagisce con moderazione, allora la difesa è lecita [...]. E non è necessario per la salvezza dell'anima che uno rinunzi alla legittima difesa per evitare l'uccisione di altri: poiché un uomo è tenuto di più a provvedere alla propria vita che alla vita altrui» (CCC, 2264). Infine c’è da chiedersi seriamente: la vita dei genitori di Francesco Palumbo era in pericolo, per la presenza di tre ladri nella loro abitazione, mentre erano fuori casa. In caso affermativo (e la risposta è tutt’altro che scontata), vale anche un altro principio: “La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità” (CCC 2265)