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L'INCHIESTA

La "palestra" dei terroristi Isis alle porte di Napoli

Dove è avvenuto l'arresto di Alagie Touray, il richiedente asilo fermato per aver girato un video in cui annunciava un attentato? In un mondo di degrado e povertà: il litorale domizio, terra di nessuno, con hotel che per sopravvivere accettano il conveniente business di migliaia di presunti rifugiati, un mare spesso non balneabile e scagnozzi della Camorra che passano mitra in mano a fare il carosello chiamato "stesa". E una moschea, alla cui uscita è stato arrestato il 21enne del Gambia, che è abusiva e il cui imam tutti dicono pacifico, ma che nessuno conosce, neppure il volenteroso sindaco. 

Attualità 30_04_2018
L'esterno della moschea, dove è avvenuto l'arresto  (Foto Agata Marianna Giannino per il Giornale)

NAPOLI - E’ bastato dire che l’imam di Licola condanna l’Isis per allontanare ogni tipo di interrogativo sulla comunità islamica di Pozzuoli-Giugliano. Come se si fosse trattato in fondo di una semplice e pura casualità. Eppure, l’arresto di Alagie Touray, cittadino del Gambia di appena 21 anni e richiedente asilo nel nostro Paese è avvenuto proprio davanti alla moschea di questa popolosa frazione divisa in due dal lungo rettifilo marittimo flegreo.

COSI’ DEVOTO, COSI’ SCONOSCIUTO
Touray era un devoto di Allah tanto che i magistrati antimafia di Napoli che lo hanno fermato per terrorismo dopo aver intercettato il video in cui annunciava un imminente attentato con un furgone bomba, hanno sottolineato come avesse sulla fronte la “zebiba”, che è simbolo di fervente religiosità prodotta dal prolungato urto nel tempo della fronte sul pavimento, postura adottata durante la preghiera.

In più: i fedeli che frequentano il luogo di culto abusivo, gestito dall’immancabile associazione culturale, hanno raccontato ai cronisti che Touray era solito recarsi in moschea al venerdì, ma non faceva nulla di male. E l’imam, intervistato dal Giornale si è giustificato dicendo che non poteva certo sapere chi fosse dato che “la moschea è come un supermercato. La gente viene per la messa (sic!) e poi se ne va”.

Eppure basterebbe questa frase apparentemente innocua per far comprendere come il problema della mancata integrazione passi proprio da qui. Come si può dire che Touray non faceva nulla di male se nessuno lo conosceva, se la stessa comunità religiosa che avrebbe dovuto “adottarlo” una volta arrivato in Italia non è stata in grado di esercitare quel controllo sul territorio indispensabile per un minimo di filtro sociale?

Anche il parroco più distratto sa che quando in chiesa si presenta con cadenza regolare un nuovo fedele, dopo un po’ di tempo è normale fare conoscenza. Ma se la moschea è un luogo, come ha detto giustificandosi l’imam, come un supermercato come si fa a parlare di integrazione e di buoni rapporti?

Certo, la vicenda dell’arresto di Touray è più complessa di quanto si voglia far credere. Ed è complessa proprio perché all’arresto fuori dalla moschea si uniscono altri due particolari che fanno comprendere come quella dell’hinterland napoletano sia già di per sé una situazione che scoppia.

TRA DEGRADO E “STESE”
E’ qui che sono collocati gli alberghi che ospitano centinaia di richiedenti asilo, ma è qui che il degrado ambientale, perpetrato da uno sfruttamento malavitoso decennale ha reso i rapporti sociali ed economici molto precari.

Come si fa ad ospitare richiedenti asilo in una zona tra le più pericolose d’Italia? Quali potranno mai essere i vantaggi?

Il viaggio della Nuova BQ inizia proprio da questa domanda. A darci le prime risposte è un cronista che sul campo si occupa ogni giorno del degrado di questo litorale dove non è infrequente trovare ragazzini che fanno la “stesa”, il classico carosello armi in pugno per intimidire i clan avversari. Il tutto sotto gli occhi dei richiedenti asilo. E’ lecito chiedersi se anche loro non possano essere attratti nella rete delle cosche?

Gennaro Del Giudice è un cronista del giornale web Cronaca Flegrea e giovedì è stato tra i primi ad accorrere nella moschea di Licola Mare per rendersi conto delle condizioni del luogo davanti al quale è stato arrestato Touray.

“Una moschea fatiscente – spiega alla Nuova BQ – come tutto il litorale. Del resto, dal terremoto dell’Irpinia in poi qui il turismo non è mai decollato. Così gli imprenditori alberghieri preferiscono avere entrate certe dalla Prefettura ospitando migranti tutto l’anno, attraverso l’ormai noto sistema dei 35 euro al giorno, piuttosto che investire nel turismo tre mesi all’anno”.

A questo non sfugge il Lido-hotel Circe, lo stabilimento balneare nel quale Touray abitava in attesa che le pratiche della prefettura sul suo diniego andassero in porto. “Su questo tratto c’è il divieto di balneazione e a molti di questi alberghi ostelli sono legati fatti di cronaca di difficile convivenza con i richiedenti asilo. Il più eclatante alcuni anni fa quello che ha visto coinvolto il Di Francia Park, che ospitava oltre 300 migranti in condizioni talmente precarie, con risse a operatori, da costringere il Prefetto a chiuderlo”.

NUMERI CONFUSI
Ma la confusione regna anche sul numero degli ospitati. La Prefettura ha parlato di 91 persone, il gestore di 76. Quale dei due è quello esatto? Perché alla Prefettura risultano più ospitati di quelli che invece la direzione dell’albergo dichiara? Purtroppo non è facile saperlo perché i titolari dell’hotel lido Circe in questi giorni non hanno risposto alle domande, pur pressanti, della stampa. E anche la nostra ricerca è andata a vuoto quando abbiamo cercato di contattare l’operatrice sociale della cooperativa che ha in gestione i migranti.

LA MOSCHEA CHE NESSUNO SA DOV’E’
Tutt’intorno, la delinquenza tipica dei sobborghi dove la Camorra estende il suo braccio. “A questi immigrati non è che faccia bene il contesto che hanno sotto gli occhi – prosegue - con i ragazzini che passano sul lungomare facendo la stesa”. Chiediamo perché allora il Prefetto continui a mandare in questi hotel un numero così elevato, e concentrato, di richiedenti asilo. “Perché c’è l’emergenza, è sempre la stessa giustificazione”. Ma è ormai chiaro a tutti che quella dei migranti e delle richieste di asilo è un’emergenza creata ad hoc, dove non mancano anche aspetti ambigui e evidenti a volte di business, come molte inchieste si sono premurate di dimostrare ormai in tutt’Italia.

Tornando alla moschea, del Giudice fa notare che al piano superiore i locali sono completamente abusivi. Prima sorgeva un supermercato, ora è diventato un luogo di culto mascherato da Centro culturale. L’aspetto più ambiguo è anche la collocazione del centro.

Siamo nel comune di Giugliano o in quello di Pozzuoli? Licola infatti si trova proprio sul confine e stabilire in quale comune ricade il centro islamico è indispensabile per capire con quale delle due amministrazioni la comunità ha stabilito gli accordi per la sua permanenza. E di conseguenza capire quale dei due comuni intrattenga relazioni di vicinato e di rapporti di integrazione con gli islamici.

La domanda sembra banale, ma in realtà non lo è, perché la ricerca del comune di riferimento è di fatto un’impresa. 

All’ufficio attività produttive del Comune di Giugliano l’addetto ci risponde di non saperne nulla e così anche la Polizia Municipale, il cui piantone ci rimanda al comandante che però è in servizio e non può rispondere. Ci invita a telefonare dopo le 13, ma anche per tutto il pomeriggio è introvabile.

A quel punto ci rivolgiamo all’ufficio migratorio. E qui, la telefonata surreale ci fa comprendere che non sarà facile: “Dov’è la moschea? Non so, io ho letto di questa storia dai giornali e comunque credo che la moschea sia a Pozzuoli”. Cerchiamo sul sito il numero della segreteria del sindaco, ma invano. A quel punto chiamiamo i carabinieri di Giugliano, ai quali però non risulta che la moschea di Licola ricada nella loro competenza: “Rivolgetevi ai colleghi di Pozzuoli”.

Al telefono il militare puteolano ci informa che bisogna chiedere all’Arma di Licola, dove c’è un presidio apposito. Ma arrivati alla stazione di Licola ci viene detto che la stazione di competenza è quella di Varcaturo, che è a sua volta una frazione di Giugliano.

Per avere finalmente una conferma dobbiamo scomodare il sindaco. Il suo ufficio stampa ci mette in contatto con Antonio Poziello, primo cittadino dal 2015 e con lui riusciamo a chiarire l’arcano.

“La moschea si trova in territorio di Giugliano, ma solo per alcuni metri – dice – in realtà questo è un falso problema perché qua le realtà vivono tutte attaccate”.

“L’IMAM? PACIFICO…ALMENO COSI’ DICONO”
A questo punto chiediamo sui rapporti tra l’amministrazione e la comunità islamica e se la moschea è riconosciuta come luogo di culto regolarmente. “Il fatto che non sia un luogo di culto a tutti gli effetti è l’ultimo dei problemi – spiega Poziello, eletto nelle file del Pd -. Ma l’imam mi dicono che abbia condannato l’Isis, quindi ci risulta che predichi contro la violenza”. “Lei ha conosciuto l’imam?”, “Non ho una conoscenza diretta, mi è stato presentato quando mi sono insediato, poi non ho più avuto modo di incontrarlo. Lo stabile è in degrado, è vero, ma questo è uno dei tanti problemi che abbiamo ereditato dalle precedenti amministrazioni. Se ci sono problemi interveniamo spesso con le forze dell’ordine e anche recentemente lo abbiamo fatto per l’irregolarità di alcuni negozi etnici. Ma dal terremoto in poi c’è stata una grande decadenza e solo in questi anni abbiamo iniziato parecchi lavori finanziati dalla Regione Campania che ha fatto la scommessa importante di recuperare il territorio sul litorale domizio.

Facciamo notare che la mancata integrazione dell’imam locale, che quindi non ha rapporti con l’amministrazione, non è un bel biglietto da visita per il controllo del territorio, ma veniamo subito stoppati: “Il controllo del territorio lo devono fare le forze dell’ordine”. Ma il sindaco è perfettamente consapevole che qui l’integrazione è complicata perché i flussi dei migranti sono difficili da gestire e controllare. “Ci si muove su aree degradate dove si sommano diversi livelli di povertà e fragilità. In passato ho polemizzato con il prefetto: è chiaro che la presenza di così tanti richiedenti asilo è una zavorra complicata per noi, ma le cose stanno lentamente migliorando, almeno sul versante degli investimenti che il Comune sta facendo per ridare splendore, sicurezza e appetibilità alla zona”.

SOLDI (TANTI) PER LA RIQUALIFICAZIONE
Il sindaco ci spiega che sono molti gli imprenditori che hanno iniziato a credere nella zona: “Merito degli ingenti investimenti che le amministrazioni, la Regione, i Fondi europei faranno con l’immissione di molto denaro. C’è fermento, ci sono in giro soldi che garantiscono una ripresa. Ieri ad esempio ero in riunione con gli albergatori e in molti mi hanno confidato di essere stanchi di ospitare così tanti migranti. Vogliono tornare al turismo e gli investimenti che stiamo mettendo in campo li aiuteranno a riprendere in mano la loro vera vocazione. Solo sulla strada dove si trova il centro islamico presenteremo un progetto a fine mese che da solo vale dieci milioni di euro, con due spiagge attrezzate e una nuova uscita che servirà il parco acquatico. Gli stessi imprenditori alberghieri hanno presentato progetti di riqualificazione significativi. Inoltre, vorrei ricordare che i sigilli al Di Francia park li abbiamo fatti mettere noi per via delle irregolarità urbanistiche”.

“HOTEL MIGRANTI”, IL BUSINESS OBBLIGATO
Parli di grandi investimenti, però, e subito viene spontanea la domanda sugli appetiti della Camorra: “Alla Camorra abbiamo fatto gli anticorpi”, è la risposta. “La Camorra finora non aveva mai visto denunciare gli estorsori sui cantieri su denuncia degli imprenditori. La gente inizia a ribellarsi”.

Rimane la domanda di fondo: è opportuno che i migranti richiedenti asilo stiano in quella zona così a rischio? “No, lo ribadisco, accogliere non significa fare ghetti, così si amplificano le problematiche che già ci sono. Nelle nostre terre si potrebbero ospitare non più di 50 migranti, ma tra i soli comuni di Pozzuoli e Giugliano, ce ne sono più di 800. E’ chiaro che così non può andare. Ma finché non si dà una speranza diversa agli imprenditori alberghieri, loro stessi devono riconoscere che quello degli immigrati è un affare che consente loro di non chiudere i battenti. Ma è un affare che a loro stessi, lo posso testimoniare, non va bene”.

Poziello però confida molto nel sistema di raccordo con gli altri sindaci con i quali dice di condividere tutte le problematiche sul litorale. Anche quello della confinante Pozzuoli, sul cui territorio grava il Lido Circe, che ospitava Touray fino all’arresto di giovedì.

Allora si potrebbe chiedere anche al primo cittadino che cosa pensa dell’integrazione fallita, della moschea di cui tutti parlano come tranquilla senza conoscere di fatto nessuno dei suoi “avventori” e del degrado della zona. Ma il tentativo viene abortito subito: “Il sindaco è impegnato. E poi su questa vicenda dell’arresto non ha dichiarato nulla ai giornali”, ci risponde l’addetto stampa del sindaco Vincenzo Figliolia, anch’egli Pd.

Foto: Agata Marianna Giannino per il Giornale.it