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QUARESIMA / 3

La morte di Giuda, il peso dell’avarizia

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Proseguiamo il cammino quaresimale con il commento di padre Cornelio a Lapide (1567-1637) alla Passione secondo il Vangelo di San Matteo. Giuda finisce per impiccarsi, travolto dalla «tirannia della cupidigia». E il campo comprato con il prezzo del tradimento conserva una particolare proprietà.
- GIUDA E LA DISPERAZIONE DELLA SALVEZZA

Ecclesia 03_03_2023 English Español
Giotto_Tradimento di Giuda_Cappella degli Scrovegni

Pubblichiamo di seguito il terzo testo (qui il primo e il secondo) tratto dal Commentario di padre Cornelio a Lapide (1567-1637), gesuita ed esegeta, alla Passione secondo il Vangelo di San Matteo. I commentari di padre Cornelio a Lapide, diretti soprattutto a offrire un aiuto ai predicatori, sono preziosi anche perché contengono numerose citazioni dei Padri della Chiesa e di altri esegeti successivi.
Traduzione in italiano a cura di padre Konrad zu Löwenstein.

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Ora era l’avarizia che spingeva Giuda a questo destino. «Ascolta questo», dice S. Giovanni Crisostomo: «Ascoltatelo, dico, avidi. Riflettete nella vostra mente su ciò che ha sofferto. Poiché non solo ha perso i suoi soldi, ma ha commesso un crimine e ha perso la sua anima. Tale era la dura tirannia della cupidigia. Non gli piaceva il suo denaro, né questa vita presente, né quella che deve venire. Li ha persi tutti in una volta e, avendo perso la buona volontà anche di coloro ai quali lo aveva tradito, finì per impiccarsi».

Questa confessione di Giuda, quindi (non a parole, ma nei fatti), era una chiara prova dell'innocenza di Cristo, e sicuramente avrebbe dovuto impedire ai giudei di ucciderlo, se avessero avuto solo la minima quantità di vergogna. Ma la loro ostinata malizia non poteva essere frenata nemmeno da questo strano presagio.

Simbolicamente, Beda osserva (in Atti I): «La sua punizione conveniva. La gola che aveva pronunciato la parola di tradimento fu strozzata dal cappio. Colui che aveva tradito il Signore degli uomini e degli angeli era sospeso a mezz’aria, aborrito dal Cielo e dalla terra, e le viscere che avevano concepito l'astuto tradimento si spezzarono e caddero». S. Bernardo dice: «Giuda, quel collega dei poteri dell'aria, scoppiò a pezzi nell'aria, come se né il Cielo avrebbe ricevuto né la terra sopporta il traditore di Colui che era vero Dio e uomo, e che venne per operare la salvezza in mezzo alla terra».

Ma i capi dei sacerdoti dissero: Non è lecito metterli nel tesoro. Corbàn è lo stesso dell'offerta. Qui significa il tesoro in cui furono gettate le offerte.

Perché è il prezzo del sangue. Che ipocrisia! Non soffrono il prezzo del sangue di Cristo da versare nel tesoro, mentre ne avevano preso denaro per procurargli il tradimento e la morte.

E tenuto consiglio, comprarono con quel denaro il campo del vasaio, per seppellire gli stranieri. «Hanno visto», dice Origene, «che era più appropriato che, come prezzo del sangue, fosse speso per i morti e il loro luogo di sepoltura».

Stranieri: perché gli abitanti avevano i propri luoghi di sepoltura. E Dio ha così ordinato che questo campo debba essere un testimone permanente sia del pentimento di Giuda che dell'innocenza di Cristo. «Il nome», dice S. Crisostomo, «proclama la loro azione sanguinosa con la lingua di tromba, perché se lo avessero gettato nel tesoro, le circostanze non sarebbero state rese così chiaramente note alle generazioni future». Simbolicamente: è stato così significato che il prezzo del sangue di Cristo avrebbe beneficiato non solo dei giudei, ma degli estranei, cioè i pagani che avrebbero in seguito creduto in Lui. Così sant’Ilario: «Non appartiene a Israele, ma è esclusivamente per l’uso di estranei».

Pertanto quel campo fu chiamato Akeldamà, una parola caldea. La versione etiope e quella persiana concordano sul suo significato. Adrichomius descrive una proprietà particolare del suolo, che distrugge in poche ore i cadaveri che vi sono posti, una proprietà che conserva anche se [i cadaveri sono] portati altrove. Si dice che alcuni di essi l’imperatrice Elena li abbia portati a Roma, dove forma il Campo Santo. «[il suolo] Conserva ancora la stessa proprietà».

Tropologicamente: «Il campo acquistato per gli estranei con il sangue di Cristo è la Chiesa (san Giovanni Crisostomo), e in particolare lo stato dei “religiosi”, che si considerano estranei sulla terra e cittadini del cielo e della casa di Dio». S. Crisostomo dice: «Niente è più benedetto di questa sepoltura, della quale tutti si rallegrano, sia angeli che uomini, e il Signore degli angeli. Perché se questa vita non è la nostra vita, ma la nostra vita è nascosta, dovremmo vivere qui come se fossimo morti». Così S. Paolo (Col 3,3). Era forse per questo motivo simbolico che questo suolo possedeva la notevole proprietà di cui sopra.

Il prezzo di Lui che è stato valutato (in greco τὴν τιμὴν του̃ τετιμημένου). Cristo, che è al di là di ogni prezzo, i sommi sacerdoti lo comprarono dai figli d'Israele, da Giuda, che era uno di loro.  Questo è affermato per aggiungere ignominia alla transazione, vale a dire che fu venduto non da un gentile, ma da un israelita, e anche da uno che fu chiamato come il figlio maggiore del patriarca [Giacobbe]. Il plurale è qui messo al singolare.