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STORIA NASCOSTA

La Linea Gotica dei sovietici, l'altro 25 aprile

La Resistenza fu ambigua fin da subito, sin da prima del 1945. Dietro alla lotta antifascista si celavano due forme di Resistenza. Una delle due, dopo la guerra, si preparava a prendere il potere e a instaurare una dittatura comunista alleata con l'Urss. Intervista al giornalista e storico Dario Fertilio sull'altro 25 aprile.

I GIUSTI DEL 25 APRILE di Marco Respinti

Cultura 25_04_2018
Palmiro Togliatti e Pietro Secchia

“La Resistenza fu ambigua fin da subito, sin da prima del 1945. Dietro alla lotta antifascista si celavano due forme di Resistenza. Quella comunista che si caratterizza per tre aspetti: pratica del terrorismo, la presenza di commissari politici e la prospettiva postbellica di una rivoluzione quale continuazione immediata della vittoria della Resistenza. Questi tre elementi erano presenti solo nelle Brigate Garibaldi comuniste e assenti in tutte le altre formazioni che hanno combattuto al fianco degli Alleati”. Dario Fertilio, penna storica delle pagine culturali del Corriere della Sera, esordisce così quando ci spiega il volto oscuro del 25 aprile, quello che nessuno potrebbe festeggiare e su cui si è steso un silenzioso imbarazzo: una parte della Resistenza non cedette le armi e si preparò a combattere una seconda guerra di continuazione, per la presa del potere, al fianco dell’Urss. In parte la combatté negli anni convulsi del dopoguerra, ma ripose l’ascia di guerra poco dopo le prime elezioni nazionali del 18 aprile 1948, più che per convinzione, per motivi di meri rapporti di forza, quando l’Italia scelse la Dc e con essa anche l’appartenenza al blocco occidentale.

Dario Fertilio fondatore del movimento culturale Libertates, assieme al dissidente russo Vladimir Bukovskij e allo storico francese Stéphane Courtois, ha organizzato ogni anno Memento Gulag, evento internazionale per riscoprire la memoria sul comunismo e i suoi crimini. Da quell’evento sono passati tutti gli storici che hanno scavato nei profondi archivi del Cremlino, a partire dallo stesso Vladimir Bukovskij, e degli altri paesi dell’ex Patto di Varsavia. Molto di quel che si è scoperto riguarda, ovviamente, anche la nostra storia nazionale. Così apprendiamo che i partigiani rossi stessero realmente preparando la guerra civile per la presa del potere. E non erano soli: c’erano i sovietici dietro ai loro piani. “Una parte delle forze partigiane, quelle formate dai combattenti delle Brigate Garibaldi, costituisce un Nucleo di Azione Clandestino, nascondendo le armi che erano state loro affidate, in parte anche dagli Alleati. Vennero stanziati finanziamenti dall’Urss, oltre a istruzioni dirette attraverso l’ambasciatore sovietico a Roma, Michail Kostijlev, il quale aveva un filo diretto con Togliatti e la dirigenza politica. L’altra componente del Partito, affidata a Pietro Secchia, era il braccio militare. Questi paramilitari non attendevano solo un’ipotetica ‘ora X’ per entrare in azione, ma erano sottoposti a periodici addestramenti, in Jugoslavia e in Cecoslovacchia. Ancora negli anni 80 si parlava di Karlovy Vary, in Cecoslovacchia, in cui si addestravano i ‘rivoluzionari’. L’Urss, dunque, forniva un coordinamento politico, uno militare e uno finanziario. Quanto al numero dei membri del Nucleo di Azione Clandestino, la maggior parte degli storici stima che fossero da un minimo di 80mila a un massimo di 130mila. Altri storici parlano addirittura di 200mila persone pronte a entrare in azione”.

Un esercito clandestino, insomma, di grandi dimensioni. Come mai, però, non entrò in azione anche quando aveva la possibilità militare di farlo? “La questione sul quando e sul come dovesse entrare in azione – spiega Fertilio – dipendeva dall’Urss. A Mosca, Stalin sapeva che la via dell’insurrezione armata non fosse praticabile: avrebbe dato spunto agli Alleati per intervenire militarmente. E avrebbe indebolito la posizione internazionale dell’Unione Sovietica, che, almeno in linea di principio, rimaneva fedele alla spartizione dell’Europa decisa a Jalta. In relazione alle elezioni del 1948, i comunisti si pongono la domanda: se dovessimo vincere e gli altri partiti non accettassero la nostra vittoria, cosa fare? A quel punto c’è l’ormai famoso colloquio di Togliatti con l’ambasciatore Kostijlev per ricevere istruzioni. Kostijlev prese un giorno intero di tempo per consultarsi con il Cremlino, poi rispose che, in caso di attacco alle sedi del Pci, sarebbe dovuto scattare il piano militare. Solo in questo caso. Quattro mesi dopo ci fu l’attentato a Togliatti e il piano scattò prontamente. Iniziò l’azione militare, con l’occupazione di tutte le aree chiave, recupero delle armi nascoste e blocco delle comunicazioni. Togliatti, istruito dall’Unione Sovietica, fermò i comunisti perché le condizioni erano impossibili. Ma il piano di azione c’era e già lo si stava applicando sul serio”.

Sfiorammo la guerra civile. Nel 1948 si esaurì la fase della preparazione di una rivoluzione, ma iniziò quella dell’attesa di una possibile invasione dell’Unione Sovietica, poi del Patto di Varsavia. “In quel caso – spiega Fertilio – l’armata clandestina, poi giornalisticamente definita ‘Gladio rossa’ avrebbe assunto il ruolo di quinta colonna dietro le linee italiane, in appoggio all’avanzata delle divisioni del Patto di Varsavia. Il piano operativo di quest’ultimo, come riveleranno le carte della Commissione Mitrokhin, consisteva nell’occupazione dell’Italia settentrionale, con truppe provenienti dall’Ungheria. L’avanzata avrebbe dovuta arrestarsi all’altezza della vecchia Linea Gotica, lungo l’Appennino Tosco-Emiliano, per fermare a quell’altezza ogni possibile controffensiva italiana e della Nato. Di fatto si sarebbe ricreata una nuova Linea Gotica alla rovescia”. Quanto si sapeva di tutti questi preparativi? “Gli occidentali erano molto ben informati. Da parte della Nato si preparava una guerriglia anti-comunista con l’operazione Stay Behind, da parte comunista e sovietica c’era un piano di sovversione vera e propria, promossa e finanziata da Mosca. Poi c’era un elemento di ambiguità: Francesco Cossiga sostenne, durante un memento Gulag, a Firenze, che i finanziamenti sovietici, che avvenivano in dollari, fossero tutto sommato positivi, perché ci permettevano di importare valuta pregiata. Bukovskij, presente a quell’evento, commentò questa uscita ironica di Cossiga in modo così duro che creò imbarazzo generale in sala”.

Cosa stessero preparando per noi i sovietici e gli ex partigiani comunisti, è materia delicata e ancora in parte avvolta nel mistero. Non è da escludere, come sostiene una parte della ex Commissione Mitrokhin, che fossero già pronte le liste di proscrizione delle persone da arrestare, i luoghi destinati a ospitare i nuovi campi di concentramento. Come avvenne in tutti gli altri paesi che vennero occupati dall’Armata Rossa, d’altra parte. “Nei documenti, però, c’è tutto e il contrario di tutto. Sia il materiale emerso dal Cremlino, che quello della Commissione Mitrokhin, venne discusso e contestato. Tanto è vero che, al termine dei lavori della Commissione, si arrivò a una relazione di maggioranza e una di minoranza. Nella relazione più colpevolista si parla di documenti in cui si identificavano le persone da liquidare o da arrestare, i luoghi dove si sarebbero potuti costituire i campi di concentramento. E’ più di una ipotesi, è una ragionevole conclusione che si può trarre incrociando i documenti sovietici, quelli degli altri Paesi del blocco sovietico e quelli italiani. L’addestramento dell’ala militare del Pci non era solo in preparazione alla difesa delle sedi del partito, c’erano anche sabotaggio, guerriglia, trasmissione dei dati e tutto quel che serviva in una campagna militare per prendere il potere. E’ più che ragionevole che, nel piano, ci fosse anche la liquidazione dell’opposizione politica interna”.