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IL FENOMENO

La grande battaglia social dei pro vita australiani

Nel Nuovo Galles del Sud è all’esame del Parlamento un disegno di legge che depenalizza l’aborto e, secondo un sondaggio, solo il 17% dei cittadini sarebbe contrario alla legalizzazione. Eppure, un’analisi dell’ABC mostra che le comunità Facebook dove si difende la vita del nascituro sono dieci volte più attive e numerose delle controparti. Un fatto da non sottovalutare, per almeno tre ragioni.

- ALYSSA E QUEL NON PENTIMENTO PER NORMALIZZARE L'ABORTO, di Giulia Tanel

Vita e bioetica 28_08_2019

Si può fermare l’aborto grazie alle campagne social? È storicamente ancora troppo presto per poter dare una risposta a una simile domanda. Quel che è certo è che i pro life di mezzo mondo, senza con questo abbandonare le manifestazioni tradizionalmente intese, stanno sempre più considerando Facebook e compagnia come piattaforme nelle quali promuovere il diritto alla vita facendo opposizione alle leggi ingiuste. Un interessante esempio di questa metamorfosi del movimento antiabortista ci arriva dall’Australia, e precisamente dallo Stato nel Nuovo Galles del Sud, dov’è in corso un dibattito serrato proprio riguardo all’aborto.

Lo scorso 8 agosto, infatti, alla Camera Bassa è passato – con 59 voti a favore e 31 contrari – un disegno di legge che depenalizza la pratica abortiva nel Paese. Per la verità, il provvedimento è già stato discusso pure alla Camera Alta, dove andrà in votazione il mese prossimo. Tutto, purtroppo, sembra quindi volgere per il peggio. Eppure i pro life australiani non si arrendono e continuano a dare battaglia con una determinazione che sta impressionando anche la stampa progressista. In che modo? Principalmente, appunto, tramite i social, frontiera sulla quale non solo sono visibili ma risultano perfino vincenti.

Un paradosso se si pensa che, secondo un sondaggio, solo il 17% dei cittadini del Nuovo Galles del Sud si dichiara contrario alla legalizzazione dell’aborto. Ciò nonostante, un’analisi dell’ABC ha rilevato che nelle comunità Facebook dove si dibatte del disegno di legge all’esame parlamentare le pagine contrarie ad esso risultano non una, bensì dieci volte più attive rispetto alle controparti social favorevoli al testo abortista. Gli stessi follower delle pagine pro life numericamente risultano, rispetto agli altri, il decuplo. Una posizione di vantaggio che i pro life stanno sfruttando sia per portare le loro ragioni sia per promuovere un dibattito pubblico sul tema. Tramite i social sono per esempio già stati raccolti anche i fondi per organizzare le proiezioni del film Unplanned in otto cinema del Paese.

Ad animare questo spirito battagliero la convinzione, ormai consolidata nel mondo antiabortista australiano, dell’utilità dei social. «Se vogliamo fermare la legge sull’aborto, dobbiamo concentrare la nostra battaglia sui social», ha spiegato a questo proposito un attivista pro life, che ha pure aggiunto: «Per i politici le tendenze social sono vangelo. Se cambiamo la narrativa sui social media, abbiamo la possibilità di cambiare le menti di quei politici che hanno una posizione lontana dalla nostra». Illusioni e aspettative esagerate? Chissà.

Quel che è certo è che non è la prima volta che i conservatori dimostrano, anche in Australia, una gran capacità organizzativa virtuale e non. Basti pensare che quando è stato legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, nel dicembre 2017, un’analisi delle piattaforme social aveva rilevato come i contrari alle nozze gay fossero percentualmente cresciuti nel giro di poco tempo del 254%, mentre invece la controparte progressista era lievitata, nello stesso periodo, del 40%. Ciò nonostante, si potrebbe osservare, alla fine la battaglia politica e culturale è stata persa. Vero.

Tuttavia, non va sottovalutata l’idea che i social giochino - e possano giocare sempre più - un ruolo fondamentale a difesa dei principi non negoziabili. Per più ragioni. Anzitutto perché se da un lato è vero, come poc’anzi ricordato, che l’attivismo su queste piattaforme non ha (finora) condotto a esiti vittoriosi, dall’altro non si può escludere, anzi, che senza di esso le sconfitte incassate avrebbero potuto essere più rapide e più clamorose. In secondo luogo, tutto lascia pensare che, negli anni a venire, la centralità dei social non sarà calante ma accresciuta rispetto all’attuale.

Infine, una terza buona ragione per non sottovalutare i social network come frontiera per condurre certe battaglie consiste nel fatto che un oggettivo vantaggio, a ben vedere, l’hanno già portato alla causa pro life. Come? Facendo entrare in contatto tra loro attivisti che, solo fino a pochi anni fa, non lo sarebbero mai stati, cosa che ha fatto maturare progetti e fiorire amicizie spesso molto positive. Guai a idolatrare il web, insomma, ma sarebbe altrettanto incauto sottovalutare la lezione dei pro life australiani che, con l’aborto alle porte, stanno facendo letteralmente di tutto per non arrendersi.