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COREA

La farsa dei "cattolici nordcoreani"

Una delegazione di cattolici nordcoreani avrebbe dovuto presenziare alla messa del Papa a Seul, il prossimo 18 agosto. Ma ha cancellato la visita a causa delle esercitazioni militari sudcoreane. Ci sono cattolici in Corea del Nord? Sì, uno specchietto per le allodole, per stranieri.

Libertà religiosa 06_08_2014
Culto della personalità

Nel corso della visita di Papa Francesco in Corea del Sud, che si terrà dal 14 al 18 agosto, era inizialmente prevista anche la presenza di una delegazione di cattolici della Corea del Nord. Avrebbero dovuto partecipare alla messa nella cattedrale di Myeongdong, a Seul, il 18 agosto. Ma ieri un comunicato della Associazione dei Cattolici Nordcoreani, ha respinto al mittente l’invito dell’arcidiocesi di Seul. L’Associazione, come motivo della sua mancata presenza, accusa il governo del Sud di “non aver cancellato le esercitazioni congiunte con gli Stati Uniti, gesto che rende impossibile la visita”. Ma ci sono realmente dei cattolici, ufficialmente rappresentati, nella Corea del Nord?

La notizia appare veramente strana, considerando che la Corea del Nord appare in cima a ben due classifiche della repressione religiosa. La prima è quella dell’associazione Open Doors, che si occupa dei cristiani perseguitati nel mondo. La seconda è quella, appena pubblicata, del Dipartimento di Stato americano. Nel rapporto Onu sugli abusi dei diritti umani nei campi di concentramento nordcoreani, sono numerose le testimonianze di defezionisti sulla repressione particolarmente dura che patiscono i cristiani di ogni confessione. Nei gulag sono confinati a un regime specialmente punitivo, quasi sempre non ritrovano più la libertà.

Nel rapporto di Open Doors, a proposito di Corea del Nord, leggiamo che: «Il governo di Kim Jong-un (il giovane dittatore, ndr) e il suo Partito dei Lavoratori è assoluto e capillare. A nessuno è permesso o nessuno è comunque in grado di contestare il suo potere. L’ideologia del partito è basata sulle idee del comunismo ed è inestricabilmente legata a un dominante culto della personalità. Il paese “esiste” solo per servire i suoi leader e tutte le forme di venerazione che non riguardino la famiglia Kim sono considerate pericolose e una minaccia per lo Stato. I cristiani subiscono la pressione più forte immaginabile. Ogni entità che il governo non riesce a controllare è sradicata, così le chiese segrete restano nascoste il più a lungo che possono. Tutti i defezionisti testimoniano che si possa essere perseguitati per praticare la religione, anche in privato. La polizia dà la caccia ai nordcoreani convertiti al cristianesimo mentre erano in Cina, o cercano di importare letteratura cristiana nel Paese. I rifugiati rimpatriati dalla Cina sono considerati particolarmente vulnerabili e il loro rischio di essere arrestati è molto alto».

Dal rapporto del Dipartimento di Stato americano traiamo qualche dettaglio demografico in più: «Nel rapporto del Comitato per i Diritti Umani dell’Onu del 2002, si registra che nel paese vi siano 12mila protestanti, 10mila buddisti, 800 cattolici romani. Il rapporto registra anche che il Partito dei Giovani Amici Cheondogyo, un gruppo approvato dal governo e basato su movimenti religiosi tradizionali, conta circa 15mila praticanti». A Pyongyang, la capitale del Nord, stando a questo stesso rapporto, vi sono quattro chiese controllate dallo Stato. Due sono protestanti: Bongsu e Chilgol. Giusto per apprezzare il livello di propaganda del culto della personalità dei Kim, Chilgol è dedicata alla madre del primo leader supremo Kim Il sung, che era una diaconessa presbiteriana. C’è anche una chiesa cattolica ufficiale, la Changchun e una chiesa ortodossa russa, la Santa Trinità. Tuttavia, i defezionisti sopravvissuti al regime e fuggiti altrove affermano di non aver mai sentito parlare di queste chiese. Solo dalle testimonianze di stranieri che si recano in visita nella Corea del Nord si apprende che le messe siano regolarmente svolte. Tuttavia, dalle loro testimonianze, risulta che si tratti quasi certamente di una messinscena, che le prediche, ai contenuti religiosi, affianchino anche molta propaganda di regime e che sia i celebranti che i fedeli siano portati in loco in autobus e poi portati via. Agli stranieri presenti, poi, non è permesso avere contatti, di alcun tipo, con i fedeli nordcoreani. Sempre che non siano solo figuranti …

Secondo il rapporto sui diritti umani del sudcoreano Korea Institute for National Unification (Kinu), il governo usa entità religiose autorizzate per fare propaganda verso il mondo esterno e per motivi solamente politici, mentre ai cittadini comuni non è consentito entrare nei luoghi di culto. I nordcoreani considerano le chiese solo come luoghi di “attrazione turistica per stranieri”, niente di più. Il rapporto del Kinu, inoltre, documenta l’assenza di chiese in tutte le province. In pratica, quei quattro edifici a Pyongyang sono tutto quel che il regime ha messo in piedi per far credere che vi sia libertà di religione. Ma solo agli stranieri. Sono questi i “cattolici” che avrebbero potuto presenziare alla messa di Papa Francesco a Seul. E che probabilmente, con un gesto di magnanimità del regime, all’ultimo minuto, potrebbero ancora presenziare. Meglio non farsi illusioni: sono sempre funzionali a un regime dove l’ateismo è imposto e Kim è l’unica divinità riconosciuta.