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LA LEGGE

Intercettazioni, salvarsi dalla gogna

La riforma delle intercettazioni e della loro pubblicazione è una priorità politica ed è una materia urgente. Ma il governo la sta affrontando con una sorprendente leggerezza. Come si è visto dalla smentita del ministro Orlando a un'anticipazione della legge già pubblicata su Repubblica. Gli elementi che emergono della nuova legge non sono confortanti. Dalla gogna mediatica non se ne esce. E i giornalisti hanno la loro fetta di responsabilità.

Editoriali 10_09_2017
Il ministro Orlando a La Repubblica

Accusano di dilettantismo i grillini, ma poi fanno di gran lunga peggio. Anziché coinvolgere il Parlamento nella discussione di un tema che investe valori fondamentali per l’opinione pubblica, come la corretta amministrazione della giustizia, il diritto all’informazione e la tutela della privacy,  fanno e disfano sulle colonne di un quotidiano, in questo caso Repubblica, annunciando una riforma (discutibile) delle intercettazioni e rimangiandosela il giorno dopo.

E’ dovuto intervenire da New York il Ministro della Giustizia Andrea Orlando per smentire quanto pubblicato il giorno prima dal quotidiano diretto da Calabresi e per frenare le polemiche innescate dalla diffusione del testo del decreto legislativo che lo stesso Guardasigilli avrebbe firmato e inviato in gran segreto ai più importanti procuratori italiani. "Era una semplice bozza", ha provato a minimizzare Orlando, pur ribadendo che entro il 3 novembre la disciplina degli ascolti dovrà essere definita, per rispettare i tempi imposti dalla legge sul processo penale entrata in vigore il 4 agosto, che prevede solo tre mesi per riformare le intercettazioni.

La novità più controversa, che il Ministro ha però subito smentito, a 24 ore dalle rivelazioni di Repubblica, è quella dei riassunti delle telefonate. In altre parole, tra i limiti alle trascrizioni delle telefonate ci sarebbe proprio il divieto di riportare frasi tra virgolette e l’obbligo di inserire solo contenuti riassunti. L’art. 3 del decreto recita infatti: "E’ fatto divieto di riproduzione integrale nella richiesta delle comunicazioni e conversazioni intercettate, ed è consentito soltanto il richiamo al loro contenuto". La stessa frase viene ripetuta per le ordinanze del gip e per quelle del Tribunale del riesame.

Orlando, però, ha subito fatto marcia indietro, disconoscendo la paternità di quella frase e annunciando che certamente non verrà riprodotta nel testo definitivo del decreto, che passerà il vaglio consultivo delle commissioni Giustizia di Camera e Senato. Dunque, non è affatto vero che non leggeremo mai più alcune frasi rimaste celebri nelle inchieste più eclatanti, come Mafia Capitale o quella sulla ricostruzione post-terremoto. Non è affatto vero che quelle frasi non saranno neppure trascritte e finiranno in un archivio riservato di cui il pm sarà responsabile. 

Pur nella bizzarria di una smentita che stupisce e svela l’approssimazione con cui certe bozze di testi legislativi escono dai Palazzi del potere, bisogna sentirsi rassicurati dalle parole del Guardasigilli. Già quando si riportano integralmente i virgolettati, a chi legge è richiesto uno sforzo di contestualizzazione dei toni e dei contenuti di quelle parole, che rischiano di risultare fuorvianti, se interpretate alla lettera. Figurarsi se al lettore venissero dispensati solo riassunti di conversazioni, sulla base di interpretazioni arbitrarie delle stesse, magari viziate da pregiudizi e precomprensioni. Dunque, meglio escludere il ricorso a sintesi delle telefonate e concentrarsi sul loro utilizzo e la loro divulgazione attraverso i media. 

Detto questo, però, rimane sensata e opportuna la sottolineatura, valorizzata in documenti scritti da alcune Procure negli ultimi anni, di preservare la riservatezza delle comunicazioni, soprattutto se riguardanti persone terze, non indagate e coinvolte solo incidentalmente nelle indagini. In questo senso, il mondo del giornalismo dovrebbe dimostrare meno spirito corporativo, minori chiusure ideologiche e maggiore sensibilità al rischio di gogna mediatica sempre incombente su persone innocenti, che finiscono nel tritacarne mediatico proprio in virtù della pubblicazione di telefonate spesso irrilevanti. 

L’incubo bavaglio a volte fa perdere di vista ai giornalisti l’importanza di proteggere i diritti di soggetti estranei ai fatti. E’ giusto preoccuparsi di far leggere ai cittadini le trascrizioni integrali di telefonate di rappresentanti della cosa pubblica dalle quali emergono chiare e nette responsabilità. Sarebbe però altrettanto onesto intellettualmente ricordare le vite spezzate, le carriere stroncate, le famiglie devastate dall’inopportuna pubblicazione di particolari di vita privata di donne e uomini incautamente inseriti in filoni d’inchiesta senza uno straccio di prova, senza neppure un sospetto. Una volta finiti sui giornali o nei telegiornali o nel mare magnum del web, soltanto per aver parlato in assoluta buona fede al telefono con persone indagate o sospettate di aver commesso reati, per loro inizia un’altra vita, fatta di vergogna, disagio, frustrazione, imbarazzo. 

Ecco perché è necessario trovare un equilibrio in materia di intercettazioni. Nel codice di procedura penale, all’art.269, è previsto che il magistrato stralci dagli atti dell’inchiesta gli elementi ritenuti irrilevanti.  Ma nei fatti questo succede? E in che modo la discrezionalità della toga incide sulla tutela dei diritti delle persone innocenti e risucchiate ingiustamente nel perverso circuito mediatico-giudiziario?

Il terreno della riforma delle intercettazioni si presenta scivoloso, tanto che i governi precedenti hanno sempre dovuto desistere, per il gioco dei veti incrociati e per le resistenze di certa magistratura e di certa stampa. Quando il Ministro avrà presentato il testo in Consiglio dei Ministri, cioè entro il 3 novembre, l’ultima parola spetterà a Gentiloni. L’impressione è che il Guardasigilli si renda conto della difficoltà dell’impresa ed è per questo che ha già chiesto aiuto alle Procure, affinchè lo supportino nella predisposizione del testo finale. Soprattutto in materia di udienza-stralcio, cioè quell’udienza che dovrebbe servire a selezionare il materiale rilevante e a scartare quello irrilevante, col rischio, però, di rallentare l’inchiesta. Intanto il Ministro, per accelerare i tempi della riforma, ha rinunciato a costituire una commissione di esperti che si occupi di redigere il testo del decreto. Quanto inciderà sui contenuti di quest’ultimo il clima pre-elettorale, considerato il ruolo decisivo che i media potrebbero giocare nella prossima campagna per il voto politico?