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FOLLIE CLIMATICHE/5

Inquinamento, sorpresa: si sta meglio nei paesi sviluppati

Se c’è un argomento che oggi appare indiscutibile è che il mondo è sempre più inquinato e la causa di questo inquinamento sono i Paesi sviluppati. Ma è l'ennesimo inganno, la realtà dice esattamente il contrario: nei paesi industrializzati c'è stata una drastica riduzione dell'inquinamento, grazie alla ricerca, allo sviluppo e alla commercializzazione di tecnologie innovative e meno inquinanti. Ad essere un problema per l'ambiente è il sottosviluppo.

Creato 09_09_2019 Español

Se c’è un argomento che oggi appare indiscutibile è che il mondo è sempre più inquinato e la causa di questo inquinamento sono i Paesi sviluppati, con le loro industrie con relativo consumo di combustibili fossili, e anche con la loro agricoltura. I paesi poveri ovviamente sono le vittime, sia perché sarebbero depredati delle risorse sia perché pagano le conseguenze dell’inquinamento. Da qui anche tutte le politiche globali, invocate e in parte realizzate, che prevedono il “risarcimento” dei paesi ricchi verso i paesi poveri, con relativo flusso di denaro.

La questione dell’inquinamento sta però in tutt’altro modo. Ci riferiamo anzitutto a quello atmosferico, il più citato negli allarmi, ma il discorso è generale. il problema vero dell’inquinamento, infatti, non è lo sviluppo ma il sottosviluppo. L’equivoco non è certo nato per caso, e un contributo importante a questa manipolazione della verità lo ha dato sicuramente la massiccia propaganda anti-CO2, condannata come inquinante – quando non lo è - e di cui abbiamo parlato nella scorsa puntata.

Vediamo dunque la questione dell’inquinamento. A spiegare sinteticamente come stanno le cose ci ha pensato l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) che, nella più completa inchiesta sull’inquinamento atmosferico mai effettuata, i cui risultati sono stati pubblicati nel 2018, afferma che oltre il 90% delle morti correlate all’inquinamento atmosferico avvengono in paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa e in Asia. L’indagine si basa sui dati raccolti in 4300 città di 108 paesi e spiega come la maggior parte dell’inquinamento nei paesi a basso reddito si produca all’interno delle abitazioni.

Per cucinare e per scaldarsi, infatti, ben 3 miliardi di persone usano legname, carbone o letame, sprigionando gas altamente inquinanti. Peraltro c’è un legame tra questo tipo di inquinamento e la deforestazione, anche questa in gran parte provocata dalla pratica di una agricoltura primitiva e dalla povertà. Si ricorderà, ad esempio, la grave crisi del Sud Est asiatico del 1997-1998, quando per diverse settimane bruciarono le grandi foreste del Borneo: dieci milioni di ettari di terreno furono avvolti dalle fiamme, soprattutto in Indonesia, e una grande nube per mesi coprì diversi paesi, dal Sud Est asiatico fino alla Cina. Gli incendi furono innescati come conseguenza della grave crisi finanziaria della regione che lasciò senza lavoro milioni di persone, in gran parte immigrati che, tornando nei loro villaggi, avevano bisogno di legna per cuocere cibo e di terreno da coltivare.

Al contrario nei paesi sviluppati l’inquinamento atmosferico, malgrado la propaganda dica il contrario, è in costante diminuzione. E non certo da quando sindaci illuminati si sono inventati le zone C o a traffico limitato. Il processo è iniziato molto prima, anzi si tratta di un processo che accompagna naturalmente lo sviluppo. Quando la principale preoccupazione delle persone è mettere insieme un po’ di cibo quotidiano, non c’è né tempo né risorse per preoccuparsi di altro. È quando i bisogni primari sono soddisfatti che si comincia a guardare alle altre condizioni di vita; è quando aumenta il benessere che cominciano ad esserci risorse per migliorare le condizioni igieniche, sanitarie e ambientali. È una osservazione elementare, ma che è confermata ovviamente dai dati: già nel 2002, il rapporto ambientale dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico, Oecd nell’acronimo inglese), denominato Oecd Environmental Outlook, affermava che nel suo insieme l’inquinamento atmosferico nei paesi industrializzati era diminuito del 70% in quaranta anni, e le previsioni erano di una ulteriore significativa diminuzione nei successivi venti anni. Previsione peraltro confermata dalla realtà: basterebbe consultare i rapporti annuali delle varie Arpa regionali (le agenzie per la protezione dell’ambiente) per avere la conferma di una continua diminuzione dell’inquinamento atmosferico nel corso degli anni.

Ciò peraltro non dovrebbe stupire: l’inquinamento nelle città è principalmente provocato dai sistemi di riscaldamento e dal traffico automobilistico (soprattutto quello pesante). In questi decenni, i vecchi sistemi di riscaldamento a kerosene sono stati quasi completamente sostituiti da sistemi meno inquinanti: nel 2016 il Politecnico di Milano calcolava che nel capoluogo lombardo i 3500 impianti a gasolio ancora in funzione (appena il 2% di tutti gli impianti di riscaldamento) inquinavano dieci volte più di tutto il resto dei sistemi, centrali a gas. E anche le emissioni inquinanti delle automobili sono drasticamente diminuite: basti pensare che un’auto di media cilindrata costruita negli anni ’70 del XX secolo, inquinava quanto più di cento auto dello stesso segmento costruite oggi.

Tutto questo è stato ed è possibile perché lo sviluppo permette di generare quella ricchezza che da una parte rende possibile la ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di tecnologie meno inquinanti, e dall’altra permette ai cittadini di acquistarle.

Qualcuno potrebbe obiettare che comunque tutto questo è soltanto una parziale riparazione all’inquinamento globale causato dalla rivoluzione industriale, con il relativo uso dei combustibili fossili. Che è come dire che, quanto a inquinamento, si stava meglio nel 1700. Ma anche questo non è corretto. Sono tante le testimonianze dell’epoca che ci dicono esattamente il contrario e basterebbe leggere una significativa poesia di Giuseppe Parini, scritta nel 1759, La salubrità dell’aria. C’è una descrizione realistica dell’aria nauseabonda che si respira a Milano, che al confronto la Milano di oggi appare come una località di montagna.

Ma anche questo non dovrebbe sorprendere: laddove non ci sono sistemi fognari, non si seppelliscono gli animali morti, dove il sistema di trasporto comune è rappresentato dai cavalli (per la cronaca un cavallo adulto produce circa 15 kg di escrementi al giorno e 20 litri di urina), si può ben capire che la situazione dell’inquinamento può ben diventare drammatica. Ma questa è anche la condizione generale dei paesi attualmente in condizioni di sottosviluppo.

Se davvero si vuole diminuire l’inquinamento perciò, non si deve fermare lo sviluppo, come oggi l’ecologismo dominante pretenderebbe, e come le politiche per il clima sono indirizzate a fare. Al contrario, è proprio lo sviluppo che va incoraggiato e accelerato: per far uscire i popoli dalla povertà e al contempo migliorare le condizioni ambientali grazie alla possibilità di usufruire di nuove tecnologie meno inquinanti.

5. Continua

LE PRECEDENTI PUNTATE:

- Allarmismo climatico, è più politica che scienza
- Panico da riscaldamento? Calmi, il clima è sempre cambiato
- Risorse esaurite? È solo propaganda per imporre leggi "verdi"

- Processo alla CO2. assolta con formula piena