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NUOVE DENUNCE AI PRELATI

In Messico e Spagna partono le purghe

In Messico e Spagna l'escalation di querele ai vescovi che denunciano il gender è inquietante. Ora a volerli in tribunale sono il Parlamento messicano e Podemos. Nuove denunce che si aggiungono alle altre. La gerarchia centramericana appoggerà il Family Day a Città del Messico in settembre. E in Cile, contro l'aborto, a metterci la faccia in un video sono tutti i prelati del Paese andino. Tutti minacciati dal potere, il cui obiettivo è ormai chiaro: piegare al mondo gli ultimi testimoni della Verità.

Famiglia 19_08_2016
Una Marcha por la vida y la familia in Messico

Non accenna a placarsi, anzi è destinata a prendere una piega sempre più drammatica l’escalation di attacchi contro la gerarchia cattolica che si oppone alla dittatura culturale del gender. Va di moda la querela al vescovo, quando non si riesce a opporsi con la ragione. E poco importa se nel fare presente gli errori dell’ideologia gender non si usano le armi della violenza. Comunque ti muovi, basta dire le cose come stanno e il potere ti assale con una veemenza tale da rasentare la persecuzione.

Così in Messico e in Spagna, dove da questa primavera sono iniziate azioni legali che ricordano il passato anticlericale di entrambi i Paesi, il numero delle azioni legali contro i prelati che hanno denunciato in varie occasioni la “gendercrazia” è troppo elevato perché sia casuale o sporadico, magari perché frutto di qualche lobby gay. Finché infatti sono i potentati delle associazioni Lgbt a sporgere querela, la speranza che ci sia un giudice tanto a Madrid quanto a Città del Messico è ancora forte. Ma quando a querelare sono un’istituzione come il Parlamento o un partito che ambisce a diventare di governo come Podemos, allora il timore che questo sia uno scatto in avanti verso un nuovo sistema totalitario, aumenta esponenzialmente.

In Messico l’attacco è ripartito dopo una dura presa di posizione dei vescovi contro le politiche di ideologia gender e di introduzione del matrimonio omosessuale del presidente Enrique Peña Nieto. Così il governo è corso ai ripari e per bocca del presidente della Camera dei Deputati Jesùs Zambrano ha deciso di passare alle maniere forti. “La gerarchia cattolica si sta mettendo in un terreno che non le compete”, ha detto Zambrano in un’intervista. E dalle parole è passato ai fatti. Il presidente dell’assemblea legislativa ha dato così mandato alla segreteria generale del Governo di denunciare la Chiesa. E non un vescovo in particolare, ma proprio l’Arcidiocesi di Città del Messico che “continua a ripetere che la famiglia è a rischio. Ma in realtà – ha proseguito l’esponente politico – non c’è nessuna concezione unica di famiglia. Io ad esempio potrei dire che la famiglia è in crisi per gli episodi di pedofilia di alcuni sacerdoti cattolici”.

Insomma: il tenore è di questo stampo e delinea un attacco che in Messico non si vedeva dai tempi dei Cristeros. E’ anche per questo che la reazione della popolazione è stata immediata. Numerosi gruppi e comitati hanno dato vita al Frente Nacional por la Familia che scenderà in piazza in due occasioni: a Città del Messico il 24 settembre prossimo e in ogni capoluogo di regione il 10 settembre per un Family Day che si preannuncia già un successo.

Esattamente come è stato scelto in Colombia, dove le piazze occupate sono state contemporaneamente tante, el Frente ha ottenuto l’appoggio entusiasta e immediato della Conferenza episcopale messicana che il 16 agosto ha diffuso una nota della Commissione Episcopale della famiglia, adolescenti, giovani, laici e vita per “appoggiare e promuovere il gruppo che ha costituito il Fronte Nazionale per la Famiglia e dare il nostro appoggio per dire che il futuro dell’umanità si forgia nel matrimonio e nella famiglia naturale”.

Stessa risolutezza in Spagna dove dopo le azioni legali ad opera di una lobby gay ai danni di tre vescovi, colpevoli di denunciare la deriva antropologicamente sbagliata dell’ideologia gender, si sono verificate altre due incursioni. La prima è stata fatta dall’Arcivescovo di Valencia il cardinale Antonio Cañizares, il quale, dopo essere già stato denunciato per omofobia, accusa poi archiviata, e vilipeso in tutti i modi dai militanti Lgbt nel corso dell’omelia dell’Assunta è tornato a parlare di dittatura gender paragonandola al nazismo e al comunismo. E ha accusato i nuovi “draghi” del male che attaccano con la loro forza propagandistica un’ideologia materialista che non rispetta né difende i poveri, ma è interessata solo al consumismo e l’egoismo”. Cañizares ha ricordato quanto aveva già detto anche il cardinal Robert Sarah: “Il secolo scorso è stato dominato dalle ideologie comunista e nazista” il secolo presente è caratterizzato dalla “prepotenza dell’ideologia del genere, sostenuta da numerosi poteri economici e da una massiccia forza mediatica”.

Il secondo episodio è correlato alla denuncia subita dai vescovi di Alcalà e Getafe. A soccorrere i confratelli nell’episcopato è stato il titolare della Diocesi di Cordoba Demetrio Fernandez. Questi ha definito “l’ideologia gender una bomba atomica”. La risposta non si è fatta attendere, ma questa volta non sono state le lobby gay a intervenire, bensì un esponente di Ganemos Cordoba, una civica di Podemos della stessa città spagnola, che ha denunciato Fernandez alla Procura per apologia di odio e contro i diritti umani. Alberto De Los Rios, questo il nome dell’esponente politico, ha detto che le parole del vescovo sono da codice penale e lo ha paragonato a un talebano, che non merita di guidare una comunità di fedeli”. Insomma: adesso il procuratore dovrà analizzare il caso sapendo che a portarlo avanti è un partito politico con ambizioni di governo come Podemos. E stavolta l’archiviazione non è affatto scontata.

Sono vicende, queste, che espongono i vescovi al giudizio del mondo e che mostrano come quando un pastore si metta in testa a difendere la verità, questi non abbia paura delle conseguenze. Non è una Chiesa asservita al potere di turno quella che emerge da queste che, in fondo, sono testimonianze che rafforzano il sensus fidei del popolo, perché anche un’eventuale condanna per omofobia, può essere considerata a tutti gli effetti un martirio.

Questo vale anche per il coraggio della verità che stanno manifestando in queste ore i vescovi del Cile. Nel Paese andino la presidenta Bachelet sta portando avanti il progetto di legalizzazione dell’aborto e nonostante i sondaggi sfavorevoli è decisa ad andare avanti. A questa offensiva, che ha portato avanti con toni piuttosto accesi, ha fatto da contraltare un’iniziativa che sta spopolando sul web di tutti i vescovi delle diocesi cilene. Sul sito della Conferenza Episcopale è comparso un video nel quale ognuno dei prelati ha spiegato perché una legge che depenalizza l’aborto sia sbagliata, moralmente e antropologicamente. Il risultato è un video virale che sta facendo il giro del mondo e che è di sicuro impatto per i fedeli. Un appello gioioso alla vita di tutta la gerarchia ecclesiastica, che non farà piacere alla presidenta, ma che mostra a tutti gli effetti quanto grado di libertà e di coraggio ci sia in questi pastori, per nulla intimoriti dai latrati del mondo che li vorrebbe in carcere.