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IL CASO LOVANIO

Il vizietto dell'ateneo cattolico

Il caso dell'università cattolica di Lovanio in Belgio che ha sospeso il docente che ha parlato contro l'aborto, parte da lontano. Fin dai pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI all'Ucl si portavano avanti sperimentazioni per la fecondazione in vitro, si sostenevano l'eutanasia e la diagnosi pre impianto in palese contrasto con la Chiesa e il suo magistero. Tutto logico, allora. Ma perché continuare a chiamarsi cattolici? Una domanda che andrebbe posta ai vescovi del Paese. 

Vita e bioetica 03_04_2017
Stéphane Mercier il docente sospeso per aqver definito l'aborto un omicidio

Quanto è cattolica l’Università Cattolica di Lovanio (UCL)? La domanda è diventata più che lecita dopo l’esplosione del caso del professore di filosofia Stéphane Mercier che su basi completamente filosofiche, non religiose, ha affermato che l’aborto è un omicidio. L’Università prima ha aperto un’inchiesta, dissociandosi dal professore, poi ha sospeso i suoi corsi e infine ha aperto un procedimento disciplinare, che può condurre anche al suo licenziamento.

Nel comunicato l’UCL ha fatto riferimento ai “suoi valori”, con cui sarebbero in contrasto le posizioni di Stéphane Mercier. Ma quando mai si è visto che un’università cattolica inserisca il diritto all’aborto fra i suoi valori? D’altronde il vento dell’omologazione alla cultura dominante e al politically correct deve spirare forte fra le mura di quello che sarebbe il più antico ateneo cattolico d’Europa, se il Rettore ha sentito il bisogno di dotarsi di una consigliera particolare per la “Politique du genre”, cioè della politica di genere. Ovvero il Gender, tanto deprecato dal Pontefice regnante ma evidentemente considerato importante dalle autorità accademiche della cattolica università.

Che però già in passato ha creato non pochi problemi dal punto di vista della coerenza con le posizioni della Chiesa. Anzi, si può dire che il caso di Stéphane Mercier per quanto clamoroso assume un valore episodico, rispetto a ben altri problemi. Che sono emersi già nel 2002 quando l’Università ha organizzato un dibattito sull’uso delle cellule staminali umane, per reclamare, contro quello che sosteneva all’epoca San Giovanni Paolo II, la possibilità di lavorare su quelle cellule. Il solo paletto che l’università poneva riguardava il fatto che l’embrione umano non fosse oggetto di commercio. Ma per il resto le clinoche Saint-Luc e Mont-Godine dell’UCL permettevano l’uso di cellule staminali prelevate da embrioni soprannumerari della fecondazione in vitro. E c’era anche l’avallo per le ricerche sulla clonazione terapeutica, sia pure con condizioni etiche molto rigide.

La tensione fra Santa Sede e UCL ha subito momenti di maggiore o minore acutezza. Il documento del 2008 con cui la Santa Sede, durante il regno di Benedetto XVI, condannava senza mezzi termini le tecniche scientifiche che minacciavano la dignità dell’embrione in quanto essere umano non ha avuto certo un’accoglienza entusiastica a Lovanio. L’istruzione Dignitas personae considerava illeciti da un punto di vista morale pratiche quali la clonazione, l’uso terapeutico delle cellule staminali embrionarie e la fabbricazione di vaccini a partire da cellule d’embrioni umani. Il documento chiedeva ai ricercatori cattolici di “dissociarsi nell’esercizio della loro attività di ricerca, da un quadro legislativo gravemente ingiusto e di affermare con chiarezza il valore della vita umana”.

E nel frattempo gli esperti di fecondazione in vitro praticata all’UCL nel 2007 si recavano a Roma per dare spiegazioni sulla loro attività. Il Papa (Benedetto XVI) si informava su quali tipi di pratiche bioetiche si svolgessero a Lovanio. “Non torneremo indietro! Quali che siano le minacce della Chiesa…” facevano sapere a Le Soir i ricercatori belgi, mentre altri cercavano di gettare acqua sul fuoco dicendo che “si trattava di una riunione di lavoro fra esperti, con interlocutori designati dal Vaticano, ma non una sfida decisiva… certo sappiamo che ci saranno altre riunioni e che la pressione si accentuerà”.

Ma era rimasto senza risposta l’appello di mons. Léonard, che diceva nel 2002: “Quale gesto profetico se un’università cattolica o umanista rinunciasse alla procreazione artificiale e promuovesse piuttosto la ricerca per prevenire la sterilità! Che senso di progresso scientifico e morale se una tale università rinunciasse allo sfruttamento delle staminali embrionali e alla clonazione terapeutica!”. E Giovanni Paolo II ricordava che le università che si dichiarano cattoliche non possono mettere in atto ciò che la Chiesa condanna. Monsieur de La Palisse, ma non in Belgio. E infatti l’UCL ha continuato sulla strada intrapresa, senza deviazioni, aggiungendo al dono di ovociti la diagnosi prenatale, per selezionare gli embrioni da impiantare.

E infine si è aggiunta l’eutanasia. Da quando la legge belga ha permesso porre termine alla propria esistenza sotto controllo medico, anche nell’ospedale dell’UCL alcuni pazienti chiedono l’eutanasia. E vengono esauditi. Rik Torfs, docente di Diritto canonico, già senatore del partito Cristiano Democratico, e rettore dell’UCL, lo ammette:  “Dai 12 ai 15 all’anno”.

Qualche cosa di difficile da spiegare in Vaticano. E come per l’aborto, la risposta è che la legge belga lo permette. “Personalmente – dichiarava Torfs - non ho mai sostenuto l’eutanasia. Penso inoltre che i bambini non dovrebbero mai esservi sottoposti, su questo non dovrebbe esserci alcuna discussione. Ma a Lovanio non siamo neppure attivisti del movimento anti-eutanasia. Esiste una distinzione fra legge ed etica. In Vaticano abbiamo dunque spiegato che, naturalmente, a Lovanio ogni medico segue la sua coscienza. Abbiamo dei casi di eutanasia, si?. Ma molti nostri medici sfidano per esempio la legge che riguarda i minori, pensano che sia negativo applicarla ai bambini. E abbiamo anche visto che, se parli con i pazienti che chiedono la morte, il 90 per cento di loro non sono convinti. Alcuni mantengono il loro intento, ma sono una piccola minoranza. Potremmo inviarli ad altri ospedali, pero? pensiamo anche che, se facciamo noi quello che ci chiedono, forse alla fine e? meno negativo”.

Tutto logico, certamente. Ma perché continuare a chiamarsi cattolici? Già in Olanda altre istituzioni universitarie, una volta “cattoliche” hanno lasciato cadere questo aggettivo dal loro blasone. E torniamo alla domanda iniziale: quanto è cattolica un’università in cui sono di casa pratiche contrarie a ciò che la Chiesa insegna? Una domanda che si potrebbe rivolgere anche ai vescovi del Paese. Senza commento pubblichiamo il loro comunicato ufficiale in seguito al “caso Mercier”.

“A proposito della sospensione dei corsi di Stéphane Mercier, incaricato di corsi in quanto invitato all’UCL, i vescovi pongono la loro fiducia nella procedura interna avviata attualmente dall’UCL.

I vescovi sperano che la discussione sorta contribuirà ad una discussione serena sull’aborto nella società. I vescovi si oppongono all’aborto in nome del rispetto della vita. Secondo il diritto belga, non esiste il diritto all’aborto. La legge prevede che l’aborto possa essere praticato rispettando talune condizioni stipulate dalla legge senza produrre conseguenze sul piano penale. Quindi la legge prevede in quali casi l’aborto è autorizzato o no. Ma, in quanto tale, l’aborto è un delitto previsto dal diritto penale.

Anche se la Chiesa è opposta all’aborto, distingue la persona dall’atto. La Chiesa capisce che talune donne possano arrivare a decidere di un aborto quando sono in situazioni di sofferenza, difficili o disperate. La gravità dell’aborto è un dramma per il bambino, per i suoi genitori e per la società. Comprendendo queste situazioni drammatiche, i vescovi tengono che si parli sempre con delicatezza e tatto delle persone e delle coppie che fanno la scelta dell’aborto”. 

A nostro modestissimo parere, questo comunicato fa sorgere più domande di quante risposte cerchi di dare. Proprio sui vescovi: forse non è un caso che nel 2016, nell’unico seminario rimasto nel Paese, quello di Namur, non sia entrato nessun nuovo seminarista francofono.