Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Espedito a cura di Ermes Dovico
IL CASO VICOFARO

Il vescovo duro con "Forza Nuova" tenero con l'omoeresia

La vicenda di Vicofaro e del prete scontratosi con Forza Nuova fa riemergere le contraddizioni di un episcopato pronto ad alzare la voce per difendere i propri preti solo se c'è da difendere l'immigrazionismo. Invece per le derive omoeretiche degli stessi pastori, si fa finta di niente. Eppure il Magistero è chiaro sulle incursioni Lgbt nelle parrocchie. Però si fa finta di niente. 

Editoriali 30_08_2017

Con gli immigrati ha avuto gioco facile. Don Massimo Biancalani, il parroco di Vicofaro di Pistoia finito sui giornali per lo scontro con Forza Nuova aveva incassato il sostegno del suo vescovo in occasione della sortita dei militanti di estrema destra in chiesa. Una vicinanza, quella del pastore toscano, certificata dalla presenza a messa del vicario della diocesi di Pistoia che ha di fatto messo il prete pro immigrati in una botte di ferro.

Tutto facile insomma. Peccato che la solerzia del vescovo nel difendere un suo sacerdote non ci sia stata in altri casi, come accaduto ad esempio a don Massimiliano Pusceddu, umiliato per aver citato San Paolo dall’ambone circa i comportamenti omosessuali. Perché se si parla di immigrazionismo il buonismo e il conformismo prendono il sopravvento, ma se l’argomento sono i cosiddetti rapporti contro natura, ecco che la solerzia di certi vescovi nel ribadire quel che è loro compito, cioè la dottrina, si fa di nebbia.

Don Massimo Biancalani infatti non ha mai nascosto non solo un tifo da ultras per l’immigrazionismo fino a spingersi a dare del fascista a chiunque non la pensi come lui, ma è particolarmente attivo anche nel seguire i cristiani Lgbt secondo logiche e metodologie di accettazione dell’omosessualità che sono in netto contrasto con la dottrina della Chiesa.

Il sacerdote infatti negli anni scorsi era finito sui giornali proprio per un percorso di accompagnamento pastorale per persone omosessuali. Tutto bene, d’altra parte lo dice il Catechismo. Ma in che modo? Ovviamente utilizzando il manifesto dello sdoganamento dell’ideologia omosessualista nella Chiesa. Si tratta de “L’amore omosessuale interroga la Chiesa”, scritto da Damiano Migliorini e Beatrice Brogliato, che si propone una riflessione teologica e morale e visione nuova sulla persona omosessuale.

“Riteniamo doveroso – aveva detto - chiedere che le nostre comunità si aprano a una pastorale rivolta agli omosessuali e ai transessuali: ciò aiuterebbe molte persone a sentirsi finalmente accolte, per quello che sono, nella chiesa, abbattendo quel muro di diffidenza e incomprensione”.

Insomma, come è stato già detto, uno sdoganamento tout court dell’omoeresia, cioè quella corrente lobbistica infiltratasi nella Chiesa che sostiene l’omosessualità come variante normale della sessualità umana. Solo che la Chiesa contrasta questa visione e lo fa nei suoi atti più impegnativi. Il Catechismo della Chiesa cattolica è uno di questi. “Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». Sono contrari alla legge naturale. In nessun caso possono essere approvati”. (2357). Insomma: accettarli tout court e promuoverli come è stato fatto in questi anni in molte parrocchie è contrario al Magistero.

C’è poi un altro documento imprescindibile per la cura pastorale delle persone omosessuali, che tra le altre cose è l’atto principale su cui si fonda l’esperienza di Courage. E’ la Nota della Congregazione per la Dottrina della fede che nel 1986 pubblicò un documento rivolto ai vescovi. Fra le altre cose vi si legge: “Questa Congregazione desidera chiedere ai Vescovi di essere particolarmente vigilanti nei confronti di quei programmi che di fatto tentano di esercitare una pressione sulla Chiesa perché essa cambi la sua dottrina, anche se a parole talvolta si nega che sia così. Un attento studio delle dichiarazioni pubbliche in essi contenute e delle attività che promuovono rivela una calcolata ambiguità, attraverso cui cercano di fuorviare i pastori e i fedeli. Per esempio, essi presentano talvolta l'insegnamento del Magistero, ma solo come una fonte facoltativa in ordine alla formazione della coscienza. La sua autorità peculiare non è riconosciuta. Alcuni gruppi usano perfino qualificare come «cattoliche» le loro organizzazioni o le persone a cui intendono rivolgersi, ma in realtà essi non difendono e non promuovono l'insegnamento del Magistero, anzi talvolta lo attaccano apertamente. Per quanto i loro membri rivendichino di voler conformare la loro vita all'insegnamento di Gesù, di fatto essi abbandonano l'insegnamento della sua Chiesa. Questo comportamento contraddittorio non può avere in nessun modo l'appoggio dei Vescovi”.

Più chiaro di così. Eppure molti vescovi e il pastore di Pistoia sembra tra questi, in questi anni hanno fatto come se questo documento non fosse mai esistito. Per comodità forse, ma anche per paura, perché il solo azzardarsi a proporre la visione cristiana della sessualità umana, è ormai diventato uno sport estremo, gravido tra l’altro di rogne incalcolabili. Meglio fare finta di niente e lasciare che i parroci si organizzino con adeguato coinvolgimento di associazioni Lgbt.

Eppure il documento parlava chiaro: “Questa Congregazione incoraggia pertanto i Vescovi a promuovere, nella loro diocesi, una pastorale verso le persone omosessuali in pieno accordo con l'insegnamento della Chiesa. Nessun programma pastorale autentico potrà includere organizzazioni, nelle quali persone omosessuali si associno tra loro, senza che sia chiaramente stabilito che l'attività omosessuale è immorale. Un atteggiamento veramente pastorale comprenderà la necessità di evitare alle persone omosessuali le occasioni prossime di peccato” e “dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l'insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei suoi confronti, o che lo trascuri completamente. Un tale appoggio, o anche l'apparenza di esso, può dare origine a gravi fraintendimenti. Speciale attenzione dovrebbe essere rivolta alla pratica della programmazione di celebrazioni religiose e all'uso di edifici appartenenti alla Chiesa da parte di questi gruppi, compresa la possibilità di disporre delle scuole e degli istituti cattolici di studi superiori. A qualcuno tale permesso di far uso di una proprietà della Chiesa può sembrare solo un gesto di giustizia e di carità, ma in realtà esso è in contraddizione con gli scopi stessi per i quali queste istituzioni sono state fondate, e può essere fonte di malintesi e di scandalo”.

Don Biancalani è in buona compagnia con altri parroci che ormai prestano le parrocchie per questi incontri in aperto contrasto col Magistero. Ma in questi casi, chissà perché le puntualizzazioni dei vescovi non avvengono mai.