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Il soggetto della carità - Il testo del video

La carità risiede nella volontà, si tende a Dio in quanto Dio è il bene. Si trova nell’uomo esclusivamente per il volere di Dio, ma nell’uomo c’è una ricettività. E la carità può aumentare nell’uomo ma non per addizione, bensì in quanto si intensifica nel soggetto. E il peccato veniale non distrugge né diminuisce la carità, ma predispone alla sua perdita.

Catechismo 24_04_2022 English Español

La lezione di oggi è dedicata alla virtù teologale della Carità. La scorsa volta abbiamo visto l'essenza della carità, questa volta vediamo il SOGGETTO DELLA CARITÀ.

Cosa vuol dire il soggetto della carità?
Parlare del soggetto di carità significa rispondere alla domanda: dove la virtù di carità viene infusa? In quale facoltà dell'uomo? Questa domanda, se ricordate, ce la siamo già posta per la Fede e per la Speranza.

  • Abbiamo visto che la FEDE inerisce alla facoltà intellettiva dell'uomo, perché lo porta ad aderire alla verità: alla prima verità che è Dio e ad ogni verità che proviene da Dio. D'altra parte abbiamo visto che la fede è spinta nella sua adesione dalla volontà. Quindi la fede riguarda l'intelletto dell'uomo, ma anche l'atto di fede è ordinato al suo oggetto proprio dalla volontà.
  • La SPERANZA invece risiede nella volontà dell'uomo, perché ci fa aderire a Dio in quanto è per noi principio del bene. Se l'oggetto proprio dell'intelletto è il vero, l'oggetto proprio della volontà è il bene. Dunque la fede ci fa aderire alla verità soprannaturale e quindi risiede nell'intelletto, mentre la speranza muove la volontà ad aderire a Dio in quanto è il nostro bene e la nostra beatitudine.
  • La CARITÀ risiede nella volontà in quanto ci fa aderire a Dio per Se stesso, come Bene sommo. Nella speranza Dio è cercato in quanto è il nostro bene (senza nessun egoismo). NELLA CARITÀ SI TENDE A DIO IN QUANTO DIO È IL BENE.

San Tommaso, nella Quaestio 24 che tratta del SOGGETTO DELLA CARITÀ, nel primo articolo, spiega appunto quanto appena detto, ovvero dove risiede la carità. Nel secondo articolo si domanda se la carità sia prodotta in noi per infusione e nel terzo se venga infusa secondo le capacità naturali.

Riassumiamo il pensiero di Tommaso. La carità non si trova nell'uomo in ragione di virtù o doti naturali.

  • LA CARITÀ, cioè questa amicizia intima, questa comunione con Dio, SI TROVA NELL'UOMO ESCLUSIVAMENTE PER IL VOLERE DI DIO e non per la nostra capacità, neanche per il nostro volere.
    Al principio della Carità c'è la volontà di Dio; la Carità non è dunque da intendersi, come spesso accade, come qualcosa che fa l'uomo o come una diposizione naturale dell'uomo: la Carità in noi è la partecipazione a Dio che è carità e quindi è una iniziativa della liberalità di Dio, della magnanimità di Dio. E' Dio che ci ha amati per primo, al principio c'è Dio, non l'uomo. Dio prende l’iniziativa di infondere la Carità nell'uomo.

L'uomo però non è completamente passivo; C'È UNA RECETTIVITÀ NELL'UOMO e san Tommaso spiega quale sia la parte dell'uomo che sta di fronte a Dio che infonde la carità.

  • San Tommaso si chiede se nei viatores, cioè in coloro che sono ancora in cammino in questa vita mortale, la carità possa aumentare, se possa diminuire o si possa perdere (Articoli da 4 a 12).
    San Tommaso risponde che la Carità può aumentare, non per addizione, ma in quanto si intensifica nel soggetto.

Articolo 5:

"Il soggetto ne partecipa sempre maggiormente, in quanto cioè il soggetto è maggiormente attuato da essa ed è ad essa maggiormente sottomesso".

  • San Tommaso si domanda se siano gli atti di Carità che noi facciamo a fare aumentare la carità?
    E risponde che non dobbiamo immaginarci che ogni atto di Carità faccia crescere la Carità in noi, non funziona così. Anzitutto perché la Carità è infusa da Dio, dallo Spirito Santo: e questo significa che è Dio ad aumentare la Carità.
  • Cosa fanno allora gli atti di carità nell'uomo?
    "Predispongono l'uomo all'aumento della carità": con questi atti noi possiamo arare il terreno, annaffiare, ma è Dio che fa crescere.

Nell'Articolo 9, San Tommaso presenta i tre gradi di crescita della Carità: INCIPIENTE, PROFICIENTE E PERFETTA.

"Infatti da principio l'uomo ha il compito principale di allontanarsi dal peccato e di resistere alle sue concupiscenze, che muovono in senso contrario alla carità. E questo appartiene agli incipienti, nei quali la carità va nutrita e sostenuta perché non perisca. Segue poi, come secondo compito, lo sforzo di procedere o avanzare nel bene. E questo compito appartiene ai proficienti, che tendono principalmente a irrobustire e ad accrescere in se stessi la carità. - Il terzo finalmente consiste soprattutto nell'attendere all'adesione e alla fruizione di Dio. E questo appartiene ai perfetti, i quali "desiderano di andarsene e di essere con Cristo".

In questa crescita della Carità, l'uomo non è mai adeguatamente in grado di amare Dio per Sé stesso, cioè nella misura che Egli merita. C'è invece la possibilità di una perfezione quanto al soggetto che vive la carità: quella della Patria celeste, in cui il cuore dell'uomo è sempre in Dio e non c'è più nulla che lo possa distaccare da Lui. Questa è però la perfezione dei beati e non dei viatores.

Su questa terra invece è possibile una duplice perfezione:

1- La PERFEZIONE di porre tutto il proprio impegno per attendere a Dio e alle cose di Dio, riducendo il più possibile il tempo per attendere ad altro.

2- La PERFEZIONE di porre abitualmente il cuore in Dio, cosicché l'uomo arriva sempre più a non pensare a nulla di contrario a Dio.

  • San Tommaso si chiede infine se la Carità possa diminuire o si possa perdere.
    L'aumento della Carità è opera di Dio, mentre l'uomo si può predisporre a questo aumento che è sempre sorretto dalla Grazia. Dire che la Carità possa diminuire significa allora dire che Dio la voglia far diminuire e questo non può succedere.

Da parte dell'uomo però egli con il peccato può allontanarsi da Dio; questo distogliersi da Lui però non fa diminuire la carità, ma la toglie del tutto. Ogni volta che vi è un'adesione ai beni creati che è contraria all'ordine voluto da Dio c'è un peccato che rompe la Comunione con Dio e quindi annulla la Carità.

  • E il peccato veniale? Né distrugge, né diminuisce la Carità, ma predispone alla sua perdita, perché predispone l'uomo al peccato mortale.