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ISLAM

Il Papa e Al Azhar, dialogo a senso unico

Il Papa apre il dialogo con Al Azhar, massima istituzione islamica sunnita, al Cairo. Il Grande Imam al Tayyeb risponde con un messaggio di tolleranza, ma solo nei confronti delle religioni rivelate. E con molti limiti anche per queste.

Esteri 22_09_2013
Al Tayyeb

Martedì 17 settembre il nuovo nunzio apostolico in Egitto, monsignor Jean-Paul Gobel, ha incontrato il Grande Imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayyeb, compiendo un ennesimo passo verso il tanto auspicato disgelo tra il Vaticano e l’università islamica del Cairo. Disgelo iniziato con l’elezione di Papa Francesco vista di buon grado dal mondo islamico.

Da subito il Grande imam aveva auspicato che il neo-pontefice fornisse segnali di distensione. Segnali prontamente dati in più occasioni, compresa la lettera di Papa Francesco ad al-Tayyeb consegnata dal nunzio. Padre Hani Bakhoum, segretario del Patriarcato di Alessandria dei copti cattolici, ha dichiarato all’agenzia Fides che la missiva «è un modo di esprimere il profondo sentimento di stima e affetto che la Chiesa cattolica, la Santa Sede e il Papa hanno nei confronti di tutti i musulmani e in particolare di al-Azhar, che è l’istituzione più rappresentativa dell’islam sunnita moderato» e che «sicuramente questa lettera aiuterà con il tempo a mettere da parte ogni incomprensione e anche a riprendere il dialogo bilaterale con la Santa Sede».

Purtroppo l’ottimismo, oserei dire il wishful thinking, di padre Hani Bakhoum viene smorzato dalla controparte musulmana che mercoledì ha emesso un comunicato, ripreso da molti organi di stampa arabi, in cui si esprime compiacimento, ma al contempo si pongono condizioni e si fanno precisazioni. Come ha immediatamente riportato il quotidiano Masry al-Yom, Ahmad al-Tayyeb ribadisce che il messaggio di al-Azhar, che rappresenta tutti i musulmani al mondo, è il rispetto di tutte le religioni rivelate, la tutela della dignità umana e dei sommi precetti del Santo Corano e della tradizione islamica, l’invito a questo progetto di moderazione e alla saggezza e ai buoni intenti.

Ultimo, ma non meno importante al-Tayyeb avrebbe detto, ed è questa la frase che è stata più ripresa dalla stampa araba, che «parlare dell’islam in modo negativo rappresenta la linea rossa». Riassumendo, il Grande Imam afferma di essere il rappresentante di tutti i musulmani, nella consapevolezza di non poterlo essere perché l’islam non prevede un’autorità, simile al Papa, bensì il rapporto diretto tra l’uomo e Dio senza alcun intermediario. L’uso dell’aggettivo “tutti” è quindi errato sia da parte dell’istituzione islamica sia da parte di padre Bakhoum. Se esprimere affetto nei confronti di tutti i musulmani rientra appieno nel concetto di amore cristiano, la stima ritengo vada rivolta alla maggior parte dei musulmani, ma non a coloro che in nome dell’islam commettono crimini e non rispettano la sacralità della vita.

A prescindere dalla concezione della sacralità della vita che sappiamo essere diversa nell’islam, la risposta del Grande Imam conduce a una ben più importante riflessione quando afferma che l’islam rispetta tutte le religioni rivelate ovvero cristianesimo ed ebraismo. Ma che ne è delle altre? Che ne è di chi abbandono l’islam? Che ne è della comunità bahai egiziana? Che ne è del buddismo? Ogni dubbio e ogni interrogativo si dilegua alla lettura di un titolo comparso il 19 settembre sul quotidiano arabo internazionale Asharq al-Awsat che recita come segue: “L’articolo tre apre la via a divergenze tra al-Azhar e la Chiesa in Egitto”. Nei giorni scorsi il papa copto Tawadros, unitamente ai rappresentanti delle chiese cattoliche ed evangeliche in Egitto, aveva espresso alla Commissione dei Cinquanta, preposta alla revisione della costituzione del 2012, la convinzione che “il testo attuale conducesse al settarismo”.

L’articolo 3 sancisce che “gli egiziani cristiani ed ebrei per le questioni concernenti lo statuto personale, le questioni religiose e l’elezione delle loro guide spirituali seguiranno i precetti dettati dalla loro religione”. La sola proposta di sostituire “cristiani ed ebrei”, quindi il riferimento esplicito alle religioni rivelate, con l’espressione “non musulmani” sta scatenando l’ira funesta di al-Azhar e dei rappresentanti dei partiti islamici. Una delegazione del partito salafita al-Nur si sarebbe recata mercoledì 18 settembre da Ahmed al-Tayyeb per avere conferma dell’appoggio dell’istituzione, e quindi dei suoi rappresentanti in seno alla Commissione dei Cinquanta, a mantenere inalterato l’articolo 3 poiché «la modifica con la dicitura “non musulmani” avrebbe aperto il varco alle religioni non rivelate». Al-Azhar, come riporta Asharq al-awsat, ha confermato la posizione a favore dello status quo. Anche il Mufti d’Egitto, Shawqi Allam, rappresentante di Al-Azhar in seno alla Commissione, ha riconfermato il proprio rifiuto delle modifiche proposte all’articolo tre.

Il dibattito qui appena accennato illustra chiaramente che nell’islam il concetto di apertura e rispetto dell’altro e, in modo particolare, delle altre religioni è limitato a quelle rivelate. E quando l’imam di al-Azhar ribadisce la “linea rossa” nel descrivere l’islam in modo positivo, ricorda altrettanto chiaramente che un dialogo con cristianesimo e ebraismo potrà esistere solo se questi ultimi rispetteranno certe regole e non supereranno limiti invalicabili. D’altronde quanti cristiani sono stati accusati di avere oltraggiato l’islam e sono stati denunciati, processati e condannati? Quanti cristiani sono stati uccisi, in Egitto e in Siria, da rappresentanti dell’estremismo islamico negli ultimi mesi?

Quando il 13 ottobre 2007 un gruppo di dotti islamici ha inviato alle principali autorità cristiane, primo fra tutti Papa Benedetto XVI, la lettera “Una parola comune” faceva riferimento e citava nell’incipit il versetto 64 della sura di ‘Imran: «Dì: O Genti del Libro! Venite a una parola comune tra noi e voi: che non adoriamo altri che Dio, e non associamo a Lui cosa alcuna, e che nessuno di noi scelga altri signori accanto a Dio. E se essi non accettano dite loro: Testimoniate che siamo coloro che si sono dati completamente a Lui». Ancora una volta i versetti che seguono ci spiegano il punto di vista islamico: «O gente della Scrittura, perché polemizzate a proposito di Abramo, mentre la Torâh e il Vangelo sono scesi dopo di lui? Non capite dunque? Ecco, già polemizzate su ciò che conoscete, perché dunque intendete polemizzare su ciò di cui non avete conoscenza alcuna? Allah sa e voi non sapete. Abramo non era né giudeo, né nazareno, ma puro credente e musulmano. E non era uno degli associatori. I più vicini ad Abramo sono quelli che lo hanno seguìto [così come hanno seguìto] questo Profeta e quelli che hanno creduto. Allah è il patrono dei credenti».

È evidente la critica, ma soprattutto la differenza di contenuti tra ebraismo e cristianesimo, da un lato, e islam dall’altro. È evidente che un dialogo potrà sussistere solo accettando le differenze intrinseche e quindi accentando talvolta le critiche. Il Grande Imam di al-Azhar sbaglia nel dare l’esempio, a maggior ragione se si vuole presentare come rappresentante dell’islam ufficiale, quando ribadisce di non accettare eventuali critiche né altre religioni che non siano quelle rivelate.

Ancora una volta sottolineo l’urgenza di un appello da parte di tutte le religioni volto alla tutela della sacralità della vita di tutti gli esseri umani, un appello contro ogni forma di relativismo perché l’essere umano ha una dignità a prescindere dalla religione di appartenenza. Questo Papa Francesco lo sa e lo dimostra quotidianamente. Al-Azhar che vuole il mantenimento dell’articolo 2 e 3 della costituzione e che accetta l’altro solo a determinate condizioni dovrebbe invece prendere esempio.