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TRIESTE

Il gioco gender contrario all'islam I multiculturalisti vanno in tilt

Trieste, il caso del "Gioco del rispetto", in cui maschi e femmine delle scuole materne sono invitati a conoscersi e scambiarsi di ruolo ha finito per coinvolgere anche la comunità islamica locale. Che, con un articolo su Civiltà Islamica, condanna l'iniziativa, già denunciata dal genitore Amedeo Rossetti. Giunta di sinistra in imbarazzo. Da che parte sta il multiculturalismo, adesso? 

Educazione 28_04_2015
Gioco del rispetto

E a Trieste alla fine è entrato in campo anche l’islam. Con un articolo pubblicato su www.civiltaislamica.it , l’autore Abu Ismail Morselli si colloca dalla parte di Amedeo Rossetti, il genitore che per primo si è opposto alla somministrazione del Gioco del Rispetto nelle scuole materne comunali di Trieste.

Nell’articolo intitolato Contro il Gioco del Rispetto. Una iniziativa importante, l’islam triestino dà il suo pieno appoggio all’opposizione contro questa manovra educativa. Certamente il Comune ne risentirà, perché finché sono i cattolici ad opporsi a certe cose si può anche soprassedere, anzi può diventare un titolo di merito, ma quando ci si mettono gli islamici le cose si fanno più difficili. Anche perché si sgonfia l’idea di una Giunta comunale che promuove il dialogo interculturale, che nasce e si fortifica invece non grazie ma contro il Comune. 

Da quando il Rossetti prese carta e penna per fare una cosa semplice come chiedere di essere informato da parte della scuola su progetti poco chiari, le cose si sono molto evolute. Il settimanale diocesano Vita Nuova ha promosso una analisi scientifica del Gioco del Rispetto, che ha riguardato anche le immagini contenute in uno dei suoi moduli – il Memory - immagini molto tendenziose e surrettiziamente ispirate all’ideologia gender. 

Anche il dibattito tra i genitori si è molto sviluppato e una scuola materna comunale ha deciso di uscire dal Gioco del Rispetto, rinunciando alla sua applicazione. Un segnale importante perché tra i genitori l’esempio conta molto. Essi si sentono spesso soli e hanno bisogno di trovare fiducia in se stessi e di essere supportati. E’ per questo che stamattina si tiene in un locale triestino la conferenza stampa di presentazione del Comitato Genitori Trieste. I fondatori sono quattro genitori, tra cui anche un’insegnante, a cui in futuro potranno aggregarsi quanti vorranno dare una mano. Scopo del Comitato – come si legge dallo statuto – è di promuovere una cultura dell’educazione che rafforzi il protagonismo dei genitori. Naturalmente del Comitato fa parte anche Amedeo Rossetti. Da quanto ci risulta, la notizia ha già destato l’interesse di molti ed anche dalle città vicine sono arrivati segnali di interesse per la nuova iniziativa.

Il settimanale diocesano Vita Nuova aveva pubblicato un editoriale dal titolo E’ l’ora dei genitori. Le vicende triestine testimoniano che è proprio così. Sono bastati pochi genitori attenti e consapevoli per sollevare un caso nazionale e gettare l’amministrazione comunale nella confusione. Confusione che si può sperimentare anche in questi giorni. Il Comune ha distribuito ai genitori della scuola dell’infanzia I Cuccioli un modulo per l’adesione al Gioco del Rispetto. Ebbene, il modulo prevede solo la possibilità di dire di SI, manca l’opzione per il NO; nel modulo non si fa menzione di attività alternative, mentre la Vicesindaco Fabiana Martini aveva solennemente parlato di «organizzazione delle attività alternative per i bambini le cui famiglie si dichiareranno contrarie alla partecipazione dei loro figli a quest’attività»; infine il modulo non dà alcuna informazione sul Gioco ma ribalta l’obbligo di informazione sulle famiglie. Un modulo maldestro, secondo alcuni, volutamente manipolatorio per altri. I genitori, si sa, davanti ad un modulo della scuola tendono a compilarlo e a consegnarlo. Per dire di NO al progetto dovrebbero trattenerlo e non consegnarlo. La cosa appare poco rispettosa della libertà di ognuno di poter scegliere in modo fondato.

Il “caso” Trieste continua, quindi, e quando le cose si mettono in moto per una causa buona è difficile fermarle.