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IL FILM

Il Figlio sospeso, una denuncia sull'utero in affitto

l figlio sospeso tratta dello spinoso tema della maternità surrogata. Non denuncia, non giudica, si limita a narrare. Ma lo fa partendo dalla necessità evangelica che solo la verità ci farà liberi.

Vita e bioetica 16_03_2018

C’è in giro un film, Il figlio sospeso, che tratta dello spinoso tema della maternità surrogata o «utero in affitto» che dir si voglia. A dire la verità, senza prendere posizione, semplicemente narrando una storia. Il film sta passando in alcune sale italiane quasi in sordina, perciò merita almeno una segnalazione, anche perché è l’unica opera di fiction che affronta questo difficile argomento.

E’ stato ideato e prodotto da Egidio Termine, regista e attore palermitano, e si svolge per la maggior parte in Sicilia, proprio nella zona di Palermo, privilegiando i paesaggi mozzafiato della costa e delle scogliere del Monte Pellegrino. Il protagonista, Lauro, è convinto che suo padre, morto in un incidente domestico, abbia avuto a suo tempo una relazione con una donna diversa dalla moglie e che da questa relazione sia nato lui, Lauro. Ma, viaggiando e investigando, scoprirà che il padre non è stato affatto fedifrago.

Lui, Lauro, è nato, sì, dal ventre di un’altra donna, ma non si è trattato affatto di una tresca clandestina, no, c’era dietro un regolare contratto verbale. Il film si dipana lungo una serie di flashback proposti quasi senza soluzione di continuità, così da rendere talvolta poco agevole, allo spettatore, rendersi conto del piano temporale in cui ci si muove, se cioè è oggi o ieri. E ci si ritrova, un certo punto, col più classico degli intoppi in questo genere di cose: la donna «affittata», prima disponibile e volentieri consenziente, in corso d’opera cambia idea. A furia di sentir crescere quell’esserino nel suo ventre, a furia di sentirlo muovere, a furia – anche - di parlarci, lei si affeziona e non vuole più consegnare il «prodotto» ai committenti.

Il padre acquirente va su tutte le furie: il seme è suo, quel figlio gli somiglierà, come sopporterà di vederlo crescere in mani altrui? Ma poi ci pensa il destino a rimettere le cose a posto, cioè come erano state pattuite all’inizio. Non scendiamo nei particolari perché non è nostra intenzione raccontare tutta la trama del film, che alterna momenti drammatici a passaggi anche commoventi.

Solo intendiamo portare l’attenzione su una frase evangelica dalla quale è partito il regista: la verità rende liberi. Sì, ma solo se conosciuta. Ed è questo il motivo per cui Lauro, il protagonista, intraprende il suo viaggio sia nei luoghi fisici che in quelli della memoria. Suo è il presente, anche filmicamente parlando. Il passato appartiene invece alle due madri, entrambe, paradossalmente (ma non troppo, dato l’argomento) fittizie.

Il film non prende posizione, non denuncia, non giudica, si limita a narrare. Il protagonista vuole solo riappropriarsi della propria identità attraverso la conoscenza di una verità che riguarda la sua origine e che gli è stata taciuta. Solo quando avrà capito e riunito tutti i fili si sentirà libero e si renderà conto di aver vissuto fin lì come «sospeso».

-Il figlio sospeso, regia di Egidio Termine, con Paolo Briguglia, Gioia Spaziani, Aglaia Mora. Prodotto dalla Star e distribuito dalla Mediterranea Productions.