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PREMIO ALLA VITA

Il dr. Blaas e la Vergine che salva dall'aborto

In occasione della Marcia per la Vita si premiano alcune personalità distintesi per la cura alla vita nascente. Ed ecco Gianfranco Blaas, primario di Ostetricia, che ha piazzato nella sala d'attesa la ”Madonna del parto" di Piero della Francesca. Salvando vite.

Vita e bioetica 09_05_2013
Madonna del Parto

Anche quest’anno la Marcia per la Vita sarà preceduta da un importante convegno che si svolgerà l’11 maggio, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, con lavori mattutini e pomeridiani. Alla fine del convegno preliminare dell’11 maggio verranno premiate alcune personalità che si sono distinte nel prendersi cura della vita nascente, attraverso un’opera concreta, diretta, o attraverso l’attività culturale. Tra i premiati, su segnalazione del Mevd, c’è il dottor Gianfranco Blaas, ginecologo in pensione, già primario del reparto di ostetrica e ginecologia in un ospedale veneto. 

Sulla porta del suo reparto, il dottor Blaas al posto della scritta "Ostetricia e Ginecologia” aveva fatto apporre il titolo "Reparto dell'accoglienza". Obiettore lui e tutto il suo personale, dopo tante resistenze ha dovuto subire un abortista pendolare per effettuare gli aborti. In seguito, nel tentativo di frenare le uccisioni, con la collaborazione di tutto il personale ha collocato nella sala d'attesa di abortiste e partorienti una grande immagine (a tutta parete) della "Madonna del Parto" di Piero della Francesca. 

In questo luogo abortiste e partorienti potevano incontrare lo sguardo della Madonna (anche Lei, in fondo, mamma di un figlio “imprevisto”). Se questa immagine, per la sua serenità e semplicità, era un conforto per le partorienti, nelle donne che avevano deciso di uccidere il loro bambino suscitava un conflitto. Oltre a ciò il dr. Blaas, in collaborazione con la caposala, è stato uno dei primi ostetrici a mettere in atto la norma "parto in anonimato" salvando molti bambini e permettendo alle donne in seria difficoltà di dare ugualmente la vita, senza poi dover assumersi un peso ritenuto, a torto o a ragione, “impossibile”.