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IL BELLO DELLA LITURGIA

Il buon pastore che salva prefigurando la crocifissione

Sullo sfondo di un paesaggio idilliaco, collinare, addolcito da fiori, alberelli e cespugli dai colori particolarmente accesi, immersi in un fascio di luce, il pastore è seduto, circondato da sei pecorelle, tre per lato, di cui una si avvicina in cerca di una carezza. Si appoggia a un’alta croce, che, fungendo da vincastro, immediatamente rimanda al sacrificio di Gesù, così come il mantello, colore porpora, che allude alla Passione.

Cultura 21_04_2018

Il Buon Pastore, Ravenna- Mausoleo di Galla Placidia

 

“Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me” Gv 10, 14

Il Signore è il mio Pastore, non manco di nulla, dice Davide nel celebre salmo 23, mentre il profeta Ezechiele promette che Dio farà germogliare un pastore di Sua scelta, dopo essersi lamentato di quei pastori di Israele che, viceversa, sfruttano il gregge e  buoni di certo non sono. Ha radici veterotestamentarie l’immagine del Buon Pastore. E quando Cristo rivendica per Sé questo ruolo afferma e conferma, dunque, insieme alla Sua figliolanza divina la Sua identità messianica.

L’arte protocristiana eredita questa iconografia dall’immaginario pagano che la utilizzava, per lo più, sui sarcofagi alludendo alle virtù del defunto, presumibilmente dotato di mansuetudine e filantropia, piuttosto che richiamando il mito di Orfeo che con la sua lira ammansiva gli animali attorno a sé.

Il crioforo, fin dalle sue prime apparizioni sulle pareti delle catacombe, sulle lucerne o sulle lapidi sepolcrali, è un giovane fanciullo, bellissimo e imberbe, che indossa  calzari ai piedi e una corta tunica che lascia scoperta una spalla.  La lettura può essere duplice ed è sempre e comunque correlata all’infinito amore di Cristo per ciascun uomo. Gesù è Colui che salva ogni singola anima, soprattutto quelle perdute, e che dona Se stesso per ognuno di noi. In questo senso il Buon Pastore fu utilizzato come significante la Crocefissione nel tempo in cui i cristiani ancora non potevano esprimersi liberamente.

Egli può apparire isolato nella scena, piuttosto che insieme al suo gregge - le anime salvate - in un giardino dalla vegetazione rigogliosa, simbolo del Paradiso. E’ questo il caso del meraviglioso mosaico che decora la lunetta sovrastante l’ingresso del Mausoleo di Galla Placidia, eretto nella prima metà del V secolo in quel di Ravenna, una delle prime testimonianze di questo soggetto tradotto  in scala monumentale.

Sullo sfondo di un paesaggio idilliaco, collinare, addolcito da fiori, alberelli e cespugli dai colori particolarmente accesi, immersi in un fascio di luce, il pastore è seduto, circondato da sei pecorelle, tre per lato, di cui una si avvicina in cerca di una carezza. Si appoggia a un’alta croce, che, fungendo da vincastro, immediatamente rimanda al sacrificio di Gesù, così come il mantello, colore porpora, che allude alla Passione. La Sua tunica, però, è dorata, come si addice a un personaggio di cui si vuole sottolineare la regalità e la sacralità. Non così il cielo, come di solito accade: esso presenta, infatti, diverse tonalità di azzurro accentuando il carattere naturalistico della scena, ricca di particolari.

Naturalismo, dunque, ma anche ricerca della resa di volumi, attraverso il chiaroscuro, di spazialità – si osservi lo scorcio, per esempio, della posizione dei piedi del Cristo – e di dinamismo, suggerito dai movimenti lenti e solenni delle figure.  Galla Placidia fu imperatrice romana e, soggiornando spesso a Costantinopoli, è probabile che abbia coinvolto nella realizzazione dei mosaici maestranze bizantine. E’ altresì verosimile che a queste si affiancarono anche artisti di altra provenienza, considerando la plasticità delle figure che si allontanano, qui, dalla ieraticità dello stile bizantino.

E’ interessante notare come tutti gli animali rappresentati, pur essendo tra loro simili, si atteggino in modo diverso nei confronti del Cristo, verso cui rivolgono la testa. Siamo noi fedeli cui il Buon Pastore rivolge il Suo sguardo ieratico, rivelando, infine, la Sua natura divina e trascendente.