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Chiesa

I vescovi sul volontariato, ma manca la Dottrina sociale

Nella dichiarazione finale di Poznań sulla solidarietà in Europa manca un richiamo a formare i volontari alla Dottrina sociale della Chiesa: sarebbe stato necessario perché il volontariato è un fenomeno interessante, ma non tutte le sue forme sono valide

Dottrina sociale 19_09_2018

Si è appena concluso a Poznań, in Polonia, l’incontro dei presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa che aderiscono al CCEE, il Consiglio che raccoglie gli episcopati dell’intero continente. I prelati sono stati ospiti per tre giorni, dal 13 al 16 settembre, del primate di Polonia e arcivescovo di Poznań, Stanisław Gądecki. Il tema centrale dell’incontro è stato la solidarietà in Europa e alla fine delle tre giornate è stata pubblicata una dichiarazione finale (vedi qui).

Si sa che non si può chiedere molto a queste dichiarazioni finali che, di solito, hanno un carattere piuttosto formale. Circa la sostanza dell’incontro, vale a dire la solidarietà in Europa, i Vescovi ringraziano i moltissimi cristiani che si impegnano nel volontariato: “Il volontariato muove milioni di cristiani in Europa e si presenta come un fenomeno corposo e capillare, capace di intercettare, con singolare dinamismo caritativo, i tanti poveri ed emarginati che sono presenti nelle nostre società opulenti. […] Ai cristiani impegnati nel volontariato - da quello organizzato a quello più spontaneo, da quello strutturato a quello più occasionale - vogliamo far giungere la nostra vicinanza, il nostro incoraggiante sostegno, la nostra gratitudine”. Come ripeto: una dichiarazione finale non può dire molto, tuttavia sarebbe forse stato utile almeno un accenno al fatto che il volontariato cattolico dovrebbe essere guidato dalla Dottrina sociale della Chiesa. Anche in questo caso, invece, si è puntato solo sulla carità che però, se non bene orientata, corre il rischio talvolta di produrre effetti negativa: non bastano le buone intenzioni e non tutte le forme di volontariato sono da considerarsi valide.

Nel caso dei fenomeni immigratori abbiamo visto tante forme di volontariato internazionale che erano interessate e non caritatevoli. Molte espressioni del volontariato sono agganciate a interessi politici da cui trovano i finanziamenti. In qualche caso il volontariato svolge compiti che competerebbero ad altri soggetti, sociali o istituzionali. In altri ancora il volontariato è adoperato dalle stesse istituzioni come cuscinetto che offre flessibilità e che impedisce però alle istituzioni stesse di migliorare e articolarsi meglio, tanto c’è il volontariato che supplisce. I cristiani sono impegnati in molte forme positive di volontariato, ma qualcuno anche in forme moralmente negative: la lotta all’Aids con strumenti moralmente non accettabili, le lotte per i “diritti” Lgbt, forme di ambientalismo non bene impostate dal punto di vista antropologico.

In altre parole, il volontariato è un fenomeno interessante, ma non è esente da ambiguità. Per questo ha bisogno di essere impostato in modo consapevole e chiaro, non sulla base di una generica spinta alla solidarietà. Inoltre esso è prima di tutto un fenomeno sociale, ma è anche un fenomeno politico, nel senso che le associazioni di volontariato dovrebbero essere interlocutrici del potere politico locale e nazionale per studiare soluzioni ai problemi. Non è la prima volta che dal volontariato escono vocazioni politiche. Allora, a maggior ragione, c’è bisogno non solo di “fare”, ma anche di avere una visione complessiva delle cose compatibile con la retta ragione e con la dottrina cattolica.  

Per tutti questi motivi, sarebbe stato opportuno che nella dichiarazione finale di Poznań ci fosse stato un seppur minimo richiamo alla necessità di formare i volontari alla Dottrina sociale della Chiesa.