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SECAM

I vescovi mettono il dito nelle piaghe d'Africa

Problemi di malgoverno, conflitti etnici e religiosi, povertà, avidità, egoismo, sfruttamento delle risorse e distruzione dell’ambiente: questi sono i principali mali che impediscono all'Africa di sviluppare. E costituiscono un'emergenza educativa.

Esteri 17_07_2013
Kinshasa

Si è svolta dall’8 al 14 luglio a Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo, RDC, la XVI Riunione Plenaria del Simposio delle Conferenze Episcopali d’Africa e Madagascar (SECAM). L’organismo, ideato durante il Concilio Vaticano II, è espressione della volontà dei vescovi cattolici africani di creare una struttura continentale unificante, in grado di superare le differenze linguistiche, culturali e storiche tra i rispettivi paesi. Approvato nel 1968, il Simposio si era riunito per la prima volta in occasione della visita di Papa Paolo VI in Uganda nel 1969.

La Riunione Plenaria di quest’anno, dedicata al tema “La Chiesa famiglia di Dio in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”, ha visto la partecipazione di sette cardinali e di 125 vescovi e segretari regionali di tutte le conferenze episcopali nazionali e regionali del continente, impegnati nella formulazione di nuovi orientamenti pastorali per la riconciliazione tramite il Vangelo. Il documento finale dell’incontro contiene una severa critica ai dirigenti africani “indifferenti alla miseria dei loro fratelli” insieme all’auspicio che sappiano in futuro “lavorare al bene comune invece che servire i propri interessi” e all’invito a tutti gli africani a “impegnarsi urgentemente nella lotta per un giusto ordine sociale dove tutti possano godere dei diritti connessi alla loro dignità umana”.

Monsignor Louis Portella-Mbuyu, vescovo di Kinkala, una diocesi della Repubblica del Congo, aveva anticipato i contenuti del documento finale nel proprio intervento sostenendo che invece di politici il cui “scopo fondamentale è l’accumulo di ricchezze a qualsiasi prezzo e la corsa sfrenata alla conquista del potere” l’Africa ha bisogno “di buoni samaritani in grado di pensare al bene comune in campo politico e sociale” e di gestire e amministrare le risorse nazionali “per la felicità di tutti i loro fratelli e sorelle senza alcuna eccezione”: l’attenzione al bene comune – ha spiegato Monsignor Portella-Mbuyu – richiede che i leader politici ed economici “sappiano gestire la ricchezza e il potere non per se stessi, ma per i loro fratelli e sorelle, con l’orgoglio di portare il benessere a tutti”.

Duro e pressante è stato poi il discorso, riportato in l’Italia da Radio Vaticana, del cardinale tanzaniano Polycarp Pengo, presidente del Simposio dal 2007, in cui il porporato ha esortato i governi africani a moltiplicare gli sforzi per creare strutture sociali eque e giuste, a favore di uno sviluppo umano integrale, e ha evidenziato decenni di fallimenti, annunciati ed evitabili: “se guardiamo indietro agli ultimi 50 anni di indipendenza politica del continente, troviamo in gran parte una storia di sfide economiche e socio-politiche” compromesse da “problemi di malgoverno, conflitti etnici e religiosi, povertà, avidità, egoismo, sfruttamento delle risorse e distruzione dell’ambiente”.

I vescovi cattolici hanno espresso preoccupazione soprattutto per la situazione di alcuni paesi: RDC, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Mali, Egitto, Tunisia, Sud Sudan, Madagascar, Uganda, Rwanda e tutto il Corno d’Africa. Un appello è stato lanciato in particolare affinché si trovi una soluzione che ponga fine alla guerra che ormai da due decenni imperversa nell’est dell’RDC, responsabile di oltre sei milioni di morti, un numero praticamente incalcolabile di profughi e sfollati, infiniti abusi e atrocità. La eco delle parole dei vescovi riuniti a Kinshasa non si era ancora spenta che proprio dall’est della RDC, dalla provincia del Nord Kivu, giungeva notizia di un intensificarsi dei combattimenti tra esercito e alcuni dei gruppi armati attivi in quella regione. Attorno alla capitale Goma gli scontri tra esercito e il movimento M23 in poche ore hanno provocato più di 130 vittime tra i contendenti e la fuga disperata di migliaia di civili. Accresce la preoccupazione la notizia già più volte rilanciata dall’agenzia di stampa missionaria MISNA e di recente confermata dallo stesso governatore regionale Julien Pakula che dei terroristi somali Al Shabaab si sono uniti ad almeno uno dei movimenti armati del Nord Kivu, le Forze democratiche alleate, originarie del vicino Uganda.

In effetti il continente africano, benché favorito da una buona crescita del PIL, attraversa una fase difficile caratterizzata da un moltiplicarsi di crisi politiche e di conflitti etnici e religiosi che in misura e modalità diverse interessano circa i due terzi dei paesi. In Kenya, ad esempio, uno dei paesi più stabili del continente, benché vi sia stata scongiurata una crisi molto temuta in occasione delle elezioni generali di marzo, dall’inizio dell’anno i conflitti interetnici, per lo più per il controllo di pascoli e sorgenti e in seguito a razzie di bestiame, hanno tuttavia causato quasi 200 morti e oltre 50.000 sfollati. Per contribuire alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace, i vescovi cattolici del SECAM hanno concordato un piano strategico per il periodo dal 2013 al 2018 che prevede progetti in materia di buon governo, formazione alle pratiche democratiche e al bene collettivo: siamo intenzionati a dare segnali forti – assicurano i vescovi – adesso spetta a ogni Conferenza episcopale elaborare degli interventi specifici”.