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PAOLO PRETI

I veri imprenditori non aspettano notizie sul DEF

Quale sarà l'effetto del nuovo ottimistico Documento di Economia e Finanza del governo Renzi sui piccoli e medi imprenditori? Il professor Paolo Preti ci spiega che l'imprenditore vede le manovre economiche e finanziarie come fossero il bilancio di un'altra grande azienda (lo Stato) e non attende le notizie sulle manovre. Ed è una buona notizia.

Economia 29_09_2016
Matteo Renzi e il ministro Padoan

Il Documento Economia Finanza aggiornato questa settimana dal governo Renzi, ha limiti e slanci di un ottimismo forse esagerato, come abbiamo già visto su queste colonne assieme all’economista Veronica De Romanis. Cosa potrebbero pensarne i piccoli e medi imprenditori? Quali sono le loro aspettative di fronte a una manovra finanziaria di cui si sa già che non abbasserà la pressione fiscale e però promette una ripresa della crescita (almeno un +1% del Pil)? La Nuova Bussola Quotidiana ne parla con il professor Paolo Preti, docente di Organizzazione Aziendale presso l’Università della Valle d’Aosta e direttore del Master piccole imprese della Sda Bocconi di Milano. “I provvedimenti macro-economici, se riferiti alla singola piccola/media impresa, generano pochissime conseguenze. Non preoccupano, né incentivano le azioni dell’imprenditore”.

In che modo la politica ha un impatto diretto sulla piccola e media impresa italiana?

Sono più utili altri provvedimenti, come quello inserito nella Legge di stabilità con cui viene prorogato l’ammortamento di un anno al 140%. Se compro un macchinario che vale 100, posso ammortizzarlo per 140. E questo mi permette un discreto recupero di liquidità. Si prevede un ammortamento ancora più alto, laddove l’investimento in tecnologia è “innovativo”. Certo, poi si deve dimostrare cosa si intenda per “innovativo” (il solito problema dell’Italia…), ma il principio è giusto: se tu, imprenditore, investi in un macchinario innovativo, noi ti permettiamo di ammortizzarlo a più del doppio del suo valore. E’ utile anche l’abbattimento dell’Ires, la tassa sui redditi di impresa, che passa dal 27,5% attuale al 24%, oltre al nuovo regime della tassazione per cassa, cioè sulle fatture effettivamente incassate. Provvedimenti di questo tipo, che non mettono soldi freschi sul tavolo, ma permettono alle imprese di avviare una politica di innovazione, mi sembrano molto più utili per la singola piccola-media impresa rispetto che al Def. Un imprenditore ascolta queste notizie sulla politica macro-economica, come il Def, come se riguardassero un’altra grande impresa, chiamata Stato. Difficilmente si vedono le sue conseguenze pratiche nella vita di tutti i giorni di un’impresa.

Un aspetto che impatta sulla vita di tutti i giorni, però, è quello della pressione fiscale…

Su questo tema, si sono sprecate tante parole per nulla e tanto ottimismo solo di facciata. Si parla da sempre di ridurre l’aliquota dell’Irpef, per i redditi dei singoli cittadini, ma prima del 2018 non si farà alcun taglio. Per altro, se anche (e parlo dell’Irpef, ma un discorso analogo va fatto sulle tasse sulle imprese) venisse annunciata oggi una riduzione dell’aliquota dell’1%, da qui al 2018, sicuramente si va nella direzione giusta, ma l’impatto sul singolo imprenditore è minimo. Perché il problema è che lo Stato ragiona per aggregati, e non può fare altrimenti. Allo Stato interessa la somma finale di quante tasse raccoglie da decine di milioni di italiani e già una differenza dell’1% fa molto. Ma per il singolo cittadino, un 1% di tasse in meno da pagare fra due anni è quasi una cifra irrisoria. Occorre ricordarlo sempre quando si parla di tagli alle tasse: ogni riduzione è troppo agli occhi dello Stato, troppo poco a quelli del singolo cittadino.

Il problema è anche che non si possono abbassare le tasse finché non hanno copertura...

Sì, oppure finché non riparte la crescita. Perché se l’economia riprendesse a crescere, anche il problema dell’Iva sarebbe risolto. L’aliquota dovrebbe scattare di 1 punto (in più, ndr) da gennaio e viene continuamente rimandata, ma finché non riparte l’economia, dunque finché non aumenta il flusso di entrate fiscali, è difficile che possa essere ridotta. Ma che l’economia riparta, nonostante quel che dice Renzi, mi sembra ormai difficile: ogni anno le previsioni devono essere corrette al ribasso.

E quindi, se non riparte l’economia? Come si potrebbe coprire la riduzione delle tasse?

Il taglio della spesa dovrebbe, invece, essere un’operazione più semplice. Tecnicamente semplice. Ma politicamente difficilissimo. La spesa dovrebbe essere ridotta in modo consistente, ma se si vanno a toccare i suoi capitoli più importanti, inevitabilmente vengono tagliati i servizi fondamentali ai cittadini, come la sanità. Comprensibilmente questo creerebbe maggior malessere sociale. Tagliare le spese della politica non ha alcun impatto sui servizi ai cittadini, ma francamente mi sembra inutile. Più che altro sarebbe un gesto simbolicamente rilevante, ma abolire qualche centinaio di senatori non porta molto alle casse dello Stato. Le spending review, che sono gli studi su cosa e dove tagliare, si avvicendano con responsabili diversi: un professore, un uomo pratico, un uomo delle aziende, uno della politica… nessuno di loro ha funzionato. Oggi non c’è alcun vero responsabile della spending review, se non, in parte, il responsabile economico del Pd Yoram Gutgeld. Si continua a far qualcosa per la spesa pubblica, ma intanto aumenta. Da questa settimana si torna poi a parlare del progetto del ponte sullo stretto di Messina: nulla di nuovo, se ne parla dai tempi del governo Craxi, ma comunque è sempre nuova spesa pubblica.

Stando alle analisi più diffuse, sembrerebbe quasi che basti ottenere maggior flessibilità dell'Ue sul deficit per far ripartire l’economia…

Lo ribadisco: l’imprenditore della piccola e media impresa non è in attesa di sapere cosa farà l’Europa o quale sarà la prossima manovra prima di decidere cosa fare. E per fortuna. L’imprenditore, se è bravo, agisce in base alle sue idee e le realizza. Spera, semmai, che la politica lo lasci lavorare e lo sostenga. Ma anche se così non fosse, l’imprenditore valido va dritto per la sua strada. Ci impiegherà più tempo, con risultati inferiori, ma andrà avanti. L’imprenditore, ormai, ascolta queste notizie con distrazione. Ed è un bene che sia così, perché l’impresa è gestita bene dall’imprenditore e non dal governo. Io dico sempre che lo Stato può realizzare al meglio la sua politica industriale togliendo ostacoli, lacci e lacciuoli all’imprenditore.