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TEATRINI POLITICI

I Renzi e la “giustizia a orologeria”. Che qui non c’è

Gli arresti domiciliari per i genitori di Matteo Renzi, accusati di aver emesso fatture per operazioni inesistenti o gonfiate, hanno fatto riesplodere la polemica sul rapporto tra magistratura e politica e c’è chi è tornato a parlare di “giustizia a orologeria” volta a colpire il figlio. Ma non sembra questo il caso, visto che l’ex premier è oggi un politico già molto ridimensionato.

Politica 20_02_2019

L’arresto dei genitori di Matteo Renzi fa riesplodere la polemica sul rapporto tra giustizia e politica. Non se ne sentiva il bisogno, visto e considerato che il Paese è già attanagliato da tante emergenze e che l’apparente stabilità politica in realtà sta facendo sprofondare il Paese in tutte le classifiche sulla crescita. C’è chi anche questa volta torna a parlare di “giustizia a orologeria” e chi, invece, sottolinea che tutti, anche i politici, e i genitori dei politici, sono uguali di fronte alla legge.

Sessantacinque fatture per operazioni inesistenti o gonfiate, per una cifra totale di 724.946 euro, come riferisce Repubblica: è questo il “conto” che i magistrati di Firenze hanno presentato a Tiziano Renzi e Laura Bovoli, considerati gli amministratori di fatto della Marmodiv, una cooperativa che sarebbe stata utilizzata dai due per “alleggerire” la propria società Eventi6 dagli oneri previdenziali e fiscali. Marmodiv, a sua volta, sarebbe nata dalle spoglie di un’altra cooperativa con gli stessi fini: si tratta della Europe Service, che ha cessato la sua attività nel maggio-giugno 2012.

Secondo quanto si legge nell’ordinanza che ha stabilito gli arresti domiciliari per i genitori dell’ex presidente del Consiglio, «qualche mese dopo, Piergiovanni Spitieri (in precedenza amministratore della Europe Service, nda) diviene amministratore unico della Marmodiv, avente lo stesso oggetto sociale della Europe Service, e divenuta nel giro di poco tempo il maggior prestatore di servizi su Firenze della Eventi6». Ma secondo la procura fiorentina i veri amministratori di quelle società erano Tiziano e Lalla, che potrebbero inquinare le prove e quindi meritano gli arresti domiciliari.

Il più in imbarazzo è ovviamente il figlio Matteo, che da una parte dichiara di aver fiducia nella magistratura, ma dall’altra insinua il sospetto di una giustizia politicizzata che avrebbe lui come bersaglio: «Chi ha letto le carte e ha un minimo di conoscenza giuridica sa che privare persone della libertà personale per una cosa come questa è abnorme. Non mollo di un solo centimetro... Se qualcuno pensa di fermarmi, non mi conosce. Non ci conosce». E aggiunge: «Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. I miei genitori, come tutti, hanno diritto a un processo giusto e spero rapido. Non grido ai complotti: chiedo che i processi si facciano nelle aule dei tribunali e non sul web o nelle redazioni dei giornali. Noi aspettiamo le sentenze, ma le sentenze si pronunciano in tribunale e non nelle piazze populiste. Anche se in tanti cercano parole di consolazione, io conosco la verità che nessuno vuole dire: se non avessi fatto politica, oggi i miei genitori non subirebbero questo».

Sembra di riascoltare le parole di Silvio Berlusconi contro i giudici, colpevoli secondo lui di volergli far pagare la sua discesa in campo. Al di là di come la si pensi, però, le due vicende sono molto diverse. Nel caso del fondatore di Forza Italia l’accanimento di certe procure è stato ammesso perfino dai suoi avversari politici, con particolare riferimento a processi come quelli su Ruby e le “cene eleganti”. Qui invece si parla di fatti ascritti ai genitori dell’ex sindaco di Firenze, non direttamente a lui. Inoltre, e questo particolare non può passare inosservato, quella che secondo alcuni è stata una vera e propria “persecuzione giudiziaria” ai danni di Silvio Berlusconi si è consumata soprattutto quando lui era al potere (al governo o come capo dell’opposizione) e quindi esisteva il ragionevole sospetto che certe toghe politicizzate volessero sovvertire giudiziariamente la volontà popolare. La disinvoltura con cui in anni passati certi magistrati sono scesi nell’agone politico o hanno assunto, anche attraverso interviste pubbliche, posizioni ideologicamente molto ben connotate può finire per avvalorare quel sospetto.

In questo caso nel ciclone di un’inchiesta e come bersaglio di una misura cautelare ci sono i genitori di un personaggio politico già oggi molto ridimensionato. È un semplice senatore che non ricopre altri incarichi né al governo né nel suo partito e che ha già fatto sapere che non intende candidarsi alle europee né alla segreteria del Pd. Dunque, cui prodest? Perché mai la procura di Firenze dovrebbe avercela con lui? I fatti descritti nei fascicoli dell’inchiesta appaiono inquietanti, anche se bisogna rispettare la presunzione di innocenza, sancita all’articolo 27 della Costituzione e sospendere il giudizio.

Forse gli arresti domiciliari per i genitori di Matteo verranno presto revocati, ma in situazioni così gravi è giusto accertare tutte le eventuali responsabilità e sanzionarle. Chi difende i coniugi di Rignano fa tuttavia notare che, se il gip ha atteso quattro mesi per autorizzare la richiesta di arresto, evidentemente le esigenze cautelari e i pericoli di inquinamento delle prove non apparivano così pressanti.

Si vedrà. Intanto, però, parlare di accanimento anti-Renzi appare eccessivo. Non sembra pertinente neppure il riferimento a una presunta giustizia a orologeria: considerato l’ormai netto declino politico di Matteo Renzi, la spallata dei giudici sarebbe comunque arrivata fuori tempo massimo.