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GILET GIALLI

I messicani sfidano Amlo, il volto triste della sinistra

Andrés Manuel López Obrador, soprannominato Amlo, il primo presidente di sinistra da 89 anni, viene sfidato dalla piazza dopo sei mesi di governo. I manifestanti, che indossano il gilet giallo alla francese, lo accusano di essere troppo vicino alle dittature di Cuba e Venezuela e di aver aperto le frontiere a ogni tipo di immigrazione

Esteri 27_06_2019
Lopez Obrador (Amlo)

Lo scorso 1° dicembre e dopo 89 anni di governi del centrodestra, Andrés Manuel López Obrador, soprannominato Amlo, si è insediato come primo presidente di sinistra della nazione ispanofona più popolata al mondo, a seguito della schiacciante vittoria elettorale del 1° luglio 2018 con più del 53% dei voti. Secondo il Presidente, la sua doveva essere la quarta trasformazione del Messico: “D'ora in poi verrà attuata una trasformazione pacifica e ordinata, ma allo stesso tempo profonda e radicale, perché metterà fine alla corruzione e all'impunità che impediscono la rinascita del Messico…”, ha promesso alla folla il giorno del suo insediamento.

E dopo 6 mesi al governo, i gilet gialli insorgono contro Lopez Obrador. Da qualche mese sono attivi contro il governo e marceranno per la quarta volta domenica 30 giugno contro quello che descrivono come “il peggior errore elettorale”; proprio alla vigilia dell’atteso messaggio del Presidente in occasione dei festeggiamenti per il primo anniversario della sua elezione, protesteranno contro “la morte” del Paese e per promuovere l’uscita del “dittatore”.

Ma perché il popolo messicano protesta contro Amlo? Per capire cosa accade in Messico, serve fare una radiografia del Paese, prendendo spunto dal video, diventato virale, che spiega i motivi della manifestazione. La prima preoccupazione è l’evidente vicinanza ideologica di Amlo con i governi dittatoriali di Venezuela e Cuba. Già lo scorso 5 maggio migliaia di gilet gialli erano scesi in piazza a Città del Messico, urlando “traditore, traditore!” contro il Presidente; durante la manifestazione è stato accusato di “promuovere l'aborto”, imporre un'educazione “socialista” e di esercitare un'amministrazione “statalista” simile a quella che ha portato tanta miseria e dolore a Paesi come Cuba e Venezuela.

Infatti, i gilet gialli messicani sono contro lo statalismo di Amlo.  Lo stesso statalismo che in passato (durante gli anni 1970-1988) ha portato il Messico verso la recessione, l’iperinflazione, la disoccupazione e la miseria. Dunque, scendono in piazza contro la deriva dittatoriale in cui è immerso il Paese: “Per il discorso ostile del Presidente contro gli imprenditori, per l’aumento degli stipendi attraverso decreti e la promozione del sindacalismo di scontro. Per la distruzione della riforma energetica che permetteva un accesso più economico all’energia, per restaurare i monopoli della petrolifera statale Pemex, per i tagli ai programmi pubblici destinati all’attenzione sociale, per la distruzione della riforma educativa e per la promozione dell’indottrinamento ideologico dei giovani. Per l’istituzionalizzazione della corruzione, con l’abolizione degli appalti pubblici l’assegnazione dei contratti ai suoi alleati politici. Perché attacca la libertà di stampa mediante l’intimidazione contro i giornalisti e gli opinionisti critici, perché non rispetta la separazione dei poteri pubblici e perché viola sistematicamente la Costituzione”, hanno elencato nel video.

Lopez Obrador ha lasciato la strada della moderazione per intensificare il suo stile di “caudillo” populista. Lo ha confermato l’editoriale della testata messicana online La Tercera: “Tuttavia, dopo un anno e mezzo dal suo arrivo al governo, invece di continuare su quella via di moderazione, il Presidente ha approfondito il suo stile di caudillo, suscitando preoccupazione per la direzione che il suo governo può prendere”. Di conseguenza “non solo ha ignorato i contratti concordati per la costruzione di un nuovo aeroporto a Città del Messico - i cui lavori erano già in parte avanzati -, ma ha anche aggiudicato oltre il 70% dei contratti direttamente, senza appalti pubblici, e ha bloccato la riforma energetica approvata nel precedente governo, che cercava di introdurre una maggiore concorrenza nel settore. A ciò si aggiunge una crescente concentrazione di potere nel processo decisionale che, come ha avvertito Mario Vargas Llosa in un recente commento, rivela un atteggiamento autoritario che lo ha portato in alcune occasioni a fare a meno delle strutture legali”.

Al tempo stesso il Messico ha raggiunto livelli record di violenza. Parliamo di 14.133 omicidi da gennaio a maggio, di cui il 70% con armi da fuoco. Tra gennaio e maggio la Procura ha aperto 12.031 fascicoli per omicidio, registrandone la quantità più alta nello stesso periodo dall’anno 1997. Soltanto a maggio ci sono state 2.890 morti violente, con una media di 93 al giorno e 4 assassinati ogni ora, secondo dati del Sistema Nazionale di Sicurezza Pubblica (Sesnsp).

Amlo aveva promesso che le cose sarebbero cambiate, invece sono peggiorate. “Questo cambio di governo è avvenuto in un momento in cui il Messico affronta problemi molto gravi di sicurezza pubblica. Negli ultimi 12 anni circa 270mila persone sono state uccise. Gran parte della repubblica messicana ha problemi di sicurezza, problemi di furti, rapimenti, tratta di esseri umani e questo clima di insicurezza è stata una delle principali forze trainanti del cambiamento nelle ultime elezioni del 1° luglio”, ha spiegato alla Nuova BQ il giornalista Pascal Beltran del Rio, il direttore del giornale Excelsior.

Un altro problema sono le milizie private al soldo dei gruppi criminali. Il Presidente del Consiglio Cittadino per la Sicurezza Pubblica e la Giustizia Penale, José Antonio Ortega, ha spiegato che “queste milizie operano impunemente e non sono state indagate, perseguite o punite da alcuna autorità. Loro combattono tra le cellule criminali o le cellule criminali contro l'autorità, sennò in alcuni casi iniziano a rapire, a ricattare, a rapinare persone che non hanno nulla a che fare con il crimine organizzato”.

Una violenza che nel 2018 ha toccato perfino i cittadini italiani. Alberto Villani è stato ucciso lo scorso aprile 2018 a Morelos. A settembre 2018, Paolo Prato è stato trovato morto e fatto pezzi a Puebla e, a novembre scorso, è stato trovato ucciso Alessandro De Fabbio con un colpo di pistola in Zacatecas. Ma il caso più clamoroso è quello dei tre napoletani scomparsi a Jalisco il 31 gennaio 2018: Raffaele Russo, Antonio Russo e Vincenzo Cimmino. Si sa soltanto che sono stati venduti dalla polizia municipale di Tecalitlán al cartello “Jalisco Nueva Generación”. Secondo Ortega “la polizia nella maggior parte del paese è corrotta, c’è impunità, mancanza di preparazione e non abbiamo né a livello federale, né a livello statale, né a livello comunale una polizia che risponda agli interessi della società civile. Non intervengono, non investigano, non fanno il loro lavoro”.

E l’accusa più importante è l’inefficiente gestione dell’ondata di migranti centroamericani. Mentre qualche mese fa aveva aperto le frontiere e promesso lavoro a tutti i migranti centroamericani, ora il Presidente ha ordinato lo stop ai finanziamenti pubblici alle Ong pro-migranti, per assegnare la gestione diretta dello Stato 18 strutture ricettive per richiedenti asilo finora amministrate da enti privati. Evidentemente il leader di sinistra dice una cosa e poi ne fa un’altra, ma per i gilet gialli la politica migratoria di Amlo viola il quadro giuridico e istituzionalizza la perdita del controllo dei confini, mettendo il Messico in scontro aperto contro gli Stati Uniti, storico alleato commerciale del Paese.

Sono tanti i motivi che portano i gilet gialli messicani a scendere in piazza. Il 30 giugno si concentreranno presso il Monumento alla Rivoluzione per commemorare quello che loro hanno chiamato “il primo anniversario della morte del Messico”. “Sarà alla vigilia del 1° luglio, quando il Messico sarà morto, ma andremo con i fiori bianchi, perché siamo convinti che dobbiamo cacciare il dittatore”, ha sottolineato alla stampa locale Alejandra Morán, membro dei gilet gialli messicani.