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L'INIZIATIVA DI SILVANA DE MARI

Giornalisti per la vita, combattere per la cosa più carina

"Molte mie dichiarazioni alla scorsa Marcia per la vita sono state raccolte e, ovviamente un po’ distorte, non molto quel tanto che basta per cambiare il significato. Ecco perché credo nella nascita di una nuova associazione: Giornalisti per la vita". Parte dalla Nuova BQ la nuova campagna di Silvana De Mari. 

Editoriali 27_05_2019

Sabato 18 maggio con grandissima gioia ho partecipato a Roma alla Marcia per la vita. Molte mie dichiarazioni sono state raccolte e, ovviamente un po’ distorte, non molto quel tanto che basta per cambiare il significato.

La frase che l’aborto è un assassinio e le donne assassine dei loro figli non l’ho mai detta. Quello che ho detto, e di cui mi assumo la responsabilità, e che l’aborto è un suicidio differito. La donna uccide una parte di se stessa, uccide la propria progenie, uccide la propria proiezione nell’eternità.

L’aborto è un crimine di assassinio, e l’assassino è la società. La nostra è una società nichilista, una cultura di morte. Noi siamo una cultura di morte. Molte donne nella prima fase della gravidanza, credono di non volere il bambino. La volontà umana non è un monolite in mezzo a una pianura, ma è un riflesso di luce sull’acqua. Cambia in continuazione. Ci inscriviamo una facoltà e poi la lasciamo per andarcene un’altra. Giuriamo a qualcuno che lo ameremo fino alla fine dei nostri giorni e dopo quattro minuti siamo già da un’altra parte.

Il matrimonio può essere rotto in qualsiasi istante perché tutti sappiamo che la volontà umana cambia. Ci spiegano che il genere è fluido: oggi femmina, domani maschio, dopodomani chissà. L’unica volontà presa sul serio è la volontà di morte. Durante gli anni di Pronto Soccorso, come ogni medico, ho fatto lavande gastriche a persone che si erano avvelenate per propria volontà, ricucito ferite volontariamente autoinferte ed evitato la morte per dissanguamento di innumerevoli proprietari di vene tagliate. Gesti terapeutici tutti fatti su persone recalcitranti. Il 95% degli aspiranti suicidi non ripete il gesto: dopo pochissimo sono molto contenti di essere stati salvati.

Ora la legge del suicidio assistito costringere i medici a prendere sul serio gli aspiranti suicidi, anche se sappiamo che il 95% di loro cambierebbe idea se gliene diamo il tempo.  La loro volontà di morte diventa irreversibile, irrevocabile. Una delle pochissime cose certe in un mondo tutto incerto. Fluido. Anche la volontà di morte della madre incinta che non sa di volere il proprio bambino deve essere presa sul serio, eppure sappiamo che, dove l’aborto non sia possibile, oppure dove l’aborto sia stato eseguito con tecnica errata o incompleta, con sopravvivenza del feto, dopo sole poche settimane la volontà della madre è già cambiata e lei è felice di tenersi il suo bimbetto.

Facciamo prevalere la cultura della vita. Facciamo tutto il possibile perché le madri si rendano conto dell’enormità del gesto che stanno per commettere, diamo aiuti economici veri e importanti, riempiamo le cliniche, le sale d’aspetto di cartelloni con il faccino di un neonato e la scritta: Signora ci ha pensato bene? Se la donna trova dolorosa questa scritta è perché non ha nessuna voglia di abortire, e allora diamole la possibilità di non farlo. Innumerevoli donne che hanno abortito, mi hanno raccontato il loro atroce rimpianto, mi hanno detto la stessa frase: se in quell’ospedale avessi trovato una parola buona mi sarei fermata.

Per molte persone la parola aborto è un fonema, per molte persone l’aborto è una mestruazione mancata. L’aborto è orribile: un faccino pieno di sangue sconvolto dall’orrore e dal dolore, gambine e braccine smembrate. Facciamo vincere la vita, perché la vita è più carina della morte. Un bimbo che nasce è più bellino di un feto che finisce smembrato nel bidone delle garze sporche. La mamma non è un’ assassina, è una delle due vittime

Quello che ho detto è questo: "L’aborto è un suicidio differito. A commetterlo è una società intera che è diventata una cultura di morte. Le vittime sono due: il bimbo che finisce nel bidone delle garze sporche e la sua mamma. Ci vediamo l’anno prossimo alla prossima marcia della vita".

Per combattere nella vita esistono associazioni: i Giuristi per la vita, gli Universitari per la vita, i Medici per la vita.

Ora. Grazie a un’idea della giornalista Laura Borgognoni e mia nasce Giornalisti per la vita. In realtà l’idea è di Laura, io mi sono aggregata. La nostra mail è giornalistiperlavita@gmail.com.

Aspettiamo iscrizioni. Combattete con noi. Combattiamo per la cosa più carina che esista al mondo, un bimbetto con i suoi occhioni e le manine chiuse a pugno. Combattiamo per la cosa più carina che esista al mondo: una mamma con il suo bimbo in braccio. Combattete con noi.