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IL BELLO DELLA LITURGIA

Gioacchino e Anna, il bacio di due sposi che si ritrovano

Gioacchino significa: Dio rende forti. Anna è un palindromo sinonimo di grazia. Dei genitori di Maria conosciamo i nomi dal Protovangelo di Giacomo. L'affresco più famoso che li riguardi è di Giotto nella Cappella degli Scrovegni, completato nei primissimi anni del Milletrecento, l'incontro alla Porta Aurea dopo il ritiro nel deserto di Gioacchino

Cultura 28_07_2018
Giotto, santi Anna e Gioacchino

O felice coppia, Gioacchino ed Anna! A voi è debitrice ogni creatura, perché per voi la creatura ha offerto al Creatore il dono più gradito, ossia quella casta madre, che solo era degna del creatore.

Dai Discorsi di san Giovanni Damasceno Vescovo

Gioacchino significa: Dio rende forti. Anna è un palindromo sinonimo di grazia. Dei genitori di Maria conosciamo i nomi dal Protovangelo di Giacomo, uno dei più diffusi scritti apocrifi. Il loro culto si diffuse inizialmente in Oriente, fino a quando, nell’VIII secolo, l’effigie di Sant’Anna non comparve a Roma, nella chiesa di Santa Maria Antiqua, l’edificio più antico e importante del Foro romano. E se inizialmente Gioacchino e Anna venivano festeggiati in due date distinte, dal 1969 in poi, dal nuovo calendario liturgico voluto da Paolo VI, i coniugi si ricordano lo stesso giorno: il 26 luglio.

Per celebrarne la memoria abbiamo scelto un episodio narrato nel ciclo più famoso che li riguardi, affrescato da Giotto nella Cappella degli Scrovegni nei primissimi anni del Milletrecento. L’incontro alla Porta Aurea è l’ultima scena del primo registro della parete sud, a loro interamente dedicato, sequenza imprescindibile dell’intera Storia della Salvezza dipinta dal maestro, che a Padova prosegue con le storie di Maria e Gesù.

L’antefatto è noto perché narrato dal già citato Protovangelo di Giacomo e da un altro testo apocrifo, lo Pseudo Matteo, ripresi entrambi dalla raccolta medievale di biografie agiografiche redatta dal frate domenicano Jacopo da Varazze, nota col titolo di Legenda Aurea. Gioacchino, marito di Anna, uomo devoto e pio, era stato allontanato dal Tempio perché ritenuto privo di grazia divina in quanto sterile. Decise così di lasciare casa e moglie e di ritirarsi nel deserto fino a quando un angelo del Signore gli annunciò che le sue preghiere erano state esaudite e che sua moglie avrebbe avuto un figlio, anzi, una figlia: Maria.

Anche Anna, da parte sua, convinta di essere rimasta vedova, ricevette la visita di un messaggero celeste che le predisse il ritorno del marito e la futura maternità. Giotto raccontò tutto questo, riuscendo magistralmente a tradurre in immagine l’epilogo dell’intera vicenda che pone l’accento sull’incontro dei coniugi finalmente ricongiunti davanti alla Porta di Gerusalemme, stretti in un tenero abbraccio.

Su uno sfondo spaziale ben definito, che sembra richiamare l’arco di Augusto probabilmente visto da Giotto durante il soggiorno riminese, sono saldamente inquadrati i due protagonisti, rispettivamente accompagnati da un gruppo di donne che compare dietro le spalle di Anna e da un pastore che, con Gioacchino, fa ritorno dal deserto. Non sono soli perché il loro reciproco ritrovarsi è una promessa per l’intera umanità.

Tutti i personaggi sono espedienti per accrescere il naturalismo della scena che si arricchisce di particolari nella tipologia delle vesti e delle acconciature, da cui si può evincere la diversa classe sociale cui appartengono le donne, piuttosto che nei panneggi che, modellati con cura, sottolineano la fisicità delle figure. E’ l’intero popolo che partecipa all’evento e se ne rallegra, come dimostra la ricerca della resa espressiva dei volti. La donna col manto nero è solo il simbolo della paura di Anna di essere rimasta vedova che sparisce, però, dietro il suo stesso velo.

Fulcro della scena è quel meraviglioso bacio che i due si scambiano dolcemente e appassionatamente, a giudicare dall’intensità dei loro sguardi. Sono due sposi che si ritrovano e si riconoscono, colmi, questa volta, di un amore che ora sanno, con certezza, che li trascende e di cui si rendono, con tutta la loro umanità, docili strumenti.