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LA PROTESTA CONTRO MACRON

Gilet Gialli alla carica, la Francia si divide in due

Ottavo sabato di protesta dei gilet gialli. Il movimento nato contro la nuova tassa sui carburanti (ora congelata) è diventato un moto di rivolta multiforme che ha come obiettivo principale il presidente. E nonostante violenze e disordini, il 55% dei francesi, più della metà, sotiene la protesta

Esteri 07_01_2019
Gilet Gialli

Sarà stato per l’emozione e la polemica seguite all’arresto di Eric Drouet, uno dei principali portavoce del movimento del gilet gialli. Sarà stato perché sono finite le vacanze di Natale e oltre che sul posto di lavoro, i manifestanti sono tornati in piazza. Fatto sta che, dopo il declino delle scorse edizioni, la marcia dei gilet gialli ha ripreso improvvisamente quota e ha raccolto 50mila persone in tutta la Francia. Per i sostenitori del presidente Macron, sono solo una frazione dei circa 300mila francesi scesi in strada nella prima manifestazione del 17 novembre. E questo dato segna certamente un declino della protesta. Ma in questo ottavo sabato di manifestazione, i gilet gialli sono quasi il doppio rispetto a quelli del sabato precedente.

Come in altre edizioni, anzi “atti” come vengono chiamati dagli organizzatori, l'ottava marcia è iniziata pacifica, ma è ben presto degenerata. Una reazione della polizia alla periferia di Parigi, un posto di blocco sul Quai d’Orsay, l’infiltrazione di violenti, sono tanti i motivi per cui dalla marcia si è passati subito alla guerriglia urbana, con altri gravi danni alle proprietà dei cittadini, ai negozi e alle banche, soprattutto a Parigi. L’immagine simbolo di questo ultimo “ottavo atto” è quella di un pugile, Christophe Dettinger (ex campione francese nella categoria dei pesi massimi leggeri), nelle file dei manifestanti, che combatte con grande efficacia contro un poliziotto in tenuta anti-sommossa. La polizia lo ha denunciato. I sindacati dei poliziotti chiedono di schedare una volta per tutte i manifestanti più violenti, così come si fa con gli islamici radicalizzati. Nel corso della guerriglia, un gruppo, dotato di ruspa, ha anche sfondato l’ingresso del Ministero dei Rapporti con il parlamento, costringendo alla fuga il portavoce del governo. L’altra immagine simbolo è quella della marcia delle donne del movimento, avvenuta ieri in centro a Parigi. Dotate di gilet giallo e berretti frigi (in stile giacobino) hanno lanciato il loro slogan contro la violenza, il volto gentile dei gilet gialli.

L’atto che ha preceduto questa ultima sommossa è stato, appunto, l’arresto di Eric Drouet, il più influente fra i portavoce dei gilet gialli parigini. E’ stato fermato mentre si accingeva a manifestare con poche decine di persone sugli Champs d’Elysée a Parigi, con l’accusa di manifestazione non autorizzata. Lo stesso Drouet ha affermato di essersi fatto arrestare intenzionalmente, a dimostrazione “di quanto non siamo più liberi”. A solidarizzare con Drouet sono stati subito gli estremi opposti della politica francese: il neocomunista Jean Luc Mélenchon e la nazionalista Marine Le Pen. Mélenchon accusa la polizia di abuso di potere, mentre la Le Pen punta il dito contro un governo “duro contro i suoi oppositori politici, ma lassista nei confronti dei teppisti, dei radicalizzati e degli stupratori”. Non è la prima volta che i due leader delle ali estreme della politica francese provano a mettere il loro cappello sul movimento. Quest’ultimo, però, si dimostra ben poco propenso a farsi colonizzare dalla politica tradizionale e resta un movimento spontaneo (pagandone lo scotto di disordine e infiltrazioni di violenti). Anche l’idea di farne un partito nuovo, con candidati alle elezioni europee, sta dividendo i suoi militanti. Insomma: non è politica, ma movimentismo.

La protesta è nata un mese e mezzo fa contro la nuova tassa “ecologica” sui carburanti, che colpiva soprattutto popolazione rurale e pendolari. Ma la tassa è stata sospesa (“congelata”), mentre il movimento prendeva piede e aggiungeva molte altre cause, fino a trasformarsi in una multiforme protesta sociale, contro i “privilegiati”, sia statali che privati. I gilet gialli hanno tante agende, ma su un punto sono concordi: il presidente Macron deve dimettersi. Ormai è un movimento trasversale contro il presidente e tutto ciò che rappresenta: europeismo, elitismo, tecnocrazia, insensibilità per la classe lavoratrice, tasse per i poveri ed esenzioni per i ricchi.

E Macron come risponde? Con concessioni politiche, ma anche facendo capire che intende, a partire dalle prossime manifestazioni, rispondere col pugno duro. Dalla sua c’è una Francia che non ne può più delle violenze che, regolarmente, accompagnano le manifestazioni. Certamente il consenso è molto calato rispetto a novembre. Ma ancora oggi, il 55% dei francesi dichiara (secondo un sondaggio Odoxa di questa settimana) di sostenere la causa dei gilet gialli. Più della metà, una maggioranza assoluta, il doppio del consenso di cui attualmente gode il presidente francese.

E c’è anche un altro modo per dimostrare solidarietà alla causa della protesta: il nuovo libro di Michel Houellebecq sta battendo tutti i record di vendita. I francesi fanno la coda alle librerie per comprarlo. Con un tempismo incredibile che lo contraddistingue, come nel 2015 era uscito il suo Sottomissione (su una Francia completamente egemonizzata dall’islam) nei giorni della strage del Charlie Hebdo, quest’anno esce Serotonina, libro sulla depressione di un piccolo borghese che ritrova vitalità nella ribellione contro la globalizzazione. Nessuno lo ha ancora letto, chiaramente. Ma è già stato eletto a libro-simbolo dei gilet gialli e leggerlo è diventato un atto di ribellione.