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Diritti & rovesci

Genitore 1 e 2, mamma e papà più forti della privacy

Arriva la bocciatura del Garante della Privacy sulla decisione di Salvini di cancellare la dicitura Genitore 1 e 2 sulle carte di identità dei minori.

Gender Watch 19_11_2018

Ad inizio agosto Matteo Salvini, intervistato dal nostro giornale, aveva dichiarato:  “La settimana scorsa mi è stato segnalato che sul sito del ministero dell’Interno, sui moduli per la carta d’identità elettronica c’erano “genitore 1” e “genitore 2”. Ho fatto subito modificare il sito ripristinando la definizione “madre” e “padre”. È una piccola cosa, un piccolo segnale, però è certo che farò tutto quello che è possibile al ministro dell’Interno e che comunque è previsto dalla Costituzione”.

Ma l’iter per cambiare la dizione “genitore 1 e genitore 2” in “padre e madre” nei moduli per il rilascio della carta d'identità in formato elettronico per i figli minorenni ha incontrato il parere negativo del Garante della Privacy. Quest’ultimo ha affermato infatti che “la modifica è suscettibile di introdurre profili di criticità nei casi in cui la richiesta della carta di identità, per un minore, è presentata da figure che esercitano la responsabilità genitoriale che non siano esattamente riconducibili alla specificazione terminologica 'padre' o 'madre' . Ciò, in particolare, nel caso in cui sia prevista la richiesta congiunta (l'assenso) di entrambi i genitori del minore (documento valido per l'espatrio)". Ad esempio, cosa fare se due persone omosessuali in modo congiunto chiedono la carta d’identità per il proprio figlio? Se fosse solo uno dei partner potrebbe scrivere padre o madre, ma quando la richiesta è congiunta, secondo la modulistica voluta da Salvini, è impossibile indicare “padre e padre” o “madre e madre”, dato che l’unica espressione utilizzabile è “padre e madre”.

Domanda che precede quella appena posta: quando due persone omosessuali possono diventare genitori legali di un minore? Il Garante ricorda tutti i casi, di natura giurisprudenziale o di carattere amministrativo, in cui ciò accade: sentenza di adozione in casi particolari, la trascrizione di atti di nascita formati all'estero, il riconoscimento in Italia di provvedimenti di adozione pronunciati all'estero, la rettifica di attribuzione del sesso. Aggiungiamo noi: il riconoscimento dell’omogenitorialità di bambini nati in Italia (senza quindi il riconoscimento di atti di nascita avvenuti all’estero). Ci potrebbe essere poi il caso che la richiesta della carta di identità provenga dal sindaco, ma non lo analizziamo qui perché non è pertinente con lo scopo che vuole perseguire Salvini: un bambino ha il diritto di essere cresciuto da un padre e da una madre.

Dunque cosa potrebbe accadere nei casi appena indicati allorchè la coppia chiedesse il rilascio della carta di identità, laddove il modulo per il rilascio riportasse solo la dizione “padre e madre”? Il Garante risponde che il rilascio del documento "potrebbe essere impedito dall'ufficio - in violazione di legge - oppure, potrebbe essere subordinato a una dichiarazione non corrispondente alla realtà, da parte di uno degli esercenti la responsabilità genitoriale. Infatti, nella richiesta del documento, nella ricevuta rilasciata dall'ufficio e, soprattutto, nel documento d'identità rilasciato per il minore, il dato relativo a uno dei genitori sarà indicato in un campo riportante una specificazione di genere non corretta". Dunque potrebbe accadere che o il rilascio viene negato, oppure che Mario e Antonio dichiarano il falso, perché uno dei due si dichiarerebbe “madre”.

Il Garante ha ragione? La risposta non può che essere un poco articolata. Ha ragione nel senso che i giudici e anche qualche sindaco senza aspettare il placet dei magistrati ormai in modo sempre più frequente riconoscono l’omogenitorialità nella forme prima indicate e quindi l’omogenitorialità per via giurisprudenziale o amministrativa è diventata legale. In questa prospettiva l’espressione “padre e madre” non può essere adottata.

Il Garante, su altro versante, versante decisivo, ha torto perché i giudici e i sindaci hanno legittimato l’omogenitorialità contra legem. E non si può dare ragione a chi è nel torto. Infatti per il nostro ordinamento giuridico un minore può essere figlio solo di un padre e di una madre, non di due uomini o di due donne. Qui è l’inciampo: la legge vieta l’omogenitorialità, seppur la norma sulle unioni civili sia ambigua sul punto, ed invece i giudici e i sindaci hanno fatto spallucce e sono andati per la loro strada.

Come uscirne? Stando così le cose occorre che il governo ribadisca il divieto all’omogenitorialità e che dunque i giudici i sindaci rispettino il divieto (cosa che non avverrà mai), così come aveva annunciato il Ministro della famiglia Lorenzo Fontana nel luglio di quest’anno: “Rilevo come l'attuale assetto del diritto di famiglia non possa non tenere in conto di cosa sta accadendo in questi ultimi mesi in materia di riconoscimento della genitorialità, ai fini dell'iscrizione dei registri dello stato civile di bambini concepiti all'estero da parte di coppie dello stesso sesso facendo ricorso a pratiche vietate dal nostro ordinamento e che tali dovrebbero rimanere". Sulla stessa frequenza d’onda si muove Salvini il quale, appreso del parere negativo del Garante che però non vincola il Ministero dell’interno, ha così replicato: “Noi andiamo avanti, non esiste privacy che neghi il diritto a un bimbo di avere una mamma e un papà".

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