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LA CERIMONIA

Gappisti e Br: premio a Curcio rispolvera il legame tabù

Il fondatore e ideologo delle Br parlerà nel Paese natale della madre in Puglia. Ma questa ormai è normalità. Ciò che non è normale è che il sindaco lo avrebbe premiato per lo zio partigiano Armando. Senza sapere che è con quel nome di battaglia che Curcio diede il via alla stagione eversiva brigatista. E ignorando il legame ideale tra Br e molti ex gappisti comunisti. Dopo le proteste politiche e la presa di distanza dell'Anpi l'evento è stato cancellato. Ma resta l'imbarazzo per un primo cittadino così inadeguato al suo compito. 

Editoriali 14_12_2018

Non è la prima volta che assistiamo ad un evento pubblico che vede in cattedra un ex brigatista. Ma l’ultima notizia che riguarda il fondatore e ideologo delle BR Renato Curcio in quel di Foggia, merita una riflessione adeguata perché ci riporta in un certo senso agli albori, a quel connubio mai chiarito tra l’eversione e la Resistenza che è stato ammantato da una sorta di fatto mitico. Dice Repubblica edizione di Bari che Curcio è stato invitato a un seminario a parlare di “Analisi sociale sulle condizioni di vita in alcune istituzioni italiane”.

Siamo a Orsara di Puglia, in provincia di Foggia, paese che per Curcio ha un significato importante: è infatti la città da cui proveniva sua madre, Jolanda Curcio. Può destare qualche apprensione il fatto che nella sua seconda vita, dopo aver portato il fenomeno brigatista allo scontro totale con lo Stato, oggi Curcio, per la verità dal 1990, cioè da quando è uscito dal carcere, prosegua la sua attività di sociologo pontificando su come lo Stato attraverso le istituzioni, come ad esempio il carcere o la scuola, tratti male i suoi cittadini.

Verrebbe da chiedersi perché mai un brigatista mai pentito né dissociato, che nella sua vita si è soltanto limitato a dichiarare terminata e sconfitta l’esperienza brigatista, mai a condannarla, si erga a esperto di politiche sociali denunciando il trattamento che lo Stato riserva ai suoi cittadini. Quello Stato che però lui ha combattuto e che oggi, scontata la sua pena, secondo le leggi del diritto e della giustizia continua a garantirgli la possibilità di esprimere liberamente la sua opinione. Il bello della democrazia, potremmo liquidarla così, cioè la dimostrazione pratica che Curcio gode di quella libertà e di quell’autonomia di pensiero che le P38 utilizzate dai terroristi nostrani pensavano di soffocare durante gli anni di piombo.

Il punto interessante – però – è semmai un altro. A margine di questo incontro “sociale” la cittadina pugliese ha pensato bene di non lasciarsi sfuggire l’occasione di salutare un figlio così “illustre”. Come? Coinvolgendo persino il sindaco del Paese, massima istituzione che assieme al maresciallo dei carabinieri rappresenta non solo lo Stato, ma anche tutti i cittadini, anche quelli che vedono nelle Brigate Rosse – e sono tante! – uno dei cancri che ha ammorbato questo Paese fin nelle fondamenta.

L’amministrazione comunale infatti ha dato il suo patrocinio al seminario del sociologo Curcio, ma non contento, il sindaco sembra essersi sentito in dovere di fare molto di più.

Il primo cittadino Tommaso Lecce, consegnerà a Curcio una pergamena dell'Associazione partigiani d'Italia (Anpi) che “ricorda il sacrificio di Armando Curcio, giovane partigiano morto in guerra, zio di Renato. Quest'ultimo, nato ad Orsara, militò nelle fila della 'Divisione Garibaldì e morì a 21 anni sul Montoso, a Bagnolo Piemonte, lottando per la libertà”. Detta così potrebbe sembrare una innocua cerimonia di commemorazione di un patriota, anche se dubitiamo fortemente che il sindaco conosca le gesta proprio di quei gappisti della Garibaldi che nel nord Italia insanguinarono letteralmente il pre e post dopoguerra con ammazzamenti e vendette private che nulla avevano a che fare con le azioni belliche. Si tratterebbe di riscrivere da capo a piedi la storia di quel periodo e soprattutto di regolamentare l’espressione combattere per la libertà. Quale libertà?

Ignoranza, potremmo dire. Ma è davvero curiosa, se non scandalosa, la commistione tra il ricordo di un “combattente per la libertà”, ucciso va detto dai nazisti proprio la sera della Liberazione, e il suo parente che di quella lotta per la libertà ha fatto un uso così eversivo e anti patriottico. Forse a Foggia non sanno, ma basta leggere Wikipedia, che proprio quello zio partigiano per Curcio ha significato molto, tanto che il suo primo nome di battaglia da brigatista fu proprio Armando, in onore dello zio ucciso.

Alla fine, dopo le proteste di Fratelli d'Italia e Forza Italia il sindaco è stato costretto ad annullare la cerimonia, anche perché nel frattempo l'Anpi di Foggia ha preso le distanza dall'evento, lasciando così di fatto il sindaco come unico promotore di una iniziativa indifendibile. Che però deve fare comunque riflettere perché, se non ci fosse stata una mezza sollevazione popolare in quel di Foggia, domani avremmo assistito ad uno show molto ambiguo. 

E dettato da una scarsa conoscenza dei fatti. Evocazioni e simboli potevano dare alla testa allora in quegli anni in cui il piombo insanguinava le strade, ma oggi, a partita sostanzialmente chiusa, hanno il sapore della beffa. E soprattutto lasciano aperti molti interrogativi su che cosa significhi questa commistione tra la parentela e gli ideali. Ad esempio, una legittimazione implicita della sua azione, dato che utilizzare il nome dello zio come nome di battaglia significa in un certo senso continuarne l’opera.

Ma questo vorrebbe dire prendersi la briga di affrontare una volta per tutte la stretta connessione tra brigatismo rosso e Resistenza di marca comunista attraverso le gesta di moltissimi gappisti della Garibaldi.

E qui veniamo alla poetica mitica del caso e non possiamo non ricordare che fu lo stesso Alberto Franceschini, con Curcio e Prospero Gallinari tra i fondatori delle BR, a rivendicare la consegna di due pistole proprio da parte di un partigiano, affinché potessero proseguire l’opera di liberazione laddove i partigiani avevano fallito, cioè nel favorire finalmente la dittatura del proletariato tanto agognata tanto dai gappisti e dai loro commissari politici quanto dalle BR.

Oggi addirittura conosciamo il nome di quel partigiano grazie all’opera monumentale di Gianfranco Stella, che nel recentissimo Compagno mitra racconta proprio quella storia: “Le prime pistole posseduta da Franceschini gli furono date dall’ex gappista Dario, Armando Attolini, il quale gli disse: Usatele voi, augurandovi di riuscire dove noi abbiamo fallito. Erano una Browning e una Walter P38”. La storia la conosciamo: quelle pistole divennero poi il simbolo dell’eversione rossa e una nuova stagione dolorosa per l’Italia divenne protagonista. Ovviamente l’augurio di Attolini non doveva essere la liberazione dell’Italia dai nazisti dato che nel 1970 quando nacquero le BR non era più un’emergenza, ma evidentemente quel fallimento evocato era proprio riferito a quella rivoluzione comunista che i gappisti con le loro scellerate azioni cercavano di preparare dissodando il terreno, cioè eliminando i nemici scomodi.

Scrive Stella: “Convinti delle Resistenza tradita infatti vecchi ex partigiani di Reggio accolsero con ingenuo entusiasmo l’ondata della contestazione giovanile del ’68 che nel fanatismo ideologico guardavano alla lotta armata”. Ad esempio, molte armi spuntarono fuori da vecchi nascondigli partigiani.

Ma c’è di più: ci fu anche chi diede ospitalità a qualche brigatista datosi alla clandestinità e beccandosi per questo sei anni di galera, come è il caso di Torquato Bignami. Insomma: "dai GAP, le BR appresero la strategia, mentre dai testi maoisti le finalità": la lotta armata, la rivoluzione proletaria e l’addestramento terroristico sono stati terreno comune e questo ormai è un giudizio storico.

Ovviamente di tutto questo approfondimento non ci sarebbe stata traccia a Orsara. Ci si sarebbe limitati a premiare (sic!) un ex brigatista mai pentito nel nome dello zio. Al sindaco, che dovrebbe rappresentare tutti, poteva sembrare una tranquilla e innocua cerimonia. In realtà era il perpetrarsi ambiguo e funesto di un rituale sconfitto dalla storia.