Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Galdino a cura di Ermes Dovico
DEVOZIONE

Filofteia, la santa ragazzina vittima della “matrigna”

«Mucenita Filofteia de la Arges», così i romeni chiamano questa santa medievale di cui cadono nel 2018 gli ottocento anni della morte. Il padre si risposò con una matrigna da fiaba. Ecco la sua storia luminosa e il suo amore per i poveri. 

Ecclesia 19_02_2018

«Mucenita Filofteia de la Arges», così i romeni chiamano questa santa medievale di cui cadono giusto nel 2018 gli ottocento anni della morte. Fu considerata subito martire (questo vuol dire «mucenita»), anche se, oggi, il suo decesso lo diremmo causato da omicidio solo colposo. Si chiamava Filofteia ed era nata verso il 1206 a Veliko Tarnovo, in una zona che oggi apparterebbe alla Bulgaria settentrionale. Viveva in una casa contadina dei dintorni ed era l’unica figlia di un agricoltore. La mamma di Filofteia morì molto presto e la ragazzina si chiuse in sé. Il suo carattere era molto compassionevole e gentile, di indole buona e servizievole.

La piccola trasferì il suo affetto su Dio, la Vergine e i Santi, pregando spesso, digiunando anche. Si dimostrò particolarmente attenta ai bisogni dei poveri e degli ammalati: quelli tra loro che abitavano nei paraggi spesso la vedevano far capolino portando qualcosa da mangiare in un tempo in cui essere poveri voleva dire realmente soffrire la fame e il freddo. Oggi noi forse facciamo fatica a immaginare un mondo così. Oggi anche i clochard hanno abiti, cappotti, sacchi a pelo, sigarette e tre pasti caldi al giorno, nonché, se vogliono, letti e docce e parrucchiere. Ma nel mondo preindustriale un san Giovanni Battista aveva le sue ragioni nel raccomandare «Chi ha due mantelli ne dia uno a chi non ne ha». Nelle stesse latitudini di Filofteia, negli stessi cupi inverni, un san Martino, ufficiale primicerius nelle legioni di stanza in Pannonia, aveva tolto la fodera di pelliccia dal suo mantello per un disgraziato seminudo condannato all’assideramento.

A casa di Filofteia c’era un modesto benessere, e lei ne faceva parte coi derelitti. L’andazzo, anzi, si accrebbe quando il padre di lei si risposò. Filofteia fu, in questo caso, sfortunata perché ebbe in sorte una matrigna come quelle delle fiabe. Come spesso capita in casi del genere – e ancora oggi, perché la natura umana è sempre la stessa - la nuova arrivata scopre che deve dividere con qualcun altro le attenzioni dell’amato. La gelosia la incattivisce e le buone intenzioni dei primi tempi si tramutano in sorda ostilità. Andò a finire che ogni occasione era buona per mettere Filofteia in cattiva luce agli occhi del padre. Il quale, dovendo prendere partito, impercettibilmente scelse quello della nuova moglie e la povera ragazzina fece le spese di una situazione sempre più pesante: lui, istigato dalla moglie, sempre più spesso puniva Filofteia, arrivando non di rado ad alzare le mani.

La casa paterna divenne invivibile per la piccola, che cercava di stare il più lontano possibile da quell’inferno domestico. Le sue frequentazioni ai poveri e agli ammalati si fecero sempre più assidue ed esclusive. E non era raro il caso che agli affamati finiva parte del pranzo del padre. Questi, al lavoro nei campi, aspettava il paniere che la moglie gli preparava e la figlia gli portava. Una volta che la razione era più scarsa del solito, l’uomo se ne lamentò con la consorte. Questa cadde dalle nuvole e si giustificò. Una rapida indagine portò alla scoperta della responsabile dell’ammanco. E non ci volle molto a capire dove ogni volta finiva quel che mancava.

La resa dei conti avvenne mentre lui era al podere e stava lavorando d’accetta. Si infuriò talmente con la figlia che, non vedendoci più dagli occhi, le tirò addosso quel che aveva in mano. L’ascia, che azzoppò Filofteia. Questa scappò sanguinante, ma poco più in là cedette e si accasciò sul sentiero. Quando la trovarono era morta dissanguata. Si accorsero di lei per via dell’incredibile luce che avvolse la zona, a lungo. Gridarono al miracolo a causa di quella luce. Venne di corsa anche il padre, e si disperò: non voleva certo che finisse così, il suo era stato solo uno scatto di collera… Intanto, tutti quelli che vivevano nei dintorni erano lì, attorno a quel povero corpo esanime.

Che brillava inspiegabilmente di luce soprannaturale. Era lui il motivo del chiarore. Lì, per terra, il corpo rimase diversi giorni. Sì, perché non c’era modo di sollevarlo. Troppo pesante, neanche più uomini insieme riuscivano a smuoverlo. Finalmente, dopo giorni, cedette e si poté portarlo  nella chiesa di Radu Voda, oggi sulla costa romena del Danubio. Quando venne il tempo dell’invasione turca, la reliquia fu trasferita a Vidin e affidata al principe Mircea I Batran, che la mise nella chiesa di Curtea de Arges (da qui l’appellativo «Mucenita Filofteia de la Arges»). Oggi la Santa è venerata in tutta l’area ortodossa, specialmente in Romania e Bulgaria.