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L'ANALISI

Famiglia, manovra dà qualcosa ma servirebbe una rivoluzione

Dalla manovra arrivano alla famiglia un po' di soldi e qualche agevolazione, ma siamo molto lontani da ciò di cui ci sarebbe veramente bisogno. Resta il fatto che con Lega e 5Stelle che sulla famiglia sono agli antipodi, e un'opposizione che sarebbe ancora peggio, non si poteva sperare molto di più. Ma la Lega deve rilanciare il tema.

Editoriali 03_01_2019
I ministri dell'Economia, Tria, e della Famiglia, Fontana. e

Il tema della famiglia è presente nella legge finanziaria approvata dal parlamento nei giorni scorsi, ma non come avrebbe dovuto e forse potuto essere. Sono molte le critiche dell’opposizione che infieriscono su questa manovra ma tutti se la prendono con le tasse che aumentano e nessuno con la eventuale debolezza delle misure a favore della famiglia. Questo ci dice che se il governo su questo punto è debole, la controparte certamente non sarebbe più forte.

Al governo ci sono due partiti politici che sul tema famiglia la pensano in modo opposto. È noto che il movimento 5 Stelle è su posizioni culturali post-familiari: i maggiori leader si sono pronunciati più volte per le adozioni da parte delle coppie gay e al tempo della Cirinnà hanno votato compatti per le unioni civili. Hanno una visione da cittadinanza individualistica e non riconoscono l’importanza delle società naturali e dei corpi intermedi. La Lega, pur nella diversità di accenti che la caratterizza, è più attenta a quanto ruota naturalmente intorno alla persona, dalla famiglia alla comunità locale. Il suo retroterra non sono i “cittadini” ma il “popolo”, non quindi delle unità numeriche ma delle realtà organiche. Per questo, mentre i 5 Stelle sono figli della medesima cultura di chi ci ha governato fino al 3 marzo dell’anno scorso, la Lega può rappresentare un’alternativa.

La diversa impostazione delle due forze di governo spiega due cose. La prima è che la Lega ha bloccato per sé il ministero della famiglia e delle disabilità per evitare danni nel caso la poltrona fosse andata ad uno di Di Maio. La seconda è che quello della famiglia –  e ancora di più quello della vita – dato il contenzioso culturale ed etico che può sprigionare nella coalizione di governo è come congelato e viene ritenuto terreno politicamente minato su cui camminare in modo molto cauto. Per questo finora il ministro Lorenzo Fontana ha mantenuto le posizioni, ha impedito i danni, ha fatto qualche piccolo intervento ma non ha potuto sviluppare un gran discorso sulla famiglia.

I riflessi di questa situazione sulla manovra di bilancio sono evidenti. Il 30 dicembre il ministro Fontana si è detto soddisfatto per una manovra che investe per famiglia e disabilità tre miliardi di euro, e ha elencato nel dettaglio le misure. In particolare la manovra mantiene ed innalza il bonus-nido fino a 1500 euro annui e rinnova il bonus-bebé aumentando del 20 per cento l’assegno per il secondo figlio. Nel Fondo per le politiche familiari vengono collocati 100 milioni in più a disposizione del ministero. È stata rilanciata la carta famiglia e confermati i fondi per la disabilità. Vengono prese alcune misure sul rapporto tra lavoro e famiglia con l’estensione del congedo di paternità e la possibilità per le madri di rivedere i tempi del congedo di maternità. Infine è stato creato un fondo antidroga. Però se la soddisfazione del ministro è legittimata dalla difficile situazione del momento, non lo è dal punto di vista delle necessità che il Paese evidenzia sul fronte dei bisogni della famiglia.

Tutti vedono che le misure prese dal governo non hanno un carattere strutturale ma di assistenza nei momenti particolari della nascita dei figli e del loro accesso al nido. Non danno alle famiglie ossigeno in continuità e, soprattutto, non le considerano come il nodo centrale per lo sviluppo del Paese. Certamente utili i piccoli aiuti, ma non è con i piccoli aiuti che le famiglie italiane faranno aumentare le nascite e correggeranno l’implosione demografica, così pesante nel condizionare non solo il nostro sviluppo economico e civile ma anche la nostra stessa esistenza come nazione.

Nella prima legge finanziaria di questo governo si sarebbe dovuto fare molto di più per la famiglia. Era questo un punto qualificante per segnare una svolta decisa rispetto al passato. Una svolta culturale, un segno di discontinuità che facesse percepire una nuova mentalità, un nuovo approccio ai problemi della nazione. Infine questo governo non è stato votato per amministrare l’esistente ma per dimostrare che qualcosa di molto diverso è possibile. Il braccio di ferro con l’Europa ha segnato una svolta che potrà svilupparsi ulteriormente in dipendenza a come andranno le prossime elezioni europee. Ma su altri temi, come il taglio alle tasse e, appunto, la famiglia, il segnale poteva essere più chiaro.

Nelle politiche familiari c’è bisogno di una rivoluzione. La famiglia va riscoperta come “anteriore” allo Stato e non come terminale marginale delle sue politiche distributive. Va rimessa al centro di tutte le politiche – da quelle fiscali a quelle tariffarie - e non considerata solo tema di un ministero pure importante ma senza portafoglio. I compiti educativi della famiglia e la conciliazione tra lavoro e vita familiare hanno bisogno di interventi più sostanziosi di quelli approvati in questa legge di bilancio. Bisogna cominciare a pensare dal punto di vista del bene della famiglia e non di quello dello Stato.

La storia non si fa con i se. Eppure possiamo essere sicuri che se al ministero della famiglia ci fosse qualche esponente di Forza Italia o del Partito Democratico le cose andrebbero molto peggio, come peggio sono andate nella scorsa legislatura. È auspicabile però che il governo, e soprattutto la componente della Lega, rilanci su questo tema perché l’elettorato del 3 marzo ci contava molto. Le disillusioni alla lunga si pagano.