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PAOLO IL CALDO

Elettrosensibili: ecco l'ultima furbata mangiasoldi

L’attitudine a trovare argomenti peregrini rappresenta la vera genialità (ma anche la miseria) italiana. L’ultimo episodio di questa fiera dell’accattonaggio si tratta di tale Aie, ossia Associazione Italiana Elettrosensibili, che riunisce coloro che soffrono di ogni male a causa delle linee telefoniche e dei cellulari. 

Paolo il caldo 12_03_2015
Paolo Togni

L’attitudine dei nostri connazionali a trovare argomenti peregrini per strappare una medicina in più, una piccola indennità, qualche ora di permesso in aggiunta a quelle ottenute chiedendo a un complice nel furto di firmare falsamente o di passare un badge non suo, rappresenta la vera genialità (ma anche la miseria) italiana. 

L’ultimo episodio di questa fiera dell’accattonaggio proviene dalla pur laboriosa e seria Lombardia: si tratta di tale Aie, ossia Associazione Italiana Elettrosensibili, che riunisce coloro che soffrono di «mal di testa, nausea, vertigini, pelle arrossata»: sintomi che compaiono “vicino a cellulari, cordless o reti wi-fi” (e perché non a forni a microonde?).  I suoi dirigenti affermano di essere medici o veterinari. Sarà! Noi sappiamo con certezza che sono dei bugiardi: infatti, quando affermano che l’Organizzazione mondiale della Sanità «ha riconosciuto l’elettrosensibilità solo parzialmente», mentono sapendo di mentire, ovvero sono degli ignoranti disinformati. Tertium non datur. Infatti, come ho già detto in un altro articolo, la sezione dell’Oms che si occupa di cancro, la Iarc, ha inserito le radiazioni elettromagnetiche nella stessa categoria di agenti patogeni in cui si trovano il caffè, il carbone e il lavoro in lavanderia. Quindi non ha riconosciuto un bel niente.

Recentemente la accreditatissima Società Italiana di Tossicologia (Sitox) in un suo documento riporta la posizione (vera, questa volta) dell’Oms: «A oggi, non sono stati stabiliti effetti nocivi causati da un uso dei telefoni cellulari. Questo è il risultato di un gran numero di studi condotti negli ultimi due decenni per valutare se i telefoni cellulari rappresentano un rischio potenziale per la salute». La cosa più bella è che ci si azzarda anche a fare previsioni; per esempio, il professor Angelo Gino Levis, dell’università di Padova, afferma che nel 2017 (cioè dopodomani) «il 50% della popolazione potrebbe diventare elettrosensibile». Potrebbe anche dire che potrebbe diventare mancina, o milanista, e la probabilità di azzeccarci sarebbe almeno equivalente. E tutto questo, perché? Intanto perché si vuole che i nuovi impianti siano interrati (vi ricordate? La stessa castroneria era il cavallo di battaglia dei Verdi a inizio secolo per le reti di trasmissione di elettricità. Il capo castrone all’epoca era il sottosegretario Calzolaio, poi fortunatamente levatosi di torno in cambio di una ben locupletata posizione all’Onu. Verdi si, ma al verde mai!). Viene da chiedersi se la nuova campagna sia finanziata da imprese di scavi.

Ma il vero obiettivo di questa attività è di ottenere qualcosa dalla Regione: soldi, privilegi o tempo libero che sia, si raccoglie tutto. È la logica ultrasecolare e purtroppo ben nota dei pitocchi italiani: lamentatevi, lamentatevi, qualcosa arriverà. Non dovete essere voi a risolvere i problemi: dovete pretendere che qualcuno ve li risolva, naturalmente a scapito degli altri. E pazienza se i problemi da risolvere sono inventati: si troverà sempre un deputato, o un consigliere regionale, o un partito, che si ergerà a tutore della povera turba sofferente, e che si impegnerà in strenue battagli politiche a favore di coloro che chiedono di essere sollevati dalla loro triste situazione; naturalmente dietro compenso di un consistente numero di voti.

Molto più grave che farsi fregare qualcosa da un gruppo di imbroglioni, simulatori o ingenui strumentalizzati, però, è l’atteggiamento psicologico che in circostanze di questo tipo viene a determinarsi, e che troppo spesso lo Stato favorisce: aspettare la pappa fatta, recalcitrare di fronte all’ipotesi di essere chiamati a risolvere i problemi col proprio impegno e la propria volontà. A coloro che ne hanno bisogno, sarebbe assai meglio, e più educativo fornire gli strumenti atti a risolvere i problemi piuttosto che fornire una soluzione per la quale non si richieda nessun impegno al destinatario. Ma forse questo è volere troppo: corrisponde a scegliere la parità contro l’uguaglianza, e questo mai!