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IL CAIRO

Egitto, Morsi apre Il Patriarca twitta

Dopo giorni di violenze, il presidente Morsi cede alla piazza e annulla il decreto del 22 novembre. Confermato il referendum sulla Costituzione. Cristiani nel mirino, la guida dei copti si affida al social network per trasmettere messaggi di sostegno ai fedeli.

Esteri 07_12_2012
Il presidente egiziano Morsi

Dopo giorni di proteste, almeno 7 morti e 600 feriti, il presidente egiziano Mohamed Morsi ha ceduto e revocato il controverso decreto emesso il 22 novembre con cui si assegnava poteri assoluti. Questa era una delle richieste dell'opposizione la quale è stata invitata da Morsi a contribuire ai cambiamenti della Costituzione lasciando quindi confermato il referendum del prossimo 15 dicembre. (Aggiornato il 9 dicembre, ore 8.00)

Ha aperto anche lui da pochi giorni il suo profilo su Twitter il papa copto Tawadros. Ma non immaginava certo di doverlo usare subito per affrontare una situazione esplosiva come quella che sta vivendo l'Egitto. Invece la guida di questa antichissima comunità cristiana - per molti versi così ieratica - adesso ogni mattina affida a un Tweet un messaggio per la sua comunità. In pieno stile piazza Tahrir.

«Miei cari figli, preghiamo per il nostro amato #Egitto e per coloro che lo governano, che Dio garantisca loro sapienza e luce in ogni passo», scriveva già domenica. E ancora l'altra mattina invitava ad agire «sapendo che Cristo vede ogni cosa». Poi - però – ci sono state la giornata e la nottata drammatica di mercoledì; e così ieri mattina il patriarca copto ha scelto un'immagine dal libro dei Proverbi, che in questo mese ha invitato tutti i copti a leggere insieme: «"Va' dalla formica, o pigro, guarda le sue abitudini e diventa saggio" (Proverbi 6,6). Preghiamo per la sapienza nelle nostre vite... - ha aggiunto - in mezzo alla violenza che la nostra nazione sta attraversando».

Parole preoccupate e insieme estremamente prudenti. Anche perché il clima si è fatto molto pesante in queste ore per i cristiani al Cairo. Nel braccio di ferro tra sostenitori e oppositori del presidente islamista Mohammed Morsi, tra gli islamisti c'è chi vorrebbe spingere l'acceleratore sulla carta confessionale. Ieri mattina sul sito internet dei Fratelli Musulmani la rassegna stampa internazionale - con i titoli sulle manifestazioni dell'opposizione liberale - era sormontata da un titolo che recitava «I cristiani e i ricchi davanti al palazzo», con un evidente intento di etichettare la folla. L'altra sera lo stesso sito si era subito premurato di far vedere che nelle tende dei liberali - appena smantellate violentemente dai propri sostenitori - c'era una bottiglia di una bevanda alcolica.

Violenze fisiche e verbali sulle quali ieri sera - nel discorso televisivo alla nazione più volte rinviato durante la giornata - il presidente Morsi ha glissato, attribuendole interamente a «elementi pagati dall'esterno per rovesciare la rivoluzione», ottanta dei quali «sono stati arrestati e hanno già confessato». Non c'è stata per nulla - dunque - la retromarcia di cui nel pomeriggio si era parlato, legandola a una mediazione di Al Ahzar: l'esponente dei Fratelli Musulmani ha solamente offerto per sabato un incontro nel quale aprire un dialogo con l'opposizione. Ma ha confermato per il 15 dicembre il referendum sulla Costituzione approvata con un colpo di mano dagli islamisti, svuotando così di qualsiasi significato questo ipotetico dialogo. Persino Rafiq Habib, il vice presidente copto dei Fratelli Musulmani (da sempre considerato dalla maggioranza dei cristiani egiziani uno specchietto per le allodole) ieri si è dimesso.

Le Chiese cristiane si trovano, dunque, in una posizione delicatissima. Da una parte ribadiscono la volontà di non farsi coinvolgere direttamente nello scontro politico: «Le reazioni negative di questi giorni stanno mostrando che la parte del popolo contraria alla Costituzione, cucinata in fretta e furia, è ampia, e la sua voce non può essere ignorata - ha dichiarato ieri all'agenzia Fides il vicario apostolico di Alessandria, il francescano Adel Zaki -. Ma ognuno deve scegliere secondo coscienza, in piena libertà. Le Chiese non possono chiedere in maniera vincolante al popolo cristiano di boicottare il referendum».

Nello stesso tempo, però, non c'è nessuna volontà di rimanere indifferenti rispetto alle violenze subite da una piazza in cui i copti sono tanti. Così l'altra sera - nelle ore più drammatiche  intorno al palazzo presidenziale ad Heliopolis - ci sono state chiese che hanno aperto le porte per soccorrere i manifestanti colpiti negli scontri durissimi innescati dai Fratelli Musulmani e che hanno lasciato dietro di sé 6 morti e oltre 600 feriti. Alla Chiesa Evangelica - in Cleopatra Street - è stato allestito un vero e proprio ospedale da campo. E lo stesso è accaduto alla chiesa anglicana di San Michele e degli Angeli, in Seti Street. Qui oggi doveva tenersi l'assemblea annuale dei fedeli oltre al catechismo settimanale; ma il reverendo Jos Strengholt ha ritenuto più prudente annullare tutto. «È meglio che siate tutti a casa all'ora dell'uscita dalla preghiera nelle moschee», ha scritto sul sito internet della parrocchia.

Attorno al palazzo presidenziale ci sono i carri armati e il filo spinato. Ma in tutto il resto del Cairo il clima rimane pericolosamente teso. E le parole pronunciate dal presidente Morsi ieri sera non hanno contribuito per nulla a stemperarlo.