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IL CASO

Donna usa e getta. E 4 bambini sono abortiti

Una ragazza si sente male a scuola e si scopre che ha abortito in casa. Poi si indaga e si scopre che l'aborto è il quarto in appena tre anni. La ragazza, una diciottenne ghanese, "non sa dire di no" al fidanzato, che a quanto pare la usa come un posacenere. Usa e getta. E a pagare sono i figli.

Vita e bioetica 20_03_2017
Donna incinta

La notizia è di quelle che meritano un trafiletto non firmato in un angolo di giornale. Almeno, confezionato in tal guisa l’ho trovato sul quotidiano che frequento. Una ragazza di Vicenza si è sentita male a scuola ed è finita al pronto soccorso. Qui i medici si sono accorti che si era procurato un aborto fai-da-te tramite farmaci (non si sa se pillole del giorno dopo, dei cinque giorni dopo o altro intruglio chimico equipollente).

La ragazza, una ghanese di diciotto anni, ha confessato che questo è il suo quarto aborto in tre anni. Sì, avete letto bene. Quattro. E uno dietro l’altro. Diciotto meno tre fa quattordici-quindici. Ha anche detto che è il suo fidanzato a pretendere ogni volta la misura. Lei, poverina, non sa dirgli di no. E l’amore, si sa, è cieco. E poi dicono che gli immigrati non si integrano con le usanze occidentali. Comunque, complimenti per la fertilità, a ogni colpo un centro. Speriamo che l’integrazione con i costumi degli italiani non cattolici (osservanti, perché ci sono anche quelli adulti, ndA) prosegua e si  concretizzi in pillole anticoncezionali da prendere prima, perché, si sa, è meglio prevenire. Si chiama principio di precauzione, sapete, quello che va tanto di moda per gli ogm. Naturalmente, esistono anticoncezionali da «durante» e si chiamano preservativi.  Certo, che il «fidanzato» della ghanese (che si suppone ghanese pure lui, ma non è detto) ha un ben alto concetto della sua «fidanzata», la quale è dai lui trattata alla stregua di un portacenere, recipiente che si svuota quando è pieno e si torna a riempire una volta vuoto.

Usa & getta. Quattro aborti in tre anni. Da Guinness, complimenti. La notizia ha letteralmente scavalcato l’8 marzo, forse per non mettere in imbarazzo il famoso slogan «l’utero è mio e lo gestisco io». Sì, perché in questo caso l’utero sarà pure suo ma lo gestisce il fidanzato. E lei gli vuole tanto bene che non sa dirgli mai di no. Eh, davvero l’amore è cieco. Ed è cieca pure la giustizia: la signorina è maggiorenne, perciò quindici giorni di galera con la condizionale. Procurato aborto. Cari miei, le regole vanno rispettate e si abortisce in ospedale. Fa parte dell’integrazione. Che ne sarà dei due piccioncini incontinenti? Sarebbe paradossale se, una volta convolati a nozze o a convivenza, non riuscissero più ad aver figli. Già, perché talvolta la psiche fa brutti scherzi: usciti dall’eccitamento della clandestinità, la macchina potrebbe non funzionare bene come prima. Si può sempre ricorrere a madre surrogata (altro tema assente dagli 8 marzo), che magari è una che abortisce i suoi perché non può mantenerli e si concede a nolo altrui per guadagnare. Queste donne usa & getta non compaiono nelle manifestazioni di piazza. Né nei sermoni del presidente. Trafiletti non firmati in angolo di giornale. L’aborto? Un anticoncezionale come gli altri. Molti lo chiamano confidenzialmente Ivg.