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IMMIGRAZIONE

Diciotti, la nave della discordia fra Ue e Italia

“O l'Europa decide seriamente di aiutare l’Italia in concreto, a partire ad esempio dai 180 immigrati a bordo della nave Diciotti", oppure Salvini riaccompagnerà in Libia le persone recuperate in mare. Non è solo un braccio di ferro fra Italia e Malta, ma fra Italia e tutta l'Ue. Dall'esito può determinarsi il futuro della tratta nel Mediterraneo.

Politica 20_08_2018
Sbarco di immigrati dalla Diciotti

“O l'Europa decide seriamente di aiutare l’Italia in concreto, a partire ad esempio dai 180 immigrati a bordo della nave Diciotti, oppure saremo costretti a fare quello che stroncherà definitivamente il business degli scafisti. E cioè riaccompagnare in un porto libico le persone recuperate in mare".

Il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini non usa mezzi termini sull’ennesimo caso di migranti illegali raccolti in mare dal pattugliatore della Guardia Costiera “Diciotti” dopo che Malta li aveva lasciati transitare nella sua zona marittima di competenza per la ricerca e soccorso. I migranti ora a bordo della “Diciotti” sono stati recuperati "senza coordinamento con il competente centro maltese” e "una intercettazione su una nave che esercita il suo diritto alla libertà di navigazione in alto mare non è considerata un salvataggio" replica su twitter Michael Farrugia, ministro degli Interni maltese sottolineando che l’accoglienza dei 177 clandestini spetta all’Italia.

La Valletta aveva già affermato che "l'Italia non ha appigli legali per chiedere a Malta di fornire un porto sicuro per questo ultimo caso" ma la sottile distinzione tra “intercettazione” e “salvataggio” conferma solo la volontà maltese di scaricare su Roma i flussi illegali, come ha sempre fatto del resto. Il salvataggio dei 177 migranti da parte della nave della Guardia Costiera “dimostra che l'Italia non si tira mai indietro quando si tratta di salvare vite umane" mentre "il comportamento di Malta è ancora una volta inqualificabile e meritevole di sanzioni" ha affermato il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli con un tweet. "L'Ue si faccia avanti e apra i propri porti alla solidarietà, altrimenti non ha motivo di esistere", ha aggiunto. La situazione è imbarazzante poiché la nave Diciotti ha raccolto i migranti illegali senza avere indicazioni dal Viminale circa un porto di sbarco e ora non è autorizzata ad attraccare benchè sia una nave militare italiana. Così si alimentano le polemiche e l’impressione che nel governo italiano non tutti remino nella stessa direzione circa lo stop all’immigrazione illegale, a partire dalla Guardia Costiera stessa.

Del resto il presidente della Camera, Roberto Fico, non ha mai nascosto la sua contrarietà alle iniziative di Salvini mentre già l’anno scorso la Guardia Costiera che rispondeva al ministro Graziano Del Rio (uno dei ministri del governo Gentiloni che aderirono allo “sciopero della fame” per far approvare la legge sullo Ius soli) fece del suo meglio per ostacolare il “Piano Minniti” teso a ridurre i flussi verso l’Italia potenziando le capacità della Guardia Costiera libica di controllare le sue acque bloccando e riportando indietro i clandestini. L'ammiraglio Giovanni Pettorino, da alcuni mesi alla testa della Guardia Costiera, ha ribadito che "risponderemo sempre a ciascuna chiamata di soccorso perché è un obbligo giuridico ma anche un obbligo che sentiamo moralmente. Noi non abbiamo mai lasciato solo nessuno in mare e operiamo sulla base della Convenzione di Amburgo per la ricerca ed il soccorso in mare, che è del 1979 ed è nata per episodi che accadono una volta ogni tanto, non all'ordine del giorno. Quello che sta accadendo adesso è invece un esodo epocale, biblico, con un intero popolo che si sposta o tenta di spostarsi via mare in un tratto breve ma pericoloso, con mezzi inadeguati e dunque occorre rivedere la Convenzione", ha aggiunto l’ammiraglio.

Proprio in base alla situazione attuale evidenziata da Pettorino, non si possono considerare i flussi migratori illegali alla stregua di naufragi, specie di fronte a imbarcazioni che non sono in pericolo e sulle quali scafisti e passeggeri rifiutano il soccorso, come è già accaduto in più occasioni, da motovedette tunisine, maltesi e persino dalle navi delle Ong (da quando l’Italia ha chiuso loro i suoi porti) perché puntano a raggiungere direttamente il suolo italiano. Si tratta di traffici criminali, non di naufraghi né di flussi di profughi in fuga dalla guerra e ogni accoglienza offerta dall’Italia o dalla Ue non farà che alimentare questi traffici.

Malta continua a giocare allo scaricabarile ma è giustificata anche dal fatto che i migranti illegali non vogliono essere salvati dai maltesi, ma raggiungere l’Italia mentre uno scontro tra i partner Ue non farebbe che favorire i trafficanti. Per questo la suddivisione dei migranti a bordo della Diciotti con i partner Ue, già attuata nelle scorse settimane per altri casi analoghi, rappresenterebbe un successo politico per Roma che solo un anno or sono vedeva Bruxelles rifiutarsi di rispondere agli appelli alla condivisione e alla solidarietà lanciati dal ministro Marco Minniti, ma contribuirebbe a incoraggiare nuove partenze dalle coste africane.

L’opzione evidenziata dal ministro Salvini, riportare tutti i migranti illegali in Libia, è l’unica credibile per l’Italia e per l’Europa, perché scoraggerà nuove partenze e azzererà il business dei trafficanti. Le accuse di illegalità dei respingimenti lasciano infatti il tempo che trovano tenuto conto che la Libia ha un governo riconosciuto e appoggiato da Onu, Ue e Italia e che a Tripoli e dintorni operano le agenzie dell’Onu per accogliere e rimpatriare i migranti illegali, attività finanziate in gran parte da fondi italiani. I numeri del resto parlano chiaro: 13 mila migranti riportati indietro dalle motovedette libiche dall’inizio dell’anno e oltre 30 mila rimpatriati in aereo da Tripoli dal luglio 2017.

La Ue dovrebbe quindi imitare la chiusura dei porti ai clandestini e alle navi che li trasferiscono in Europa disposta in Italia da Salvini.  Le navi militari europee dovrebbero riportare sulle coste nordafricane i migranti raccolti in mare, siano esse libiche, tunisine o marocchine, come nel caso dei flussi diretti in Spagna. Respingimenti assistiti sul modello di quelli attuati negli anni scorsi (con successo e senza vittime) dall’Australia.

Quanto all’Italia occorre coordinare meglio l’attività dei diversi ministeri per evitare che la Guardia Costiera operi senza coordinarsi con il Viminale. Del resto sono ben quattro i ministeri competenti sulle operazioni nel Canale di Sicilia: gli Interni per l’accesso ai porti, Esteri e Difesa per le operazioni navali Ue di Frontex e Operazione Sophia e quello dei Trasporti che gestisce la Guardia Costiera: decisamente troppi.