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CACCIA AL CENTRO

Di Maio e l'improbabile conquista dei moderati

Per chi dovrebbero votare i cosiddetti moderati, visto che nessun partito sembra al momento rappresentarli? Di Maio, almeno a parole, ci sta provando a conquistarli, ma non si capisce come possa attrarli, considerato che fino a pochi giorni fa lanciava messaggi di tutt’altro tenore.

Politica 16_05_2019

Ogni volta che si avvicinano le elezioni c’è sempre qualcuno che dice che “la battaglia si vince al centro”. L’affermazione è veritiera, se si pensa che moltissimi elettori sono indecisi fino all’ultimo su chi votare e spesso, se spaventati da estremismi e posizioni non equilibrate, preferiscono non andare a votare. L’ultimo sondaggio diffuso prima dell’obbligatorio silenzio elettorale dice che almeno un terzo dell’elettorato brancola nel buio e non ha ancora fatto la sua scelta di voto. Di qui l’esasperata campagna elettorale di queste ultime settimane, con i due partiti di governo sempre più divisi tra loro e impegnati a contendersi porzioni di quegli indecisi che potrebbero risultare determinanti per l’esito finale delle urne.

La propaganda elettorale è lecita, ma va preso atto del fatto che i contorsionismi e i voltafaccia sono ormai all’ordine del giorno. La situazione italiana è alquanto disarmante. Ci sono due vicepremier che si beccano praticamente su tutto e sembrano due ministri della comunicazione in servizio permanente effettivo. Tra le opposizioni non c’è nessuno che si distingua per originalità. Il Pd è ora guidato da Nicola Zingaretti, che non si capisce quando faccia il governatore del Lazio, ruolo che ricopre tuttora, visto che è impegnato quasi a tempo pieno nel suo nuovo ruolo politico di segretario del Pd. Forza Italia si regge ancora su Silvio Berlusconi, che tra acciacchi di salute, età avanzata e partito in liquefazione non riesce più ad essere attrattivo. Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia non sfondano e nei sondaggi navigano tra i 4 e i 5 punti percentuali.

Per chi dovrebbero votare, quindi, il 26 maggio i cosiddetti moderati, visto che nessun partito sembra al momento rappresentarli? Luigi Di Maio, almeno a parole, ci sta provando a conquistarli, ma a tutto c’è un limite. Non si capisce come possa il leader pentastellato attrarre elettori che cercano moderazione, equilibrio e rassicurazioni, considerato che lui fino a pochi giorni fa lanciava messaggi di tutt’altro tenore.

Ricordiamo che le fortune politiche dell’attuale Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico si legano alla stagione dei “vaffa”, dei “no” su tutto, che hanno propiziato il successo dei grillini e ne hanno determinato l’ascesa al potere. Ma anche nell’ultimo anno Di Maio ha fatto di tutto fuorchè vestire i panni del moderato. Arrivò perfino a chiedere l’impeachment per il Capo dello Stato Sergio Mattarella, si è affacciato sul balcone di Palazzo Chigi per festeggiare la fine della povertà e soprattutto lo sforamento del debito per finanziare misure assistenzialistiche. Ma la contraddizione più stridente, la piroetta più eclatante del vicepremier pentastellato riguarda l’economia e si collega alla nuova impennata dello spread, schizzato a 290 punti.

Vi ricordate quando Matteo Salvini e Luigi Di Maio tuonavano all’unisono contro i burocrati europei, denunciavano gli speculatori internazionali e consideravano lo spread un numeretto privo di significato? Il vicepremier pentastellato addirittura voleva sospendere i finanziamenti italiani all’Unione europea. Bene, oggi non è più così. Il leader leghista si è mantenuto coerente con quella impostazione, giusta o sbagliata che sia, e ha dichiarato nelle scorse ore che il 3% nel rapporto deficit-Pil “si deve sforare”, pur di assicurare al Paese di poter ripartire. Di Maio, invece, pur di schiacchiare sulla destra Salvini, ha dichiarato che lui vuole “far salire il salario minimo e non lo spread” e che bisogna scongiurare il rischio di una crescita dello spread. Ma allora a quale Di Maio bisogna credere? A quello che soltanto qualche mese fa giudicava irrilevante il parametro dello spread o al Di Maio moderato e appiattito sui vincoli europei?

L’annuncio del Capitano sul debito ha spaventato i mercati e il differenziale tra bund e btp è tornato a impennarsi. I grillini stanno prendendo la palla al balzo per tirarsi fuori dall’angolo nel quale il leader leghista li aveva confinati con la sua debordante propaganda politica e provano a conquistare i ceti moderati, anche attraverso annunci roboanti su bonus bebè e altri aiuti alle famiglie.

Ma i grillini ci hanno abituato da tempo ai loro cambiamenti continui (in questo senso si tratta senz’altro di un “governo del cambiamento”). L’elettorato è fluido e per conquistarlo loro sono disposti a corrergli dietro e ad assecondarne umori e pulsioni. Ma tutto questo alla lunga non può pagare perché le cose annunciate andrebbero fatte, prima che la gente capisca che è tutta una sceneggiata. In campagna elettorale sembra essersi scatenata una guerra tra populisti, a suon di fake news e prese in giro sulla pelle degli italiani. Ma la dura realtà, soprattutto in campo economico, presto ci presenterà il conto.