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IL CASO

Contraccezione e aborto, la lezione della Francia

L'uso di metodi contraccettivi non fa diminuire il numero degli aborti, al contrario. I dati francesi sono inequivocabili e dicono che sarebbe assurdo se l'Italia investisse le già poche risorse in piani di educazione sessuale nelle scuole.

Vita e bioetica 19_07_2014
Figura 1

Se si volesse cercare un esempio del fallimento di tutta la strategia contraccettiva nel prevenire l'aborto, non si potrebbe trovarne uno più chiaro e lampante di quello francese. 

L'educazione sessuale è entrata nelle scuole transalpine dal 1973 ed è diventata obbligatoria con la legge del 4 luglio 2001 che prevede tre sessioni annuali a partire dalle scuole elementari con programmi differenziati a seconda dell'età degli studenti. Già alle medie gli studenti sono "formati" alla contraccezione anche attraverso l'intervento di associazioni come Le Planning Familial, il cui slogan, "Liberté, Egalité, Sexualités" esprime con una certa efficacia il baricentro pubico dell'ideologia libertaria.

L'ente ufficiale di statistica francese Drees ha pubblicato sul bollettino di giugno Études & Résultats le ultime cifre definitive per il 2012: 219.156 aborti, un tasso di 14,5 per mille donne in età fertile. Erano stati 222.307 nel 2011, 225.127 nel 2010, 222.137 e 222.805 rispettivamente nel 2009 e 2008. Grazie al Programma di Medicalizzazione dei Sistemi Informativi (PMSI), l'Istituto ha anche rilevato una tendenza ad un incremento per il 2013 prospettato intorno al 4,7% rispetto all'anno precedente. Nella sola Francia Metropolitana (il territorio europeo della Francia senza i territori d'oltremare, ndr) si tratterebbe di un aumento di circa 10.000 aborti (da 207.120 a 216.854).

Si tratta di livelli altissimi consolidatisi ormai da anni, simili a quelli di Regno Unito e Svezia, altre nazioni che dell'educazione sessuale a scuola sono state modello di zelo applicativo. I fan del pillolame hanno tentato di attribuire l'incremento di aborti al timore generato in Francia dall'azione legale promossa contro la Bayer da parte di una giovane donna colpita da un evento cerebrovascolare. Ne è seguita la revoca da parte del ministero della Salute del rimborso alle pillole di terza generazione a partire dal 31 marzo 2013, oltre il ritiro dal mercato di una pillola utilizzata anche per la terapia dell'acne.

Si tratta però di una spiegazione insostenibile. L'indagine Fécond 2013, condotta congiuntamente dagli istituti Inserm (Istituto Nazionale della Sanità e della Ricerca Medica) e Ined (Istituto Nazionale di Studi Demografici), ha mostrato la riduzione del consumo di pillole di terza e quarta generazione nel 2013 rispetto al 2010 e lo spostamento di una parte delle donne verso altri metodi contraccettivi [Fig. 1].

Figura 1

Tra le donne francesi sessualmente attive che non desiderano rimanere incinte, è stabile al 3,1% la percentuale di quante non adottano alcun metodo contraccettivo; il 96,9% continua ad essere sotto contraccezione. Inoltre due donne su tre che vanno ad abortire sono rimaste incinte nonostante avessero usato la contraccezione. Rispetto al 2010 la copertura contraccettiva complessiva delle francesi, calcolata dall'efficacia dei metodi secondo l'uso tipico, è diminuita nel 2013 in misura irrisoria del solo 0,6% [Fig. 2].

Figura 2

Le cifre ufficiali riportano inoltre la distribuzione di un milione e duecentomila confezioni di pillola del giorno dopo e 46.000 confezioni di pillola dei cinque giorni dopo. L'analisi dei dati mostra quindi in modo chiaro che l'abbandono delle pillole di terza e quarta generazione non può essere alla base dell'incremento di ben diecimila aborti.

Che cosa può quindi avere determinato l'impennata del 2013 rispetto ad un livello già molto alto? Nel 2013 in Francia l'aborto è stato completamente reso rimborsabile per tutte le donne ed è aumentata la remunerazione per aborto a vantaggio delle strutture ospedaliere. Queste sono motivazioni ritenute rilevanti dagli stessi esperti dell'Istituto di Statistica francese e si integrano perfettamente nei modelli comportamentali descritti dalle teorie delle scelte razionali e del comportamento pianificato, oltre ad essere coerenti con le evidenze empiriche americane che mostrano come quanto più l'aborto è reso accessibile, tanto più esso tende ad essere praticato.

Le cifre sono anche il prodotto di un clima morale devastato al punto tale da fare dire a Gérard Araud, ambasciatore di Francia alle Nazioni Unite, che  «il rifiuto dell'aborto è una violazione del diritto internazionale umanitario».

Che cosa può insegnare quindi l'esperienza francese a noi italiani? Essa indica con chiarezza che se si vuole davvero contrastare la piaga dell'aborto, è demenziale e puramente ideologico investire le già esigue risorse in programmi volti a diffondere sessualità e contraccezione. Fornisce ulteriori indizi a sostegno della previsione che la facilitazione economica dell'aborto porta a più aborti; la soddisfazione delle rivendicazioni economiche da parte dei medici abortisti andrebbero proprio in questo senso. L'apertura del mercato abortivo al settore privato, obiettivo da sempre perseguito dal fronte libertario, costituirebbe un inserimento incentivante l'aborto. L'obiezione di coscienza dei medici all'aborto è bene prezioso, perché essa costituisce al contempo un indicatore ed un protettore della decenza morale di una nazione.