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Conformista e di regime: l'Unità è rinata già vecchia

Ho comperato l’Unità. Era il numero della rinascita. Glielo dovevo. Era il numero 1”. Era evidente che la nuova Unità voleva presentarsi come la prosecuzione della vecchia. L’impressione è di un giornale che nasce già puntellato dalle istituzioni e dal potere. Un giornale troppo correttamente di sinistra, ortodosso e allineato.

Politica 02_07_2015
Il primo numero della nuova Unità

Caro direttore,

martedì ho comperato l’Unità. Era il numero della rinascita. Glielo dovevo. Era il numero 1. L’annata, però, indicata sotto la testata era la 92ma. “Anno 92 – n. 01”. Era evidente che la nuova Unità voleva presentarsi come la prosecuzione della vecchia, la continuazione di una gloriosa storia. Non manca infatti l’indicazione: «fondata da Antonio Gramsci nel 1924», a scanso di equivoci. Retorica? Certamente. Del resto una rinascita merita un po’ di retorica. Basta leggere come inizia il primo editoriale del direttore, Erasmo D’Angelis: «Lo dico subito, prima di cominciare. Accidenti che emozione l’Unità». Clima da primo giorno di scuola, insomma. Batticuori da neofiti o da chi è conscio di essere stato portato sulle spalle di giganti. 

La retorica del primo numero, bisogna riconoscerlo, non è naif, è stata pilotata e programmata. Poteva mancare il messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella? No di certo. E infatti c’è, assieme ad altri messaggi che pure non potevano mancare. Come quello della presidente della Camera Laura Boldrini («Il vostro inizio è una speranza»). Come quello di Walter Veltroni («Una storia meravigliosa»), l’ultimo vero direttore de l’Unità, quando esserlo significava nello stesso tempo il coronamento di una carriera politica e un trampolino di lancio per un ulteriore volo in alto. La retorica dei messaggi pilotati continua, però, anche nel secondo numero di mercoledì 1 luglio (sì, ho comperato anche quello!). Qui si cimentano le nuove generazioni: il ministro Boschi e il vicesegretario Serracchiani («Bentornata Unità»).

Tutto questo mi ha dato come l’impressione di un giornale che nasce già puntellato dalle istituzioni e dal potere. Un giornale troppo correttamente di sinistra, irregimentato e a modo. Un giornale ortodosso e allineato. Nessun articolo fuori le righe. Una pagina dedicata ai 90 anni di Napolitano, un intervento sulla scuola di Luigi Berlinguer, la difesa strenua del partito su Mafia capitale, l’enfasi posta sul piano di ristrutturazione edilizia delle scuole italiane del governo. Linea di regime, scontata e prevedibile. Un giornale ubbidiente. Più di funzionari che di giornalisti. Ci sono anche le vignette di Staino, è vero, ma anch’esse ormai appartengono a un repertorio più che a delle novità.

Una cosa interessante del primo numero è l’immagine di papa Francesco che campeggia in alto a destra: “Basta saccheggiare sorella Terra”. L’Unità annuncia la pubblicazione a puntate dell’enciclica Laudato si’ e comincia proprio col primo numero, senza paura. Per l’Unità, Francesco è «il Papa che scuote le coscienze». Per chiamare “sorella” la Terra, bisogna però sapere cosa significa la parola sorella. Questo richiama a dei legami familiari di fratellanza che derivano dall’essere fratelli e sorelle con un papà e una mamma. Almeno così è per rispetto di quella “natura” su cui, secondo l’Unità, papa Francesco scuote le coscienze. Ma nel primo numero de l’Unità, accanto al primo brano dell’enciclica, ci sono due pagine sulla piccola Lia: “Io felice con due papà”. Lia – spiega l’Unità – ha nove anni, adora i gatti, prende tutti dieci, gioca a calcio, danza e ha il sogno di cantare a Broadway e … ha due papà. Ciò accade «Quando cadono i confini dell’amore», come voluto da Barak Obama, Hillary Clinton e – sono sempre valutazioni de l’Unità – da Papa Francesco che ha detto «chi sono io per giudicare?».

Lia non saprà bene cosa vuol dire mamma e non potrà parlare di “madre Terra”. Avrà difficoltà a elaborare il concetto di sorella e non potrà parlare di “sorella Terra”. Non potrà capire, se un giorno la leggerà, l’enciclica del Papa che, invece, usa queste espressioni. E non potrà, cosa forse più grave per la cultura di sinistra, maturare una vera sensibilità ecologica. Forse, Lia non riuscirà nemmeno a comprendere il termine “natura”, aldilà, ovviamente del suo significato consumistico e giornalistico. L’Unità della rinascita si presenta come un giornale conformista e già vecchio, fedele al copione di una cultura di sinistra neoborghese travestita da sensibilità sociale ed ecologica. Caro direttore, credo che avere acquistato il giornale per due giorni di seguito sia più che sufficiente.