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L'UDIENZA DEL PAPA

Comunione, diventiamo ciò che mangiamo

Testo dell'Udienza Generale di Papa Francesco. "Nutrirsi dell’Eucaristia significa lasciarsi mutare in quanto riceviamo. Ci aiuta sant’Agostino a comprenderlo, quando racconta della luce ricevuta nel sentirsi dire da Cristo"

Ecclesia 21_03_2018
Comunione

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi è il primo giorno di primavera, buona primavera! cosa succede in primavera, fioriscono le piante e gli alberi? Vi chiedo ora, un albero o una pianta malati fioriscono bene? No! un albero o una pianta che non sono annaffiati dalla pioggia possono fiorire bene? No, e un albero o una pianta senza radici possono fiorire? No e allora questo è un messaggio, la vita cristiana è una vita che deve fiorire e la radice chi è? È Gesù, se non innaffiamo la nostra vita con i sacramenti e la preghiera non potremo avere una vita cristiana.

Vi auguro che questa primavera sia per voi una primavera fiorita, di virtù, di fare bene agli altri. Ricordate, "quello che l'albero ha di fiorito viene da quello che ha sottoterra". Grazie. Continuiamo adesso con la catechesi della Santa Messa. La celebrazione della Messa, di cui stiamo percorrendo i vari momenti, è ordinata alla Comunione sacramentale, la comunione sacramentale, non quella spirituale che si può anche fare in privato. Celebriamo l’Eucaristia per nutrirci di Cristo, che ci dona sé stesso sia nella Parola sia nel Sacramento dell’altare, per conformarci a Lui. Lo dice il Signore stesso: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui» (Gv 6,56).

Infatti, il gesto di Gesù che diede ai discepoli il suo Corpo e Sangue nell’ultima Cena, continua ancora oggi attraverso il ministero del sacerdote e del diacono, ministri ordinari della distribuzione ai fratelli del Pane della vita e del Calice della salvezza. Nella Messa dopo aver spezzato il Pane consacrato, il sacerdote lo mostra ai fedeli, invitandoli a partecipare al convito eucaristico. Conosciamo le parole che risuonano dal santo altare: «Beati gli invitati alla Cena del Signore: ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo». Ispirato a un passo dell’Apocalisse – «beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello» (Ap 19,9) –  sono nozze perché Gesù è lo sposo della Chiesa, questo invito ci chiama a sperimentare l’intima unione con Cristo, fonte di gioia e di santità. E’ un invito che rallegra e insieme spinge a un esame di coscienza illuminato dalla fede. Se da una parte, infatti, vediamo la distanza che ci separa dalla santità di Cristo, dall’altra crediamo che il suo Sangue viene «sparso per la remissione dei peccati». Tutti noi siamo stati perdonati nel battesimo e lo saremo ogni volta che ci accostiamo al sacramento della penitenza, ricordiamo che Gesù perdona sempre, non si stanca mai, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono. Proprio pensando al valore salvifico di questo Sangue, sant’Ambrogio esclama: «Io che pecco sempre, devo sempre disporre della medicina» (De sacramentis, 4, 28: PL 16, 446A). In questa fede, anche noi volgiamo lo sguardo all’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo e lo invochiamo: «O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato».

Se siamo noi a muoverci in processione per fare la Comunione, andiamo in processione verso l'altare, in realtà è Cristo che ci viene incontro per assimilarci a sé. Nutrirsi dell’Eucaristia significa lasciarsi mutare in quanto riceviamo. Ci aiuta sant’Agostino a comprenderlo, quando racconta della luce ricevuta nel sentirsi dire da Cristo: «Io sono il cibo dei grandi. Cresci, e mi mangerai. E non sarai tu a trasformarmi in te, come il cibo della tua carne; ma tu verrai trasformato in me» (Confessioni VII, 10, 16: PL 32, 742). Ogni volta che facciamo la comunione somigliamo sempre più in Gesù. Come il pane e il vino sono convertiti nel Corpo e Sangue del Signore, così quanti li ricevono con fede sono trasformati in Eucaristia vivente. Al sacerdote che, distribuendo l’Eucaristia, ti dice: «Il Corpo di Cristo», tu rispondi: «Amen», ossia riconosci la grazia e l’impegno che comporta diventare Corpo di Cristo. Questo è molto bello! Mentre ci unisce a Cristo, strappandoci dai nostri egoismi, la Comunione ci apre ed unisce a tutti coloro che sono una sola cosa in Lui. Ecco il prodigio della Comunione: diventiamo ciò che riceviamo!

La Chiesa desidera vivamente che anche i fedeli ricevano il Corpo del Signore con ostie consacrate nella stessa Messa; e il segno del banchetto eucaristico si esprime con maggior pienezza se la santa Comunione viene fatta sotto le due specie, pur sapendo che la dottrina cattolica insegna che sotto una sola specie si riceve il Cristo tutto intero (cfr Ordinamento Generale del Messale Romano, 85; 281-282). Secondo la prassi ecclesiale, il fedele si accosta normalmente all’Eucaristia in forma processionale e si comunica in piedi con devozione, oppure in ginocchio, come stabilito dalla Conferenza Episcopale, ricevendo il sacramento in bocca o, dove è permesso, sulla mano, come preferisce (cfr OGMR, 160-161). Dopo la Comunione, a custodire in cuore il dono ricevuto ci aiuta la preghiera silenziosa, prolungare quel momento di silenzio con Gesù nel cuore, come pure un salmo o un inno di lode (cfr OGMR, 88).

La Liturgia eucaristica è conclusa dall’orazione dopo la Comunione. In essa, a nome di tutti, il sacerdote si rivolge a Dio per ringraziarlo di averci resi suoi commensali e chiedere che quanto ricevuto trasformi la nostra vita. E’ significativa l’orazione di oggi, in cui chiediamo al Signore che «la partecipazione al suo sacramento sia per noi medicina di salvezza, ci guarisca dal male e ci confermi nella sua amicizia» (Messale Romano, Mercoledì della V settimana di Quaresima). Accostiamoci all'Eucarestia, a ricevere Gesù che ci fa tanto forti e grandi, è tanto buono e tanto grande il Signore, grazie!