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PERSECUZIONE

Chiesa che Soffre, la notte dei testimoni

Il 15 maggio scorso la fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre ha organizzato in Spagna una «Notte dei Testimoni» presieduta dal cardinale Carlos Osoro nella cattedrale di Madrid. Due testimonianze di perseguitati, in particolare, toccano il cuore: la prima dalla Nigeria, la seconda dal Vietnam.

Libertà religiosa 19_05_2017
Il cardinale Van Thuan

Il 15 maggio scorso l’Aiuto alla Chiesa che Soffre, benemerita fondazione pontificia fondata da Padrelardo (il premostratense Wierenfried Van Straaten: che aspettano a beatificarlo?), ha organizzato in Spagna una «Notte dei Testimoni» presieduta dal cardinale Carlos Osoro nella cattedrale di Madrid.

Durante l’incontro sono state presentate diverse testimonianze di persecuzione anticristiana, due delle quali (riportate dal sito Aleteia.org) sono particolarmente rappresentative perché narrano le due forme di persecuzione, quella hard e quella soft, non si sa – si passi l’espressione un po’ estrema - quale più insopportabile. Cioè: meglio una decapitazione subitanea o uno stillicidio senza fine? Meglio non scegliere. Veniamo dunque alla prima. La responsabile della comunicazione della sezione spagnola dell’Acs, Raquel Martín, ha narrato la storia di Rebecca quale l’ha sentita dalla sua viva voce. Rebecca è una nigeriana cristiana che viveva a Baga, un villaggio del Nordest. Aveva ventiquattro anni, un marito, Vitrus, e due figli, Zacharias di due anni e Jonathan di uno, quando arrivò Boko Haram. Sparando a tutti gli uomini; le donne i fanatici jhadisti usano risparmiarle per l’uso che vedremo. Rebecca, che era pure incinta, cercò di scappare insieme al marito e ai figli. Ma, non riuscendo a tenere il passo, lei e Vitrus decisero di fuggire in direzioni diverse. Lei, se raggiunta, sarebbe stata sequestrata. Ma lui sarebbe stato sicuramente ucciso. Naturalmente, lei fu subito presa. Dalle raffiche di mitra sparate in tutto il villaggio lei trasse la convinzione che suo marito fosse stato ammazzato. Sappiamo che lui, in realtà, riuscì a mettersi in salvo, ma anche lui, sentendo i colpi alle sue spalle, pensò che la sua famiglia fosse stata trucidata. Rebecca fu portata via con i figlioletti. Al campo di Boko Haram, sulle sponde del lago Ciad, doveva fare la schiava, sia di fatica che sessuale. La seconda opzione era quella che le suscitava maggior schifo e ribrezzo. Si oppose con tutte le sue forze, ma rimediò solo botte e denti spezzati.

Non solo. Per piegarla, i miliziani presero suo figlio Zacharias, quello di due anni, e lo gettarono nel lago sotto ai suoi occhi. Il piccolo annegò. Rebecca, a furia di violenze, perse anche il figlio che aveva in pancia. In compenso rimase incinta di chissà quale dei suoi stupratori. Ma Boko Haram non dimenticava di essere una setta religiosa, perciò la donna veniva costretta a recitare cinque volte al giorno le preghiere islamiche rivolta alla Mecca. Lei ubbidiva, ma mentalmente si rivolgeva a Cristo. La costringevano anche a sgranare quella specie di rosario con cui i musulmani invocano i nomi di Allah. Lei, a ogni grano, un’avemaria mentale. Trascorsero così due anni, dopo i quali Rebecca riuscì in modo avventuroso a scappare portandosi dietro il figlio di suo marito e quello avuto dal miliziano. Dopo settimane di vagabondaggio finalmente riuscì a tornare a casa. Giusto in tempo: il marito, credendola morta, stava per risposarsi. Grazie alla chiesa locale questa storia è finita bene. Infatti, Vitrus ha ripreso in casa Rebecca ed accettato anche il figlio della violenza. Solo un cristiano poteva fare, da quelle parti, una cosa del genere.

L’altra testimonianza che colpisce è quella del carmelitano vietnamita François Xavier Tien, il quale ha parlato della condizione dei cristiani nel suo Paese. Da quando il cristianesimo vi arrivò, nel XVI secolo, la storia è quella di una persecuzione senza fine, intervallata da brevi periodi di calma. Fu la Francia, detentrice del protettorato sul Tonchino, a far cessare la carneficina nel XIX secolo. Ancora nel 1885 la mattanza era in corso. In quell’anno tutti gli abitanti del villaggio dove poi nacque il cardinale Van Thuan (da poco dichiarato Venerabile) morirono bruciati nella chiesa in cui avevano cercato rifugio. Poi, l’avvento dei comunisti e la lunga guerra persa dagli americani hanno portato al Vietnam comunista di oggi. Il cardinale di cui sopra si è fatto tredici anni di carcere, di cui nove in isolamento. Oggi le acque si sono calmate, ma i cristiani devono sottostare a una vigilanza molto simile a quella vigente in Cina. Eppure, come in Cina, continuano a crescere…