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Che cos’è la Carità - Il testo del video

La virtù teologale della Carità è la più nobile tra le virtù, quella che tutte le altre ordina e senza la quale tutte le altre sarebbero nulla. Essa è anzitutto amicizia con Dio, virtù soprannaturale che inclina la volontà all’amore di Dio e del prossimo.

Catechismo 10_04_2022 English Español

Il tema di questa lezione riguarda la VIRTÙ TEOLOGALE DELLA CARITÀ.
Per comprendere il significato della carità, termine oggi molto inflazionato, ci riferiremo alla Somma Teologica, seguendo quella che è la grande Tradizione della Chiesa confluita nell'esposizione appunto di San Tommaso, ma anche in riferimento ad altre fonti e ad altri testi.

Lo stesso San Tommaso dedica molte quaestiones alla carità (nella II-II), dalla 23 alla 44. Ora cerchiamo di tracciare un quadro generale e sintetico, che sarà anche il nostro percorso.

  • Nella prima parte ci si chiede che cosa sia la carità in se stessa, ovvero L'ESSENZA DELLA CARITÀ (Quaestiones 23 e 27).
  • Le Quaestiones 24 e 25 invece sono rispettivamente dedicate al SOGGETTO E OGGETTO DELLA CARITÀ. Soggetto, ovvero la carità che inerisce all'uomo, nella sua volontà; oggetto, ovvero chi è il destinatario di questa carità.
  • La Quaestio 26 parla dell'ORDINE DELLA CARITÀ, perché nella carità c'è un ordine ben preciso, secondo quanto ci viene dalla Scrittura e dalla Tradizione dei Padri.
  • Le Quaestiones dalla 28 alla 33, riferiscono gli EFFETTI DELLA CARITÀ, come la gioia, la benevolenza, la misericordia...  
  • E infine una lunga carrellata, dalla 34 alla 43, tratta dei VIZI OPPOSTI ALLA CARITÀ, ovvero l'odio, lo scisma, la sedizione ...
  • La Quaestio 43, l'ultima, parla dei PRECETTI DELLA CARITÀ

CHE COS'È LA CARITÀ?

Siamo nel primo articolo della quaestio 23; san Tommaso ci spiega che la carità ha natura di AMICIZIA e il riferimento è il capitolo 15 del Vangelo di san Giovanni, dove Gesù dice, "non vi chiamo più servi, ma amici".
La carità ha dunque natura di amicizia:

 "Se invece non vogliamo del bene alle cose amate, ma il loro stesso bene lo vogliamo a noi, come quando amiamo il vino, o altre cose del genere, non si ha un amore di amicizia, ma di concupiscenza".

Per esempio, la lussuria che oggi viene chiamata amore, non ha nulla a che vedere con l'amore e con la carità. La lussuria infatti è un amore di concupiscenza, oltretutto disordinato: utilizzare la persona per un appagamento del concupiscibile, nell’atto di adulterio o nella fornicazione. La carità invece non è un amore di concupiscenza, né illegittimo, né legittimo, è invece un amore di amicizia e di benevolenza.

- L'amicizia è una comunanza, ma allora ci si può domandare: come può esserci amicizia e comunanza, ovvero una certa parità, tra uomo e Dio?

Per rispondere san Tommaso riporta un testo della prima lettera ai Corinzi, versetto 9:

"Fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!"

A differenza dell'amicizia umana, che è una amicizia tra pari per natura, la carità è un'amicizia particolare, perché richiede che Dio ci elevi in qualche modo alla vita divina. Quindi la carità è anzitutto possibile in quanto Dio ha amato l'uomo per primo, elevando l'uomo a Sé stesso.

- San Tommaso si chiede anche: come è possibile parlare di amore tra amici se la carità chiede anche di amare i nemici?

"Si può amare una persona in due maniere. Primo, per se stessa: e in questo senso non si può avere amicizia che per un amico. Secondo, si può amare qualcuno a motivo di un'altra persona: come quando, per l'amicizia che uno nutre verso un amico, ama tutti coloro che gli appartengono, siano essi figli, servi, o in qualsiasi altro modo a lui attinenti. E l'amore può essere così grande da abbracciare per l'amico quelli che gli appartengono, anche se ci offendono e ci odiano. Ed è così che l'amicizia della carità si estende anche ai nemici, i quali sono amati da noi per carità in ordine a Dio, che è l'oggetto principale di questa amicizia" (q. 23, a. 1, ad 2).

La carità è amore di Dio e del prossimo in ordine a Dio, ed è appunto un amore di amicizia, di benevolenza, che è possibile solo perché Dio ci ha elevato ad un ordine superiore e ha creato tra noi e Lui una sorta di comunanza.

Nell'articolo 2, san Tommaso si chiede se la carità sia qualcosa di creato nell'anima.
In questo articolo san Tommaso ha di mira una cosa molto importante.
Si potrebbe pensare che, essendo Dio stesso carità, la carità nell'uomo sia niente altro che la presenza di Dio. Questa presenza di Dio è vera, nel senso in cui tutta la Tradizione parla dell’inabitazione della Santissima Trinità nell'anima in grazia.

La domanda che però san Tommaso si fa è un'altra:

Poiché Dio è carità, in quale senso l'atto di carità del cristiano è la vita di Dio in noi? È Dio che opera in noi a prescindere da noi, oppure opera in noi, servendosi delle facoltà dell'uomo secondo la loro natura? Di conseguenza, possiamo dire che la volontà dell'uomo sia tale e sia libera?

San Tommaso afferma:

“È necessario che la volontà sia mossa dallo Spirito Santo, in modo da essere essa stessa la causa di tale atto".

Altrimenti non sarebbe l'uomo a vivere e a compiere atti di carità, ma sarebbe Dio il soggetto e l'uomo risulterebbe un mero strumento. Invece,

"Dio, che muove tutti gli esseri al loro fine, ha posto in ciascuno di essi delle forme che danno loro l'inclinazione verso i fini da lui prestabiliti: ed è in questo senso che Dio, a detta della Scrittura, "dispone tutto con soavità". Ora, è evidente che l'atto della carità sorpassa la natura della potenza volitiva. Perciò se alla potenza naturale non si aggiunge una forma che la pieghi all'atto dell'amore, tale atto rimarrebbe più imperfetto degli atti naturali e degli atti delle altre virtù; e tale atto non sarà né facile, né piacevole. Ma ciò è evidentemente falso: poiché nessuna virtù ha tanta inclinazione al proprio atto quanto la carità, e nessuna opera con tanto godimento. Perciò l'atto della carità richiede, più di ogni altro, che esista in noi una forma aggiunta alla potenza naturale, che la pieghi all'atto della carità, e che la faccia agire con prontezza e con gioia".

La carità è dunque virtù soprannaturale che inclina la volontà all’amore di Dio e del prossimo, rispettando la natura della volontà stessa, che viene elevata, non distrutta.

San Tommaso aggiunge:

"L'essenza divina è per sé stessa carità, come è sapienza e bontà. Perciò come si può dire che noi siamo buoni della bontà che è Dio, e sapienti della sapienza che è Dio, perché la bontà che ci rende formalmente buoni è una partecipazione della bontà divina, e la sapienza che ci rende formalmente sapienti è una partecipazione della divina sapienza; così la carità con la quale formalmente amiamo il prossimo è una partecipazione della carità divina" (q. 23, a. 2, ad 1).

Questo testo introduce un principio cardine della filosofia di San Tommaso: il principio di partecipazione. L'uomo è buono in quanto partecipa della bontà di Dio, l'uomo è sapiente in quanto partecipa della sapienza di Dio, l'uomo è caritatevole in quanto partecipa della carità di Dio...

Infine san Tommaso dedica alcuni articoli (dal 4 all’8) a descrivere la carità come una virtù speciale.

1. LA CARITÀ È LA PIÙ NOBILE DELLE VIRTÙ.

“È necessario che tra le stesse virtù teologali sia più nobile quella che meglio raggiunge Dio. D'altra parte (è noto che) i mezzi diretti sono superiori a quelli indiretti. Ora, la fede e la speranza raggiungono Dio in quanto causa in noi la conoscenza della verità e il conseguimento della beatitudine, ma la carità raggiunge Dio come è in se stesso, non in quanto noi riceviamo qualche beneficio da lui. Perciò la carità è più nobile della fede e della speranza; e quindi di tutte le altre virtù” (a. 6)

2. Ogni virtù ha il suo fine e il suo obiettivo, ma ordinare ciascuna virtù al fine sommo non può farlo la singola virtù. OCCORRE UNA VIRTÙ CHE ORDINI TUTTE LE VIRTÙ AL FINE ULTIMO. QUESTA VIRTÙ È LA CARITÀ.

"La vera virtù in senso assoluto è quella che ordina al bene principale dell’uomo [...] e così non può esserci nessuna vera virtù, senza la carità. Se invece si considera la virtù in rapporto a un fine particolare, allora si può parlare di virtù senza la carità, in quanto cioè è ordinata a un bene particolare. Però se codesto bene particolare non è vero bene, ma apparente, la virtù ad esso correlativa non sarà una vera virtù, ma una sua falsa immagine” (a. 7)

3. Nell'articolo 8 infine San Tommaso dice che LA CARITÀ DÀ LA FORMA AGLI ATTI DI TUTTE LE ALTRE VIRTÙ ED IN QUESTO SENSO SI DICE CHE ESSA È LA FORMA DELLE ALTRE VIRTÙ.

Il bene ultimo dell'uomo è Dio, il fine ultimo dell'uomo è Dio; la carità sovra-ordina le virtù umane a Dio. In questo senso dà forma a tutte le altre virtù, e le altre virtù senza la carità sono nulla. Proprio perché la carità è l'amore di Dio per se stesso e l'amore del prossimo per ed in ordine a Dio, bene ultimo dell’uomo.