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PAOLO IL CALDO

Cancella il debito. Catilina è il maestro di Tsipras

La promessa di cancellare l’obbligo di restituire i soldi ricevuti in prestito ingolosisce la gente e la porta a fare scelte pazze. Succede così fin dall’antichità: lo fece Catilina nel 62 a. C. che promise al popolo di cancellare tutti i debiti. Finì come sappiamo, e oggi, più di duemila dopo, ci riprova la Grecia di Tsipras.

Paolo il caldo 09_07_2015
Paolo Togni

Verso a fine degli Anni ’60 del primo secolo avanti Cristo tra i protagonisti della vita politica romana fu Lucio Sergio Catilina. Oltre ad essere un considerato oratore, egli dimostrò in varie guerre il suo valore, e si prefisse la conquista del consolato come un passaggio irrinunziabile del suo cursus honorum. In vista della sua candidatura per le elezioni del 62 a.C. in occasione della quale fu oggetto di calunnie che appare arduo accettare come verità, sottoscrisse quello che oggi definiremmo un programma elettorale, un documento intitolato Tabulae novae: ne era punto essenziale la remissione di tutti i debiti.

Tutti conoscono come finirono le cose, anche se la vulgata di un Catilina scellerato e ribelle trasmessacida quel gentiluomo di Cicerone va ben considerata e ponderata. Sta di fatto che l’episodio dimostra che la promessa di cancellare l’obbligo di restituire i soldi ricevuti in prestito ingolosisce la gente e la porta a fare scelte che in altri contesti avrebbe rifiutato. A oltre due millenni da Casilina, la storia si ripete, con un personaggio che presenta col patrizio romano non poche similitudini: brillantezza, turbolenza (Tsipras l’ha manifestata lungo tutta la sua vita politica come leader giovanile e studentesco: dal G8 di Genova fu rimpatriato in quanto elemento turbolento), spregiudicatezza. Da qualche mese, prima in campagna elettorale e poi divenuto primo ministro, il suo impegno è convincere prima i greci, poi tutti gli europei, che i debiti non si pagano, anzi, che è da mascalzoni chiederne la restituzione; come Catilina, appunto. 

La differenza tra Catilina e Tsipras è che il primo fu bloccato dal Senato, dovette fuggire e morì non ingloriosamente in battaglia; e che il secondo – che ha conquistato il governo, sia pure in un piccolo Paese – tiene in scacco l’intera Europa, appesantita nella sua azione dalle remore socialiste. Ora, dopo aver indetto un referendum senza senso nel quale alla domanda: “Volete pagare i vostri debiti?” i greci hanno risposto con un sonoro “No!”, il nostro sorprende tutti e si proclama vincitore della partita contro l’Europa – la quale in effetti ha già perso, avendo commesso l’errore di prestare alla Grecia oltre trecentocinquanta miliardi di euro perché potesse pagare parte dei suoi debiti sapendo di non rivederli – e contro il resto del mondo. Questa convinzione può derivare solo da una violenta eccitazione delle meningi; nessuno che sia compos sui potrebbe infatti arrivare a conclusioni del genere, che confliggono con la verità evidente della situazione. A meno che non sia in corso un potente tentativo di truffa, dal quale potrebbe essere ingannato solo chi non volesse vedere la verità.

Si può ben dire che la politica di Tsipras è una politica di inganni, non si sa quanti dei quali sono anche autoinganni: essa è destinata ad avere un certo successo solo se i creditori della Grecia e gli stessi governanti ellenici vorranno foderarsi di spessi fiocchi di bambagia occhi e orecchi, come non è impossibile che accada. E noi, cosa dobbiamo fare in questa situazione? Potere di incidere sulle scelte fondamentali non ne abbiamo: quindi la linea più seria è quella di andare avanti con coscienza retta a fare tutto il possibile per mantenere gli impegni che abbiamo assunto, in primo luogo verso noi stessi. Se questo sarà possibile col governo attuale, bene. Sennò dovremo cambiare qualcosa.