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a cura di Andrea Zambrano

IL CASO BRIZZI

Barbarie

E' un crinale pericoloso quello che separa il giornalismo dalla barbarie. Lo stesso crinale che segna la libertà di fare informazione dalla responsabilità di maneggiare materiale umano. Per un caso Brizzi che si chiude, purtroppo chissà quanti altri ne sono in previsione dato che il sistema funziona così e nessuno sembra intenzionato a mettervi dei freni. 

Fuori schema 01_08_2018
Fausto Brizzi

Non sarà facile per il regista Fausto Brizzi ricominciare la sua vita dopo lo tsunami che lo ha coinvolto questo inverno a seguito delle accuse rivoltegli da alcune aspiranti attrici che lo hanno costretto a subire un'inchiesta per violenza sessuale e molestie. Non sarà facile, ma la richiesta di archiviazione presentata ieri da ben tre pm di Milano, due delle quali donne, il procuratore aggiunto Maria Monteleone e i pm Francesca Passaniti e Pantaleo Polifemo, gli consentirà di risalire la china dell'onorabilità in Paese dove la caccia al mostro è sempre in attività. 

Dunque, secondo i pm, il "fatto non sussite". Significa che durante le indagini, estese anche ai casi che si sarebbero verificati dopo i sei mesi canonici per presentare una denuncia, non c'è stato il reato ascritto. Tocca ora al Gip confermare quella richiesta di archiviazione. Una prima riflessione però è d'obbligo. Al netto delle motivazioni tecniche e del silenzio dei legali di Brizzi. Il regista non era stato accusato da un pm che aveva raccolto una regolare denuncia di una sua presunta vittima, ma la procura è dovuta intervenire dopo la denuncia presentata a seguito del clamore della trasmissione "Le Iene" che aveva raccontato con dovizia di particolari le presunte molestie di Brizzi. Molestie che a quanto pare non ci sono state. 

Ora, se il Gip archivierà definitivamente la vicenda, Brizzi potrà denunciare le Iene per diffamazione, ma anche questo in fondo è soltanto una fastidiosa conseguenza di una caccia alle streghe che sull'onda del #metoo italiano non ha prodotto nulla di concreto e per uscire dalla quale non  sarà difficile invocare il diritto di cronaca.

Quel che resta è la barbarie di una campagna mediatica che si sostituisce alla magistratura e getta fango, accusandola direttamente di un reato, su una persona che fino a prova contraria dovrebbe essere tutelata in quanto presunto innocente. Dov'è il confine tra il giornalismo d'inchiesta e di denuncia e la caccia alle streghe? Probabilmente in questo caso, come in molti altri, il confine non c'è più. 

A Brizzi è andata bene perché almeno nel suo caso una procura si è mossa in tempi tutto sommato celeri per verificare l'attendibilità delle accuse, anche se partite da un canale improprio per la denuncia di un reato quale è un giornale, il cui compito non è quello di sostituirsi alla magistratura, ma di evidenziare dei problemi la cui soluzione non spetta certo al circuito mediatico. Ma quanti sono rimasti invischiati nel fango di un sospetto dopo che fortunate tramissioni televisive hanno abusato del loro ruolo e si sono intestate campagne di moralizzazione dando la caccia a destra e a manca ai trasgressori? 

Per loro spesso l'onta resta per sempre e non c'è nemmeno un pm che si incarichi di correggere il tiro. E' un crinale pericoloso quello che separa il giornalismo dalla barbarie. Lo stesso crinale che segna la libertà di fare informazione dalla responsabilità di maneggiare materiale umano. Per un caso Brizzi che si chiude, purtroppo chissà quanti altri ne sono in previsione dato che il sistema funziona così e nessuno sembra intenzionato a mettervi dei freni.