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IL BELLO DELLA LITURGIA

Arrendiamoci alla raffinata Regina che allatta

Van Eyck realizzò la Madonna di Lucca nel 1436. Chiunque abbia mai osservato una madre che allatta la sua creatura può cogliere la portata della tenerezza che lo sguardo dell’una e dell’Altro, anche in questo caso, trasmettono. Arrendiamoci, dunque: siamo al cospetto di una vera Regina.

Cultura 13_10_2018

Jan van Eyck, Madonna di Lucca, Francoforte - Staedelsches Kunstinstitut.

“Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato” Luca, 11, 27

Jan van Eyck è stato un artista fiammingo di fama internazionale, attivo nella prima metà del Quattrocento. Della sua pittura, che si distinse soprattutto per la raffinatezza nell’utilizzo della tecnica a olio, risultò rivoluzionaria la rappresentazione naturalistica della realtà, basata sulla percezione visiva e sull’indagine della stessa il più possibile scientifica. La perfezione formale, l’attenzione ai particolari anche più piccoli, la ieraticità delle figure che occupano saldamente lo spazio, altrettanto curato nel dettaglio, ne fecero il pittore nord europeo più famoso del suo tempo.

Non smentì le suddette attese anche quando realizzò la Madonna di Lucca, un olio su tavola della maturità, datato al 1436 e così denominato per essere appartenuto alla collezione di Carlo Ludovico di Borbone, duca di Parma e Lucca agli inizi del XIX secolo. Il prezioso dipinto è ora conservato in un museo di Francoforte.

Chiunque abbia mai osservato una madre che allatta la sua creatura può perfettamente cogliere la portata della tenerezza che lo sguardo dell’una e dell’Altro, anche in questo caso, trasmettono. Gesù è, qui, un bel bambino in carne, che afferra il braccio di Maria per non perdere la presa. E Maria è una mamma che con le sue mani sostiene il Figlio, da una parte, e dall’altra agevola, con gesto sicuro, la fuoriuscita del latte dal Suo seno.

L’intimità della scena è accentuata dalle piccole dimensioni dell’ambiente in cui noi spettatori, più o meno fedeli – ma anche questo è un dettaglio! - siamo catapultati attraverso lo svolgersi dell’ampio manto della Vergine. Rosso, come si confà a una donna di alto rango, quale Maria è visto che siede su un trono sui cui lati compaiono delle piccole figure leonine che alludono allo scranno di Salomone. Anche il tappeto, perfettamente scorciato e descritto nei suoi intagli orientali, è indice di ricchezza, così come il baldacchino di broccato verde alle spalle. Arrendiamoci, dunque: siamo al cospetto di una vera Regina.

La parete destra della stanza si apre in una sorta di nicchia dove sono poste una bacinella e un ampolla contenenti acqua, simbolo della purezza di Maria cui rimanda anche la trasparenza della vetrata sulla parete opposta. Sul davanzale, invece, sono poggiate due arance che spesso nei paesi nordici sostituiscono la mela per indicare il frutto proibito del peccato originale.

Il dipinto fiammingo rientra nella tipologia delle cosiddette Madonne del Latte, un’iconografia antichissima le cui prime apparizioni piuttosto stilizzate risalgono all’Egitto ormai cristianizzato del V e VI secolo. Col passare dei secoli crebbe la devozione popolare nei confronti di queste immagini che, via via, si trasformarono a favore di versioni più realistiche. La Vergine, così come Suo Figlio, venne sempre più umanizzata, pur conservando il Suo semplice gesto aura di sacralità. 

E’ il caso della Madonna di Lucca in cui Maria, Madre e Maestà, sta nutrendo l’unico Dio che si è fatto carne.