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FUTURO DA INCUBO

Amore meccanico Ecco Pepper il robot emotivo

Si chiama Pepper, ha sembianze umane ma è un robot ed è stato programmato per volere bene all’uomo. É il primo robot emotivo. Si proprio così: l’amore non è più prerogativa degli uomini e nemmeno più – come qualcuno sostiene - degli animali non umani (cioè le bestie), ma anche delle cose. Perché oggi si può amare a comando, anzi a telecomando. L’amore del Terzo Millennio è a buon mercato: 1.700 euro e ti porti a casa tutta la serenità e l’affetto che desideri.

Vita e bioetica 04_04_2016
Il robot Pepper

É alto un metro e venti e pesa 28 chili. Se gli dici «dammi un abbraccio, lui ti stringe le braccia intorno al corpo, poggia la testa nell’incavo del tuo collo e ti risponde con voce dolce: «É bello abbracciarti». E poi gioca a carte, legge la mano e accoglie gli ospiti. Non stiamo parlando di un bambino sveglio e affettuoso ma di un robot. Si chiama Pepper, ha sembianze umane ed è stato programmato per volere bene all’uomo. É il primo robot emotivo. Si proprio così: l’amore non è più prerogativa degli uomini e nemmeno più – come qualcuno sostiene - degli animali non umani (cioè le bestie), ma anche delle cose. Perché oggi si può amare a comando, anzi a telecomando.

Pepper, presentato qualche giorno fa alla fiera-tech Cebit di Hannover, grazie alle sue 17 articolazioni e un potente computer nella testa gioca con i bambini, scatta fotografie e ricorda volti e abitudini del padrone per assecondarlo e farlo “felice”. E la felicità del Terzo Millennio è a buon mercato: 1.700 euro e ti porti a casa tutta la serenità e l’affetto che desideri. Per ora l’umanoide, nato e sviluppato in Francia, può essere acquistato solo in Giappone. Ma i melanconici e i depressi europei non si intristiscano ancor di più: a breve Pepper sarà disponibile anche da noi.

Questo bimbo sintetico è uno dei prodotti eccellenti delle tesi filosofiche che vertono sul post-umano, espressione che sta ad indicare da una parte il fenomeno che vede l’uomo sempre più robotizzato: arti artificiali, esoscheletri, impianti di microprocessori neuronali, etc. (smartphone e affini non possono essere intesi come estensioni del nostro corpo, protesi umane? Chiamasi fyborg). Si tratta del potenziamento umano. E dall’altra indica quello sviluppo tecnologico che conduce all’umanizzazione e all’antropomorfismo delle macchine: il potenziamento tecnologico. 

Queste ultime sono realtà meccaniche, biomeccaniche o solo virtuali che superano l’uomo per capacità e abilità, che lo scavalcano e che in futuro potrebbero soppiantarlo. Tutto questo in una chiave squisitamente darwiniana: il robot è frutto terminale e apicale dell’evoluzione dell’uomo, seppur evoluzione non naturale, ma artificiale. Il superuomo nietzschiano fatto di lamiera, fibra di carbonio e bulloni ha come padre l’uomo e come nonna la scimmia. La macchina che assomiglia all’uomo come l’uomo alla scimmia, direbbe qualcuno. E infatti nel cartone animato Animatrix, che racconta i fatti antecedenti a quelli narrati dal film Matrix, si spiega che l’uomo ha fatto la macchina a sua immagine e somiglianza: come Dio con l’uomo. Un’altra fase della rivoluzione antropologica che stiamo vivendo, dopo quella dell’animalismo, della fecondazione artificiale e dell’omosessualismo.

Pepper abbraccia non solo le persone, ma anche un futuro che segna la scomparsa dell’umanità, non intesa come eliminazione della specie umana, ma come soppressione del significato di persona umana e dei valori autenticamente umani. Insegna Aristotele che la persona umana è sinolo, cioè unione strettissima, di materia e anima. Uccisa la metafisica, uccisa l’anima, noi siamo solo il nostro corpo. Una tesi elaborata dall’empirismo, dal positivismo scientista e ai giorni nostri dalla bioetica laica. La persona dunque coincide con la materia. Ma se persona è solo materia, persona può essere sia qualsiasi materia biologica (animali e piante) sia la materia inanimata. Perché, infatti, assegnare maggiore dignità alla materia biologica rispetto a quella inerte? Perché – così si risponde - la prima è viva mentre la seconda no. 

Ma Pepper e soprattutto i nipotini di Pepper che in futuro vedremo tra noi in casa, al supermercato, per strada, in ufficio, potrebbero mettere in crisi questa distinzione. Guardate Pepper: non fa tutte le cose che noi facciamo? Non pare anche lui vivo? Se vita è movimento, calore, funzioni, forse che queste caratteristiche non appartengono anche al simpatico umanoide? Non è anche Pepper un organismo, cioè un tutto ordinato? Le macchine paiono proprio persone. Di aspetto assomiglieranno sempre più a noi. Pensate a questo proposito ai manichini di cera presenti in quei musei in cui ti puoi far fotografare accanto a personaggi famosi di ieri e di oggi, manichini assolutamente somiglianti agli originali. 

La tecnica permetterà di costruire manichini parlanti e moventi identici a tutti noi rivestendoli con una guina di silicone simil pelle e in futuro, grazie alla ricerca sulle staminali, di pelle vera. E in una società così fortemente avvinta dalla parvenza delle cose, dall’estetica, dall’immagine, dalle sembianze (l’embrione per molti non è persona perché non assomiglia a un bambino), vedere un umanoide fotocopia di uomo rappresenterà una carta vincente per attribuire ai Pepper di domani l’attributo di persona.

Ma oltre all’aspetto le macchine ci assomigliano perché – sempre in una prospettiva meramente empirica – stanno acquisendo i nostri stessi cinque sensi. Ci possono vedere con le videocamere (ponete mente ai riconoscimenti facciali per pc), sono in grado di ascoltare con i microfoni e capire quello che noi gli stiamo dicendo (pensate ai comandi vocali), hanno sviluppato il tatto (vedi tutta la tecnologia touching), esistono poi strumenti chiamati nasi e palati elettronici (i primi sono usati  ad esempio per intercettare particelle di sostanze stupefacenti agli ingressi in dogana all’aeroporto; in merito ai secondi l’Università di Aarhus, in Danimarca, ha messo a punto una macchina che è capace di “gustare” i vini). 

Aspetto, sensi, ma manca la razionalità perché un robot possa venire considerato uno di noi. Ostacolo facilmente superabile per chi pensa che noi siamo solo materia. Androidi e cyberumani potranno ricevere la patente di “persona” in futuro perché saranno in grado di svolgere funzioni apparentemente intellettive meglio di noi: calcoli, azioni precisissime (pensate alla robotica nelle sale operatorie), simulazioni, etc. E qui sta il superamento della condizione umana. Le macchine, infatti, sbagliano molto meno di noi, non possono fare del male perché non hanno coscienza morale (i robot come frontiera ultima e perfetta del pacifismo), sono pressoché eterni (le cose non muoiono mai e si possono sempre aggiustare, cambiandone i pezzi).

Certo, qualcuno potrebbe ribattere che non sono persone perché a loro mancano i sentimenti: un cuore di latta è freddo come una scatoletta di Simmenthal. Però Pepper potrebbe mettere in crisi anche questa obiezione. Affetto non è ricevere un abbraccio, sentirsi ascoltati, ricevere aiuto in modo disinteressato? I robot in futuro faranno tutto questo. Ma se possono avere dei sentimenti allora vorrà dire che potremo sposarceli. Il Mariage pour tous dovrà essere esteso anche a loro. Matrimoni poi migliori di quelli solo umani perché, se ben programmato, l’androide non tradirà mai, ti darà sempre ragione e avrà sempre il sorriso sulle labbra. Il marito perfetto. Inoltre il robot non è la plastica manifestazione della teoria del gender? Persona meccanica asessuata (guarda caso la voce di Pepper non è né femminile né maschile).

Vero, i robot non sono liberi, ma – ci assicura una folta schiera di neuroscienziati – nemmeno noi lo siamo. Secondo costoro le scelte vengono prodotte dal cervello, ma il cervello è fatto di materia e le leggi che governano la materia a loro volta sono governate dal determinismo, dalla necessità (un fiore non può decidere di non sbocciare). E laddove c’è la necessità, non c’è libertà: la materia non può compiere scelte libere. In questo senso gli umanoidi sono come noi perché incapaci di essere liberi, anzi sono una nostra versione più raffinata, più pura perché incapaci di fare del male. La robotica trascende l’umano e lo perfeziona.

Infine, le macchine “pensanti” potranno essere qualificate come persone anche perché sempre di più avremo a che fare con bio-macchine, cioè cyborg o androidi. Parti meccaniche che interagiranno con materiale biologico: tessuti epidermici, innesti di neuroni e sinapsi in cervelli elettronici fatti solo di silicio e via dicendo. Senza poi contare che già oggi possiamo coltivare tessuti umani in laboratorio da applicare alle macchine. E dunque se noi siamo persone anche con un cuore artificiale perché viceversa un robot non può diventare persona con un cuore umano?

«Non serviam», urlò Satana all’indirizzo di Dio. E curiosamente la parola “robot” deriva dall’antico slavo “robota” che significa servo. Le macchine servono gli uomini perché gli uomini valgono più delle macchine. Ma che conseguenze ci saranno se, come abbiamo accennato, le macchine verranno considerate migliori dell’uomo (rimandiamo nuovamente al film Matrix)? Questo accade già ora dato che abbiamo reificato l’uomo e quindi parificato alle cose, producendolo in provetta (l’embrione non è un bimbo sintetico, artificiale come Pepper?), modificandolo geneticamente così come si modifica un software, asservendolo come una incubatrice di carne con l’utero in affitto, scartandolo come prodotto difettoso con l’aborto, spegnendolo come se fosse una macchina con l’eutanasia. 

E poi, dal punto di vista sociologico, non siamo già ora al servizio delle macchine? Pensate alle dipendenze più o meno accentuate verso pc, smartphone, tablet e cellulari. Ecco un altro rovesciamento dell’ordine voluto da Dio che ha posto l’uomo al vertice del creato e sotto di lui gli animali, le piante ed infine le cose. L’ambientalismo da tempo ci sta dicendo che una balena vale quanto un uomo e che gli animali sono persone e gli uomini solo una particolare specie animale. Domani le cose diventeranno persone e queste ultime solo delle cose. 

Tutto perché abbiamo dimenticato che persona, come diceva Boezio, è sostanza individuale di natura razionale, cioè – riferito all’uomo - corpo informato da un’anima razionale. È l’anima che ci fa persone e che ci distingue dagli animali e dalle cose. Ma l’anima è oggi diventata favoletta per i romantici e gli spiritualisti. E allora come spiegare agli altri che mai un robot sarà una persona? Facile. Fategli abbracciare da Pepper e chiedete loro di guardarlo dritto negli occhi. In fondo a quei vitrei bulbi oculari scorgeranno solo il buio di una cosa senza anima.