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"BAROMETRO DELL'ODIO"

Amnesty International fa campagna elettorale

Amnesty International, la più celebre Ong per la difesa dei diritti umani, ha monitorato i discorsi di odio nella campagna elettorale italiana più violenta degli ultimi anni, con il "Barometro dell'odio". I risultati sono sorprendenti: solo la destra è colpevole. Perché? 

Politica 01_03_2018
Manifestazione leghista

“Purtroppo il clima di odio che circola nel paese alla vigilia della campagna elettorale non prelude a nulla di buono. C’è chi l’odio, anziché contrastarlo, lo semina, favorendolo e persino giustificandolo. Speriamo che questa campagna renda ognuno e ognuna più consapevole delle parole che usa e dell’effetto che possono suscitare”, lo dichiara Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia, presentando il Barometro dell’odio, il nuovo strumento di monitoraggio della violenza nel discorso politico in questa campagna elettorale.

Di violenza se ne vede tanta. Sia fisica che verbale. L’abbiamo vista tutti, nelle piazze dominate dagli “antifascisti” che picchiano carabinieri e poliziotti, tendono agguati ai loro avversari politici, mettono a soqquadro intere città. L’abbiamo visto ieri, nel video di una maestra elementare di Torino, che insulta e minaccia i poliziotti. “Dovete morire!” urla loro in faccia e, intervistata, ribadisce il concetto: sì, devono morire, perché “proteggono il fascismo” e in futuro "io mi potrei trovare, fucile in mano, a lottare contro questi individui". Tanta violenza, appunto, fisica, morale e psicologica.

Ma nel rapporto di Amnesty non troverete nulla di tutto questo. Perché Amnesty, nelle manifestazioni di piazza, monitora con i suoi volontari solo il comportamento della polizia, non quello dei manifestanti. E questo è già comprensibile perché è lo Stato che deve garantire la libertà di manifestare ed è responsabile, in ultima istanza, dell'ordine in una manifestazione. Ma non è neppure quello al centro del Barometro dell’odio, che riguarda solo la violenza (verbale) nel discorso politico. L’istigazione all’odio, dunque. Guardando ai dati, ancora provvisori (un report completo sarà pubblicato nel prossimo futuro), vediamo che la regione più esposta ai discorsi d’odio è la Lombardia. E che i partiti colpevoli di fare discorsi incendiari sono solo quattro: Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia, dunque tutti e quattro i membri del centrodestra. Al massimo, compare sporadicamente e in percentuali piccolissime anche il Movimento 5 Stelle. Nei discorsi dei singoli politici, sono “attenzionati” anche esponenti di Casapound e Forza Nuova. Ma comunque non compare nessuno di quelli che invitano a pestare poliziotti e fascisti. Nessuno. Ma come? L'odio alberga solo nella destra? Proprio in quella parte politica guidata da Berlusconi, diventato celebre anche grazie al suo slogan "L'amore trionferà sull'odio e sull'invidia"?

I risultati sono alquanto bizzarri, se paragonati alle notizie che riceviamo tutti i giorni sulle violenze di piazza. E il mistero si svela facilmente. Amnesty monitora la violenza nel discorso politico solo su quattro temi: razzismo e xenofobia, discriminazione religiosa e discriminazione di genere. Ma, attenzione: anche qui per “razzismo e xenofobia” si intende solo quello rivolto a due sotto-categorie di vittime: migranti/rifugiati e rom. Dunque scordiamoci di trovare un rapporto sull’antisemitismo scatenato anche nelle università contro Israele e gli ebrei, specialmente dai gruppi di BDS (boicottaggio e disinvestimento) e radicali islamici. Idem dicasi per la voce “discriminazione religiosa” che ha una sola voce: “islamofobia”. Dunque scordiamoci di trovare qualcosa su odio e pregiudizio contro i cristiani, che pure, da un secolo e mezzo a questa parte, è il più diffuso in assoluto in Italia, negli ambienti anti-clericali e non solo. Quanto alla discriminazione di genere, come è facilmente intuibile, riguarda solo donne e gay. Però, chi denuncia la violenza di genere nelle minoranze musulmane viene inserito nel Barometro dell'odio alla voce "islamofobia". Di fatto si tratta di uno strumento analitico ritagliato, con la precisione di un bisturi, per portare sul banco degli imputati una sola parte politica. (E possiamo indovinare facilmente quale sia).

Vediamo alcuni esempi delle frasi incriminate da Amnesty International, con tanto di data e firma dei loro autori. "Anziani costretti a rovistare negli scarti del mercato, Clandestini protestano perché non ‘gradiscono’ il cibo...!" Matteo Salvini (Lega), 17 febbraio. "Qualunque persona responsabile si rende conto che 600 mila persone che vivono ai margini della società, di elemosina o di piccola criminalità, sono una bomba sociale pronta a esplodere, un dramma che colpisce soprattutto gli italiani più deboli." Silvio Berlusconi (Forza Italia), 19 febbraio. “Chi ancora dice che non c’è legame tra sicurezza e immigrazione dice il falso” Mauro Antonini (CasaPound Italia), 22 febbraio. E’ francamente molto difficile trovare una qualche forma di “istigazione” in queste frasi. Dove è l’odio? In base a quale metro i ricercatori Amnesty stanno misurandolo? Quali sono i loro parametri e criteri di giudizio?

Per spiegare il concetto di “islamofobia”, Viola Giangiordano, della Task Force Hate Speech, quasi sterza nel surreale: fra i miti da sfatare sull’islam cita il velo per la donna, i matrimoni precoci, i matrimoni imposti, in genere la sottomissione della donna. Sarebbero, a suo dire, miti generati dalla “paura del diverso”. Perché l’islamofobia è “una forma di razzismo”. In pratica, tutti coloro che denunciano l’imposizione del velo, i matrimoni combinati con minorenni e la sottomissione della donna che, in molti paesi islamici sono legge di Stato (in Iran, tanto per fare un esempio), si macchierebbero di razzismo e islamofobia. Hiina, la ragazza pakistana assassinata dai genitori a Brescia perché rifiutava un matrimonio combinato, è vittima di… cosa, se è lecito chiedere? E le adolescenti picchiate dai genitori lo scorso aprile perché non indossavano il velo, una a Bassano del Grappa (Veneto) l’altra a Sant’Anastasia (Campania), di quale pregiudizio sarebbero vittime? Dell’islamofobia? Dei “miti da sfatare” sul velo e la sottomissione della donna?

Quanto ai pregiudizi di genere, Amalia Macrì, responsabile del coordinamento Lgbti di Amnesty International Italia, di fatto enuncia un programma massimalista: “Dobbiamo andare oltre alle unioni civili” e “arrivare al matrimonio omosessuale egualitario”. Poi propone di introdurre il reato d’opinione sull’omofobia: “E’ l’estensione della legge Reale-Mancino, estendere i reati d’odio anche a quelli commessi in base all’orientamento sessuale e all’identità di genere”. Chi non è d’accordo con questo programma è ovviamente omofobo e fa alzare l’indice del Barometro dell’odio. Uno strumento utilissimo: per far campagna elettorale contro una sola parte politica.