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Algeria, il golpe (legale) dei militari detronizza Bouteflika

La sfiducia ufficiale dell'esercito nei confronti di Bouteflika apre una nuova fase della crisi algerina. Invocando l'attivazione della procedura costituzionale d'impeachment prevista dall'articolo 192, il generale Salah ha destituito il presidente. Si apre un periodo di transizione che probabilmente si concluderà con l'elezione di un nuovo presidente. I militari vogliono gestire il processo di transizione, ma la protesta di piazza contro la vecchia oligarchia nazionalista e militare difficilmente accetterà questa soluzione di compromesso. I Fratelli Musulmani possono infilarsi nel gioco, specie se vengono cooptati dai militari per sedare la protesta.

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Esteri 27_03_2019
Algeria, continua la protesta di piazza

La sfiducia ufficiale dell'esercito nei confronti di Bouteflika apre una nuova fase della crisi algerina. L'irriducibile determinazione della popolazione nell'esigere il cambiamento, ha pragmaticamente convinto i militari, architrave del sistema autoritario algerino, dell'opportunità di abbandonare l'ottantaduenne e malandato Presidente.

Invocando l'attivazione della procedura costituzionale d'impeachment prevista dall'articolo 192, il Capo di Stato Maggiore e Vice Ministro della Difesa, Ahmed Gaïd Salah, sembra voler rassicurare sul fatto che i militari non intendono procedere a nuovi colpi di stato, ma garantire "la soddisfazione delle legittime rivendicazioni del popolo algerino" nel pieno "rispetto della Costituzione". L'articolo 192 prevede che se i due rami del Parlamento (Camera e Senato), su proposta del Consiglio Costituzionale, dichiarano lo stato di impeachment del Presidente con maggioranza di due terzi per incapacità di esercitare l'incarico, le sue funzioni possono essere assunte dal Presidente del Senato, Abdelkader Bensalah, per 45 giorni. Se alla scadenza di questo periodo l'impeachment è ancora in vigore, la vacanza della presidenza potrà essere considerata ufficiale ed entro 90 giorni nuove elezioni dovranno essere obbligatoriamente organizzate. 

Il Consiglio Costituzionale ha immediatamente tradotto la sollecitazione di Salah in atti concreti e ora la parola spetta al Parlamento, dove le forze politiche dovranno trovare un accordo che riguardi molto probabilmente anche le modalità di svolgimento delle elezioni. Di tale accordo l'Esercito vuole chiaramente essere il grande mediatore, in modo che la transizione al post-Bouteflika non intacchi le sue prerogative. Insomma, il potere resterebbe nelle mani dei civili, ma le decisioni di ultima istanza continuerebbero a essere prese dai militari a garanzia della sopravvivenza del sistema da loro stessi presieduto. 

Un disegno scontato quello proposto dal Capo di Stato Maggiore, di gattopardesca memoria, volto a cambiare il volto di un regime che nella sostanza rimane sempre lo stesso. Una presa in giro per il popolo algerino, che di democrazia e diritti civili vuole sentir parlare, non di un Bouteflika con un altro nome. La voglia di cambiamento che anima gli algerini, soprattutto la nuova generazione, molto difficilmente si accontenterà di una mera operazione di chirurgia estetica da parte di coloro che detengono le chiavi del potere. Si attendono pertanto nuovi venerdì di protesta, che vedranno la popolazione in un faccia a faccia con i militari, ormai privi della copertura di Bouteflika. Se lo scontro politico è destinato ad acuirsi, è quanto mai necessario un intervento di mediazione dell'Unione Europea che prevenga uno scivolamento della crisi nella repressione. L'epoca dei massacri del 96-98, durante la guerra civile, non è così lontana e un suo ripetersi non è da escludere in un contesto altamente polarizzato e in cui gli algerini non temono di sfidare il regime a viso aperto.

Ad essere finita non è solo l'epoca di Bouteflika, ma anche quella di Salah, 79 anni, e dei militari. La nuova generazione intende aprirsi alla comunità internazionale e rifiuterà la riedizione del vecchio sistema autoritario sotto nuove sembianze. Così come rifiuterà il fondamentalismo dei Fratelli Musulmani, sostenuti da Qatar e Turchia e di cui l'Esercito potrebbe favorire l'ascesa alle elezioni presidenziali, nell'ottica di una condivisione del potere funzionale a schiacciare l'opposizione degli algerini. Un nuovo venerdì di protesta si avvicina e noi continueremo a sostenere il no degli algerini nei confronti di Bouteflika, dei militari e dei Fratelli Musulmani.