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GUERRA INFINITA

Afghanistan l'esercito va via I mercenari arrivano

Invece che mandare rinforzi nella lunga guerra in Afghanistan, l'amministrazione Trump sta pensando di assegnare la missione a un esercito privato. Ad aggiudicarsi l'appalto, dato per probabile, sarà Erik Prince, già fondatore di Blackwater e fratellastro di Betsy DeVos, ministro dell'Istruzione. La situazione sul campo è drammatica. Un esercito privato costerà certamente meno, ma non farà la differenza.

Esteri 11_08_2017
Erik Prince

Dopo 15 anni di fallimenti nel tentativo di stabilizzare l’Afghanistan Donald Trump sembra voler puntare su un esercito privato di contractors invece che sull’invio di 3.900 rinforzi militari in aggi unta agli 8.400 già presenti a Kabul.

I “mercenari” costano meno, se muoiono non “fanno rumore” quindi sono politicamente spendibili anche se in passato sono stati accusati di avere il “grilletto facile”. Specie quelli della Blackwater, società fondata Erik Prince, l’ex SEAL (corpi speciali della Marina) al centro di tante inchieste e polemiche che ha presentato alla Casa Bianca il nuovo progetto per gestire la crisi afghana con un esercito di 5mila uomini della sua nuova società Academi.

Veterani ex membri dei più importanti reparti speciali e corpi d’èlite statunitensi, britannici, francesi, sudafricani, australiani e di altri paesi europei. Soldati privati retribuiti 500/600 dollari al giorno guadagnati restando assegnati ai battaglioni afghani in prima linea per turni di tre mesi seguiti da due mesi di pausa. Una forza dotata di supporti logistici e un centinaio di velivoli tra elicotteri e aerei da attacco, inquadrati all’interno delle forze armate afghane per arginare la crescente minaccia dei talebani ma “garantiti” dagli stessi accordi che oggi mettono i soldati USA al riparo dal rischio di venire imputati dalla giustizia afghana per ogni tipo di reato commesso.

In un documento a cui il Financial Times ha avuto accesso Prince propone che la sua azienda fornisca in due anni 5.000 uomini e 100 aerei per il costo di 10 miliardi di dollari l'anno. "Stiamo spendendo troppo e le ribellioni stanno aumentando", ha detto Prince. “Di questo passo, gli Usa spenderanno in Afghanistan 45 miliardi nel 2017 e 50 miliardi nel 2018”.

La situazione in Afghanistan sta peggiorando progressivamente dopo il ritiro delle forze combattimento alleate sostituite da 13 mila consiglieri e istruttori dell’operazione Resolute Support (tra i quali 950 militari italiani) che si limitano (per lo più) ad addestrare e affiancare, ma senza compiti di combattimento, le forze di Kabul che in meno di tre anni hanno perso il controllo di metà del territorio nazionale. Le prospettive militari sono pessime: le forze afghane subiscono perdite di 4/500 militari e poliziotti al mese, le diserzioni sono in aumento così come non sono mai cessate le infiltrazioni di talebani nei ranghi di esercito e polizia. Uno scenario che impone agli USA di agire per non far precipitare gli eventi ma Trump, che in campagna elettorale non si era molto curato dell’Afghanistan, sembra tergiversare nel voler dare il via a un nuovo rafforzamento dell’impegno militare nella guerra infinita afghana.

La scorsa settimana il direttore della Cia, Mike Pompeo, ha visitato l'Afghanistan per capire in che modo agire nel Paese e, scrive FT, per valutare il piano di Prince che godrebbe di ampi appoggi nell’intelligence organismo già avvezzo a impiegare contractors. Nonostante le critiche del Pentagono e la riluttanza del segretario alla Difesa, il generale James Mattis, a vedere rimpiazzati i militari con i contractors, Prince ha buone chanches di portare in porto il suo progetto. E’ il fratellastro di Betsy DeVos, segretario all'Educazione dell’Amministrazione Trump, pare abbia il sostegno di Steven Bannon (consigliere di Trump), di Jared Kushner (genero e consigliere del presidente) ed è stato finanziatore della campagna elettorale di Trump con 235mila dollari.

Partner di Prince (che vive negli Emirati Arabi Uniti dove ha organizzato un esercito di contractor che gestisce operazioni militari per conto di Abu Dhabi in Libia e Yemen) nell’operazione afghana è inoltre Stephen Feinberg, amministratore delegato della Cerberus Capital Management che controlla anche la società di contractor DynCorp, presente a Kabul con un contratto per proteggere il personale diplomatico. Anche Feinberg ha sostenuto la campagna di Trump con un milione di dollari e la DynCorp potrebbe assicurarsi un ricco contratto per proteggere le attività estrattive minerarie a cui le compagnie americane gli USA sembrano interessate nella provincia di Helmand, dominata però dai talebani e dai produttori di oppio.

Il via libera all’impiego dell’esercito di contractor in Afghanistan rilancerebbe un settore che in termini di fatturato ha raggiunto l’apice durante l’Amministrazione Bush per poi subire un drastico ridimensionamento a causa del ritiro del grosso delle forze da Iraq e Afghanistan e dei tagli al Pentagono imposti da Barack Obama. “Il possibile ritorno in massa di contractors ha sollevato molte reazioni: alcune a favore, molte contrarie. La prima perplessità abbastanza ovvia è relativa al ricordo di tanti grattacapi fiscali, operativi e diplomatici che essi hanno provocato in Iraq e Afghanistan. L’altra riguarda il come e perché una forza privata dovrebbe riuscire dove Stati Uniti e NATO hanno fallito nonostante l’immenso potere e sforzo militare, economico e diplomatico profuso in tanti anni di presenza in Afghanistan”, sostiene Pietro Orizio, uno dei massimi esperti del mondo dei contractor che ha pubblicato su AnalisiDifesa.it un ampio studio sulla proposta di missione afghana.

Il via libera al progetto di Prince costituirebbe però un duro colpo per gli Stati e gli apparati militari poiché dimostrerebbe la crescente incapacità politica di gestire conflitti e inviare i militari a combattere guerre anche prolungate. A fronte di costi elevati le forze armate si rivelano quindi strumenti non spendibili (o non sempre) per perseguire gli interessi nazionali poiché il costo del loro impiego in termini finanziari e di consenso popolare risulta inaffrontabile per i leader politici dell’Occidente di oggi. Un trend, non a caso osteggiato dai vertici militari, che potrebbe in futuro favorire la privatizzazione di molti apparati delle forze armate e di sicurezza.

Ciò detto, dopo 15 anni di guerra, 3.538 caduti alleati dei quali 2.402 americani, l’Afghanistan resta nel caos ed è difficile credere che un esercito privato schierato nella patria dei “signori della guerra” possa realisticamente fare la differenza.