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POLITICAMENTE SCORRETTO

"22 Minuti" di applausi, per un film d'azione russo

Finita l'era sovietica i russi hanno iniziato a produrre film anche molto politicamente scorretti sulla loro storia, che non vengono tradotti in italiano. E' invece arrivato sui nostri schermi il film d'azione 22 minuti, che tratta un caso di pirateria somala nel Corno d'Africa con una narrazione che non teme di offendere l'islam.

Cultura 21_07_2018
22 Minuti, locandina

I russi hanno imparato la lezione hollywoodiana e hanno smesso di fare quei barbosissimi film d’epoca sovietica. Ma, a differenza di Hollywood, non sono impacciati dal politicamente corretto. Per esempio, nel 2008 la cinematografia russa ha prodotto il bellissimo L’ammiraglio, un kolossal imperniato sulla figura di Aleksandr Kolchak, capo dell’armata «bianca» rimasta fedele allo zar e in guerra, sfortunata, contro quella «rossa» di Trockij. Se i russi dell’era Putin hanno smesso di essere “di sinistra”, però, gli italiani continuano ad esserlo anche nell’era Salvini, e il film sull’ammiraglio Kolchak da noi non è mai stato tradotto e distribuito. Stessa sorte, del resto, ha avuto, sempre da noi, un grandioso film polacco sul «miracolo della Vistola», avvenuto quando, nel 1920, l’esercito polacco fermò l’avanzata dell’Armata Rossa alle porte di Varsavia e salvò l’Europa (Trockij, capo dell’Armata Rossa, era teorico della «rivoluzione permanente» e da esportazione). Un affresco sul tema lo si trova in una delle cappelle della basilica di Loreto.

Misteriosamente, è stato tradotto e distribuito in Italia un film russo d’azione. Forse perché considerato “minore”, un B-movie insomma. E forse il censore politicamente corretto era stato distratto proprio da questa valutazione minimale, chissà. Si tratta di 22 minuti, titolo che in italiano chissà perché è diventato inglese: 22 minutes. Personalmente, lo avevo già visto in internet l’anno scorso (il film è, infatti, del 2014) e mi sono meravigliato al rivederlo proposto in prima serata da Italia1 il 19 luglio scorso. Il film è diretto dal regista russo Vasily Serikov e non ha niente da invidiare ai migliori action-movie americani. E’ tratto da una storia vera, la storia della gigantesca nave-cisterna russa Yamal sequestrata nelle acque del Corno d’Africa da una banda di pirati somali armati fino ai denti. L’equipaggio della nave, che trasporta metano, si è barricato nel locale motori, mentre i pirati dilagano sulla nave e piazzano perfino un paio di mitragliatrici antiaeree. Una nave da guerra russa, inviata sul posto, tenta un abbordaggio notturno, ma i canotti con a bordo i marines vengono falciati dal fuoco dei pirati. Un marine cade in mare (e viene catturato l’indomani mattina dai somali). I marines non possono rispondere al fuoco perché rischiano di colpire i serbatoi di metano e far esplodere l’intera nave. I pirati vogliono venti milioni di dollari altrimenti uccideranno gli ostaggi.

Ora, inutile dilungarsi sulla trama, perché in un film d’azione la trama è relativamente secondaria. Ci concentreremo, invece, su alcuni particolari che giustificano il nostro interesse su questa testata. Innanzitutto, i pirati sono musulmani credenti e osservanti, tant’è che agiscono dichiaratamente in nome di Allah. Un paio di loro, tuttavia, sono meno devoti e si sono uniti all’impresa solo per lucro: un nero che è adibito al rancio e un ragazzo che ama la musica rap. I due sono molto amici e si dedicano ai loro hobby di nascosto, perché la musica è haram, proibita dalla sharìa, così come l’alcool, che piace molto al cuoco. Durante la preghiera collettiva, però, quest’ultimo, che ha trovato la riserva di vodka della nave, si fa vedere ubriaco. Allora per punizione viene calato in mare legato con una corda, ma se lo mangiano gli squali. Il ragazzo, sconvolto, decide di unirsi al marine catturato per far da quinta colonna al raid che i navy seals russi lanciano all’alba e che dura 22 minuti (da qui il titolo).

I militari russi si sono esercitati duramente a bordo della loro nave per simulare un’azione che non superi, appunto, i ventidue minuti, tempo oltre il quale i pirati avranno la possibilità di vanificare l’operazione. Infatti, questi ultimi hanno minato le cisterne di metano e non esiteranno a immolarsi per Allah. In base a complicazioni internazionali, se pur sconfitti, vengono lasciati andare. Ma, ecco l’happy end politicamente scorretto: il marine russo protagonista della storia mette una bomba a mano (che esplode) sulla barca con cui si allontanano. E torna in patria come un eroe, dalla sua bella che stava per sposare un altro. Noi italiani? Continuiamo a fare commedie o drammi su gay e migranti.